
(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – All’alba del 14 maggio 1948 il sole picchia forte su Tel Aviv, mentre un ometto polacco canuto e commosso si alza in piedi e dà l’annuncio che tutti aspettano. Si chiama Micha Berdichevsky, ma tutti lo chiamano David Ben Gurion, detto anche “il figlio del leone”. È il capo del governo provvisorio di Israele. Parla scarno, ma solenne: “Proclamo la fondazione nazionale […]
Come tutto cominciò
(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – del 14 maggio 1948 il sole picchia forte su Tel Aviv, mentre un ometto polacco canuto e commosso si alza in piedi e dà l’annuncio che tutti aspettano. Si chiama Micha Berdichevsky, ma tutti lo chiamano David Ben Gurion, detto anche “il figlio del leone”. È il capo del governo provvisorio di Israele. Parla scarno, ma solenne: “Proclamo la fondazione nazionale dello Stato ebraico indipendente di Palestina, che si chiamerà Israele”. Pochi minuti prima, l’ultimo soldato inglese ha lasciato il Paese, ponendo fine al mandato di Sua Maestà Britannica sulla Palestina, la lingua di terra stretta fra il fiume Giordano e il mar Mediterraneo, spartita l’anno prima dall’Onu con la risoluzione numero 181 in due Stati: uno ebraico, l’altro arabo. Mentre Ben Gurion viene sommerso dagli applausi, qualcuno tra i più anziani ricorda la profezia lanciata mezzo secolo prima dal padre del sionismo, il giornalista ungherese Theodor Herzl: “Oggi la gente riderebbe se annunciassi che ho fondato lo Stato ebraico. Ma forse, fra cinquant’anni, mi darete ragione”.
“A morte gli ebrei!”. A Parigi, nel gennaio del 1895, Herzl ha visto degradare in piazza un ufficiale ebreo d’artiglieria, Alfred Dreyfus, condannato per alto tradimento su false accuse, tra la folla che urla “A morte gli ebrei!”. E, sconvolto per quel rigurgito di antisemitismo nel cuore d’Europa, ha scritto un libriccino ben oltre i limiti della follia: Lo Stato ebraico. Nel 1897 presiede a Basilea il primo congresso mondiale sionista. E le sue parole accendono la speranza in decine di migliaia di ebrei, soprattutto russi, in fuga dai pogrom: gli stermini di massa ispirati dalla polizia zarista. Negli ultimi vent’anni del secolo, un milione di israeliti fuggono dalla Russia negli Stati Uniti. Poche centinaia scelgono la via più difficile verso la terra dei loro padri, la Palestina. Qui, nel XIX secolo, gli ebrei sono ridotti a un villaggio di Asterix di 25 mila anime, affogate fra 450 mila arabi. Dalla fine dell’antico Stato ebraico con la conquista romana di Tito nel 70 d. C., non hanno visto che dominazioni straniere: bizantini, arabi, crociati, mamelucchi, turchi ottomani. In 17 secoli di “diaspora”, il popolo ebraico si è disperso in ogni angolo di mondo, ma non ha mai perso la speranza. Ogni anno, a ogni cena pasquale, ogni ebreo osservante ha rinnovato la promessa: “L’anno prossimo a Gerusalemme”.
La svolta arriva a Natale del 1901. Il 5° congresso sionista di Basilea decide di distribuire a tutti gli ebrei del mondo un salvadanaio di latta bianco e azzurro. L’anno seguente, con i risparmi raccolti, nasce il Fondo Nazionale Ebraico per acquistare terreni in Palestina e ospitarvi i primi insediamenti.
