Una delle tesi più distorte sulla guerra in Palestina è che Hamas abbia realizzato questo massacro affinché Netanyahu continui a occupare i territori palestinesi giacché Hamas avrebbe bisogno di una guerra […]

(di Alessandro Orsini – ilfattoquotidiano.it) – Una delle tesi più distorte sulla guerra in Palestina è che Hamas abbia realizzato questo massacro affinché Netanyahu continui a occupare i territori palestinesi giacché Hamas avrebbe bisogno di una guerra permanente con Israele per esistere. Prima spiegherò l’assurdità di questa tesi e poi chiarirò le sue radici culturali usando la teoria postcoloniale.

Hamas vorrebbe che Israele lasciasse la Cisgiordania per diverse ragioni. In primo luogo, Hamas ambisce a controllare quelle terre scalzando l’Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen. Se Hamas e l’Anp si confrontassero in libere elezioni, la prima, molto probabilmente, vincerebbe. In secondo luogo, Hamas sente che questo è il momento giusto per sfidare i palestinesi moderati perché la moderazione li ha fatti sprofondare, come dimostrano il trasferimento dell’ambasciata americana a Gerusalemme deciso da Trump, gli accordi di Abramo e la costruzione di nuovi insediamenti ebraici. Se Netanyahu avesse voluto rafforzare i palestinesi moderati, avrebbe dovuto lasciare nelle loro mani le terre che occupa in Cisgiordania. Al contrario, Netanyahu non ha fatto altro che espandersi illegalmente. Nessuno può capire niente dell’attuale conflitto se non ha chiaro il fine ultimo di Netanyahu: prendere tutta la terra possibile dei palestinesi.

In secondo luogo, Hamas è un’organizzazione. Come tale, ha una tendenza a espandersi giacché la differenziazione delle parti rende più efficace la lotta per la sopravvivenza dei gruppi umani in un ambiente ostile. La sociologia dimostra che – tolte le eccezioni causate da fattori strutturali sfavorevoli – le organizzazioni colgono le occasioni propizie per crescere. Le università, le squadre di calcio, le chiese, i ristoranti, le associazioni di volontariato, i gruppi terroristici, cercano sempre di aumentare membri, clienti e spazi vitali. Se le condizioni per la crescita non sono favorevoli, le organizzazioni lavorano per modificarle a loro vantaggio. Davvero qualcuno pensa che Hamas rifiuterebbe di controllare la Cisgiordania se potesse? Questa tesi, forse vera un tempo, è ideologica nel 2023, per quanto sia sostenuta da Thomas Friedman sul New York Times. In terzo luogo, la Cisgiordania fa gola all’Iran, sponsor di Hamas. In quarto luogo, il controllo della Cisgiordania aprirebbe ad Hamas nuovi confini da cui far arrivare armi e militanti. La Palestina diventerebbe più porosa. Tolti i “pori”, le organizzazioni terroristiche si infiacchiscono perché i loro traffici illegali soffocano. In quinto luogo, Hamas ha bisogno della Cisgiordania perché è il trampolino di lancio per Gerusalemme est. Infine, Hamas non pensa alla liberazione della Cisgiordania come la fine del conflitto con Israele, bensì come il passaggio successivo al conflitto per Gerusalemme est che dovrebbe essere la capitale dello Stato palestinese.

E allora perché una tesi così assurda? La teoria postcoloniale di Edward Said, Homi Bhabha e Gayatri Chakravorty Spivak, insegna che le potenze coloniali, tale è Israele, hanno sempre bisogno di una classe intellettuale che giustifichi moralmente lo sfruttamento brutale delle terre altrui. La tesi secondo cui Hamas vuole che Israele continui a occupare la Cisgiordania è una menzogna postcoloniale che consente a Israele di dire: “Vorremmo tanto andare via da queste terre, ma Hamas ci obbliga a restare!”. Tutto sommato non è una narrazione più assurda di quella secondo cui le potenze europee massacravano gli africani per portare loro una “civiltà superiore”.