Quando ho visto per la prima volta Elena Basile a Otto e mezzo, ho pensato subito che aveva tutte le caratteristiche per diventare il nuovo bersaglio dei nemici del pensiero articolato. Ha una serie di caratteristiche […]

(DI SELVAGGIA LUCARELLI – ilfattoquotidiano.it) – Quando ho visto per la prima volta Elena Basile a Otto e mezzo, ho pensato subito che aveva tutte le caratteristiche per diventare il nuovo bersaglio dei nemici del pensiero articolato. Ha una serie di caratteristiche invise ai fan della cosmologia dualistica Male vs Bene, Yin e Yang, Complessità vs Gramellini. È preparata, non è nel giro degli editorialisti storici (quindi non segue la regola “cane non morde cane”). Rifugge dalle semplificazioni. Ha qualche atteggiamento naïf. È una donna. Così gli amici dei pensierini facili per cui è sempre inutile comprendere le radici di un conflitto, ma è utilissimo decidere in quale curva dello stadio piazzarsi, non vedono l’ora di trovare un pretesto per deridere Basile. Quando non ci riescono perché purtroppo l’avversario è capace di analisi articolate e intelligenti, passano al piano b: la manipolazione. Semplificano il suo pensiero, o rifiutano di capirlo. Se Basile dice che con più ostaggi americani in mano ad Hamas gli Usa potrebbero avere un ruolo di mediazione, immediatamente diventa “l’algida signora” intrisa di cinismo contro “gli odiati anglosassoni” (Gramellini). Capire che in guerra le vite umane sono tutte uguali, i passaporti no, non era difficile. E siccome Basile è fuori dal giro degli editorialisti di peso e inesperta di tv, e non ha sudditanze psicologiche nei confronti di alcuno, quelli ridacchiano quando parla, si danno di gomito o stravolgono il suo pensiero aspettando una reazione scomposta, così poi passa pure per la matta del villaggio. Si aggrappano ai suoi spassosi “Io sono l’unica voce del dissenso!” e alla sua goffaggine nel comprendere i tempi televisivi per delegittimarla, incapaci come sono di smontare i suoi ragionamenti. L’hanno derisa o fraintesa Mentana (“La situazione è tragica ma non seria!”), Gramellini (“macchietta”), Cazzullo (“Si vergogni!”), tutti i maschi a presidio dell’informazione corretta sul conflitto israelo-palestinese che non può prevedere alcun ragionamento più complesso di “Israele ha ragione”. Cappellini addirittura scrive che Basile sarebbe considerata (da chi? Da suo zio?) “un altro caso Vannacci: un funzionario di rango medio-basso che ha deciso di sfogare altrimenti il malumore per gli esiti di una carriera non in linea con il talento autopercepito”. Insomma, pure un po’ frustrata. Che poi, a dirla tutta, se hai un livore represso al massimo proponi di radere al suolo Gaza, non di cercare un dialogo come fa Basile. Chissà che questa faccenda dell’accusa di malumore represso non sia un fenomeno di proiezione e che i nemici dei “complessisti” – di fronte a una donna che fornisce dati di comprensione della realtà fuori dai soliti schemini elementari – non siano in fondo un po’ complessati.