Quelle messe in vendita dai grandi feudatari arabi sono terre di scarto: incolte e desertiche, o malsane e paludose, per giunta cedute a prezzi esorbitanti. Nascono così, tra mille difficoltà, i primi kibbutz, comunità agricole a gestione collettivistica, molto vicine agli ideali del socialismo. In pochi anni deserti e paludi si trasformano in agrumeti e campi coltivati. Attirando nuove e continue ondate migratorie, anche sulla spinta dei nuovi pogrom nell’Europa centro-orientale. La popolazione ebraica, nel 1914, è di 85 mila unità, nel 1923 di 120 mila, nel 1928 di 160 mila. Poi, dal 1932 al ’38, il grande esodo degli “indesiderati” dalla Germania hitleriana. Alla vigilia della Seconda guerra mondiale, gli ebrei di Palestina raggiungono quota 400 mila.
Balfour e il Focolaio. Sconfitto nel Primo conflitto mondiale, l’Impero ottomano si è sbriciolato e la Palestina è passata all’Impero britannico, che fa sperare gli ebrei. Nel 1917 il ministro degli Esteri, Arthur James Balfour, rilascia una celebre dichiarazione: “Il Regno Unito vede con favore la fondazione in Palestina di un Focolare nazionale per il popolo ebraico”. Poi però sono soltanto delusioni. Nel 1939 Londra pubblica un Libro Bianco che limita severamente l’immigrazione ebraica, impedendo a migliaia di ebrei di sfuggire alla persecuzione nazista. Gli ebrei di Palestina si schierano comunque in guerra a fianco degl’inglesi contro i tedeschi. Ma nel 1946 la tensione è di nuovo all’acme. Navi cariche di profughi scampati ai lager si presentano sulle coste palestinesi e vengono ricacciate indietro dalle autorità britanniche. Per rappresaglia, il 22 luglio l’Irgun Zwei Leumi, formazione paramilitare sionista, fa saltare in aria un’ala del King David Hotel, sede del quartier generale inglese: 90 morti. Il comandante della spedizione è Menachem Begin, futuro premier d’Israele e premio Nobel per la Pace. Poi finalmente il 2 aprile 1947, Londra annuncia il ritiro dalla Palestina entro due mesi.
L’Onu e i due Stati. Alle Nazioni Unite si inizia a discutere della spartizione della Palestina cisgiordana in due Stati. Anche l’ambasciatore sovietico Andrej Gromyko si dice favorevole. E alla fine i Sì sono 33, contro soli 13 No. Lo Stato ebraico comprenderà il deserto del Negev, la fascia costiera centro-settentrionale e la Galilea orientale: complessivamente il 55% del territorio, dove vivono 500 mila ebrei e 497 mila arabi. Lo Stato arabo avrà il restante 45%, con la parte centrale della Palestina, più la striscia di Gaza e la fascia sottostante tra il Negev e il Sinai, dove risiedono 725 mila arabi e 10 mila ebrei. E Gerusalemme? “Zona internazionale” sotto l’egida dell’Onu. Gli inglesi, prima di andarsene, fanno un ultimo dispetto a Israele, permettendo che il grosso delle loro armi e munizioni passi agli arabi. I quali però, aizzati dagli Stati “amici”, non accettano la risoluzione Onu. Scioperi, devastazioni, incursioni armate, massacri di ebrei. Poi, nei primi mesi del 1948, un “esercito di liberazione arabo” di 5 mila uomini attacca Israele e in pochi giorni isola Gerusalemme, il Negev e la Galilea dai restanti territori ebraici. Ma in aprile gli ebrei riprendono il controllo delle principali città, da cui – in parte spontaneamente e in parte spintaneamente – fuggono in massa le popolazioni arabe.
Battesimo di sangue. Rieccoci a Gerusalemme sotto il sole cocente di quel 14 maggio 1948. Il battesimo di Israele si celebra con una breve e frugale assemblea in una saletta del museo di Tel Aviv. Tutto in pochi minuti: il discorso di Ben Gurion e la firma di una pergamena con la dichiarazione d’indipendenza. Poi tutti in strada per un corteo festoso: in prima fila, al fianco di Ben Gurion, ci sono Golda Meir, Levy Eshkol, Yitzhak Rabin e altri padri fondatori che si alterneranno alla guida del Paese per oltre 40 anni. Piangono, ridono, si abbracciano con la folla in delirio che intona l’Halikyah (“speranza”): l’inno ebraico, più simile a una preghiera che a una marcia. Lo Stato di Israele è nato, anzi è rinato. È l’unica democrazia del Medio Oriente e viene subito riconosciuta, tra gli altri, dall’Urss e dagli Usa. Ma non c’è tempo per festeggiare. È un battesimo di sangue.
Mentre ancora Ben Gurion sta parlando, i sei eserciti della Lega Araba – Egitto, Libano, Siria, Transgiordania, Iraq e Arabia Saudita – muovono all’attacco da ogni punto cardinale per “cancellare dalla faccia della terra il cosiddetto Stato d’Israele”. L’Occidente solidarizza a parole, ma non muove un dito per difendere la risoluzione Onu del 1947. Anche l’Urss condanna l’invasione (la Pravda, da Mosca, parla di “aggressione araba contro Israele” e difende “il diritto degli ebrei a costituirsi un loro Stato indipendente; l’Unità si accoda). Ma lì si ferma. Israele deve imparare subito a combattere da solo, a mani nude. Tante mani, però: l’esodo del dopoguerra dall’Europa ha portato nella terra degli avi oltre 200 mila ebrei, scampati ai lager nazisti e ai pogrom russi, forzando il blocco britannico e aggiungendosi ai 600 mila che già vi risiedevano. Un’iniezione di forze e di intelligenze fresche che fa di Israele il Paese col più alto tasso di laureati, specialisti e tecnici del mondo. La loro competenza, capacità organizzativa e volontà di sopravvivenza diventano l’arma in più del neonato esercito Haganah (Difesa), capitanato da ufficiali giovani e agguerriti. Uno su tutti: il 33enne Moshe Dayan. Gli uomini non mancano. Scarseggiano però i quadri militari e gli armamenti: soprattutto l’artiglieria (pochissimi cannoni), i mezzi corazzati e l’aeronautica (una trentina di vecchi aerei incollati con lo sputo), perfino le uniformi. Non basta l’esperienza di due corpi speciali che affiancano le truppe regolari: il Lehi e l’Irgun, specializzati in terrorismo e antiterrorismo negli anni del mandato britannico e delle imboscate arabe. Troppo poco, almeno sulla carta, per fronteggiare l’esercito egiziano, la Legione Araba transgiordana guidata dal mitico Glubb Pascià, le quattro divisioni siriane e irachene e un corpo di volontari libanesi e sauditi: 150 mila uomini con 800 cannoni, 120 carri armati, 80 autoblindo e 150 aerei. Davide contro Golia.
La prima guerra. Le prime ore di combattimenti, per Israele, sembrano l’inizio della fine. Le truppe egiziane, da Sud, affondano come il coltello caldo nel burro e raggiungono le porte di Tel Aviv. Gli altri eserciti, da Nord, puntano su Gerusalemme e sul porto petrolifero di Haifa. L’Onu però impone una tregua di sei settimane. E quando gli arabi la violano, ripartendo all’offensiva dopo un mese, non hanno più di fronte l’Armata Brancaleone raccogliticcia e male in arnese dei primi giorni. In quel breve lasso di tempo Israele è riuscito a mettere in piedi un miracolo di esercito e anche a procurarsi qualche arma pesante e qualche aereo in più, mentre migliaia di volontari – ebrei e non – sono sopraggiunti dai campi di battaglia di mezza Europa per dare una mano.
Gli egiziani vengono travolti sul fronte Sud da un blitz ribattezzato col nome biblico “Operazione Dieci Piaghe”. E a Nord gli altri eserciti arabi sono colti di sorpresa. Gli Spitfire israeliani, residuati bellici comprati al mercato dell’usato, sorvolano e bombardano indisturbati Damasco e Amman. E i bazooka con la stella di David distruggono la metà dei carri armati nemici. L’Onu ordina una seconda tregua e nomina mediatore il conte Folke Bernadotte, un diplomatico e filantropo svedese nipote di re Gustavo IV. Mediatore si fa per dire: impone altre due tregue, ma parteggia apertamente per gli arabi. Di lui si occupa la banda Stern, organizzazione paramilitare sionista di estrema destra dove milita il futuro premier Yitzhak Shamir: il conte viene assassinato il 17 settembre a Gerusalemme. La tregua salta e la guerra ricomincia. L’Haganah affronta separatamente gli eserciti arabi e li sbaraglia l’uno dopo l’altro.
La prima guerra arabo-israeliana si conclude alla fine del 1948. Israele non solo ha riconquistato le posizioni di partenza, ma si è ingrandito di oltre un terzo, conquistando Gaza, l’intero Negev e la Galilea occidentale. Il bilancio delle vittime è pesante: 6 mila morti ebrei (di cui 2 mila civili) e 10 mila arabi. Poi c’è l’esodo (in arabo nakba, “catastrofe”) di 711 mila profughi palestinesi musulmani e cristiani che – cacciati dalle proprie case o spinti dagli orrori della guerra – lasciano Israele e si rifugiano in Transgiordania e nella West Bank (la Cisgiordania formata da Gerusalemme Est, Giudea e Samaria). La nakba apre la piaga purulenta e mai sanata dei campi profughi per molti rifugiati e loro discendenti (censiti nel 2015 dall’Onu in 5.149.742, sparsi fra Giordania, Cisgiordania, Gaza, Siria e Libano). Anche perché, nel dicembre del 1948, l’Onu approva la risoluzione 194 che consente “ai rifugiati che lo vogliano di tornare alle proprie case e vivere in pace coi loro vicini” e promette “indennizzi per le proprietà di quanti scelgano di non tornare”, ma a patto che arabi e israeliani siglino un trattato di pace. Cosa che non avverrà mai, o troppo tardi, per il rifiuto degli Stati arabi di riconoscere Israele. In parallelo, 600 mila profughi ebrei abbandonano le loro case nei Paesi arabi e trovano riparo in Israele.
Nel febbraio del 1949, dopo la Conferenza di Rodi, gli arabi sconfitti firmano con Israele, ciascuno per suo conto, degli armistizi che di fatto gli riconoscono la sovranità sui territori assegnati dall’Onu nel 1947, più una piccola parte di quelli appena conquistati: una porzione di Galilea, subito annessa da Israele. Che si ritira dagli altri territori occupati: la striscia di Gaza viene occupata militarmente dall’Egitto e la Cisgiordania e Gerusalemme Est dalla Transgiordania (d’ora in poi Giordania). Così neppure ora i palestinesi e i loro presunti alleati arabi danno vita allo Stato di Palestina. Anzi, rinnegano gli armistizi appena siglati, pronti a tornare all’attacco per cancellare lo Stato ebraico dalla carta geografica, usando i palestinesi nei campi profughi come scudi umani e armi di propaganda.
La crisi di Suez. Nel 1955 il presidente egiziano Gamal Abdel Nasser, il generale che tre anni prima ha rovesciato re Farouk, assume il controllo del Canale di Suez scippandolo al Regno Unito. Londra interrompe i rifornimenti di armi e i finanziamenti per la diga di Assuan e Nasser, per tutta risposta, nel 1956 nazionalizza il Canale, lo chiude alle navi commerciali di Israele, si allea con l’Urss e avvia un poderoso piano di riarmo. Francia, Gran Bretagna e Israele intervengono militarmente, con l’appoggio Usa. È la seconda guerra arabo-israeliana. Fra il 29 ottobre e il 5 novembre, l’esercito di Nasser tracolla, mentre le truppe con la stella di Davide dilagano fino a Sharm-el-Sheik al comando di Moshe Dayan, il generale con la benda nera sull’occhio sinistro perduto nella Seconda guerra mondiale. Se a bloccarle non intervenisse l’Onu per ordine americano, arriverebbero al Cairo. Bilancio finale: mille caduti e 6 mila prigionieri egiziani; 180 morti e 4 prigionieri israeliani.
La tensione si placa per dieci anni, ma il fuoco cova sempre sotto la cenere, per la gran voglia di rivalsa dell’Egitto umiliato e per la Guerra fredda tra Usa e Urss, che giocano sullo scacchiere mediorientale una partita tutta loro.
"Mi piace"Piace a 11 people
Un GRAZIE alla redazione di Infosannio
"Mi piace"Piace a 1 persona
Panegirico montanelliano
"Mi piace"Piace a 2 people
Cmq, a dire il vero, gli USA non erano per niente entusiasti della guerra del ’56, che vide sconfitti una volta per tutte, gli imperi coloniali francese e inglese. Dopo di allora, fu solo un lento declino per loro, mentre gli altri, arabi, israeliani, americani e russi, salivano di importanza e di potere nel Medio Oriente.
Gli americani non erano ancora filo-israeliani nemmeno ai tempi della guerra dei 6 giorni del ’67, quando tutta l’aviazione ebraica era di marca francese, in genere Dassault. Malgrado l’incidente (chiamiamolo così) della USS Liberty, gli USA dopo, con la successiva guerra d’Attrito, cominciarono massicce forniture di armi ad Israele, soppiantando la Francia -che a sua volta soppiantava l’UK’- e continuando fino ai nostri giorni (purtroppo).
Una notizia di colore aeronautico: i primi caccia israeliani furono gli Avia S.199, ibridi malriusciti del Bf-109 cecoslovacco con motori Junkers Jumo al posto dei Daimler-Benz. Un caccia nazista che divenne rapidamente il primo caccia sionista.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Bell’articolo. Speriamo che siano così anche i successivi.
"Mi piace"Piace a 1 persona
– Il 30 Ottobre 1946 l’Irgun fece saltare in aria, con un attentato dinamitardo, la sede dell’ambasciata britannica a Roma.
Non lo si ricorda mai.
( fonti: Treccani; Archivioluce)
– “Navi cariche di profughi scampati ai lager si presentano sulle coste palestinesi e vengono ricacciate indietro dalle autorità britanniche”
In quell’anno era al governo in UK il laburista Clement Attlee: ecco, forse, da chi si è copiata l’idea del ” blocco navale.
"Mi piace"Piace a 2 people
In questo articolo Travaglio ricostruisce abbastanza fedelmente la vicenda, dimenticando alcuni passaggi sui banchieri finanziatori dello stato nascente israeliano. Ma è un ottimo strumento che aiuta a capire.
"Mi piace"Piace a 2 people
Bravo Travaglio. Un resoconto storico perfetto, a parte qualche piccolo dettaglio mancante, ma niente di che.
"Mi piace""Mi piace"
Finanza ebraica:
Rothscild, Lazard, JP Morgan, Morgan Stanley, Lehman Brother sono diventate potenze multinazionali per cause di natura religiosa. Il rifiuto ideologico da parte delle autorità cristiane e musulmane dei prestiti remunerati da interesse, visto come usura.
Le continue persecuzioni inquisitorie (V. caso Dreyfus) degli ebrei, apolidi che si prestavano al ruolo di capro espiatorio per addossargli ogni genere di colpa sull’origine delle diseguaglianze.
Gli ebrei erano costretti a vivere nei ghetti (Ironia della Storia pensando all’attuale Striscia di Gaza) e gli era preclusa la proprietà di immobili.
Si specializzarono così nel commercio di beni mobili facilmente trasportabili e occultabili, pietre preziose e oro e nell’attività di “usuraio”, ponendo le basi indirettamente della loro forza finanziaria giunta fino ai nostri tempi.
Essendo Deicidi a loro non si applicavano scomuniche, marchiati da quel peccato originale.
"Mi piace"Piace a 2 people
Ripropongo la reazione di Conte alle accuse di antisemitismo rivolte al m5s:
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=pfbid0R71wgqKPtmx8SHLDTu5FdCTsY9r1EjxfVgSBrmHmjrfVytTdCA9CQHevjiWK483wl&id=100043835694050&sfnsn=scwspwa
"Mi piace"Piace a 2 people
…anzi, lo apro.
Giuseppe Conte:
“LETTERA APERTA A CHI INFAMA ME E IL M5S
Abbiamo sentito di tutto sul Movimento 5 Stelle. Gli avversari politici sono tanti, e ci sono giornali che ci attaccano a prescindere. Fa parte del gioco politico. Ma quello che è successo ieri segna il superamento di un limite: configura un grave oltraggio ai principi e ai valori a cui si ispira una intera comunità politica.
Walker Meghnagi, presidente della Comunità ebraica di Milano, nel corso di una manifestazione, ha accusato il M5S di “antisemitismo”. Proprio così. Un insulto gratuito, denigratorio, intollerabile. Una grave offesa alla dignità etica, morale e politica della nostra comunità.
L’oltraggio è ancora più grave perché proviene da chi riveste un ruolo istituzionale, da chi avrebbe il dovere – prima di parlare – di informarsi sulla nostra storia, sulle nostre posizioni, su tutte le numerose iniziative che abbiamo posto in essere proprio per eradicare l’antisemitismo.
E invece no. Il rappresentante della Comunità ebraica di Milano – la seconda più grande d’Italia, ricca di 157 anni di storia, un modello di accoglienza e di integrazione nel tessuto cittadino – diventa, proprio lui, propalatore di falsità e diffusore di odio, ingannando i cittadini che non hanno voglia e tempo per raccogliere informazioni più accurate e veritiere.
Abbiamo atteso e sperato in una resipiscenza, ma non c’è stata nessuna smentita. Agiremo quindi in giudizio contro il sig. Meghnagi, perché non gli possiamo permettere questa grave, intollerabile diffamazione, che getta fango sui valori, sulle idee e sulla storia dei rappresentanti, degli attivisti, dei cittadini che sostengono la nostra comunità politica.
Ma il caso merita una riflessione più ampia.
Non conosco personalmente il sig. Meghnagi. Ma se il presidente di una storica comunità ebraica vuole cimentarsi nell’agone politico – come lui stesso ha dimostrato già in passato di voler fare scrivendo una lettera di compiaciuto sostegno a Meloni e La Russa, individuati come apostoli della libertà e della nostra identità – conviene che trovi, prudentemente, il modo per parlare a titolo personale senza schermarsi dietro al ruolo di rappresentanza di una intera comunità. Non a caso per quella lettera di encomio ricevette non poche critiche dalla sua stessa comunità di appartenenza. Diversamente, parlando in modo così oltraggioso e disinformato, rischia di fare danni alla stessa “causa” per la quale è stato votato ed eletto.
Rischia – per intenderci – che i suoi interventi scolorino come quelli di un Donzelli qualsiasi, che, atteggiandosi ad arrogante maître à penser, è intervenuto alla Camera dei Deputati per avanzare strampalate accuse di antisemitismo strisciante. Accuse che arrivano da forze politiche come Fratelli d’Italia che contano in casa propria, in tutta Italia, esponenti che salgono agli onori della cronaca per aver inneggiato all’odio e nostalgie di un passato vergognoso. Una forza politica che nel 2019 si è astenuta sull’istituzione di una Commissione contro odio, razzismo e antisemitismo proposta da Liliana Segre. Lasciamo a Meghnagi il ruolo di incensare Fratelli d’Italia, sebbene rischi che le sue parole si mescolino alle dichiarazioni della Santanchè, la quale, anziché trovare la dignità di dimettersi per le accuse gravi e circostanziate sin qui emerse, ieri è salita a Milano sul palco per strumentalizzare un’iniziativa di solidarietà a Israele e scagliarsi contro chi affianca la bandiera della pace a quella di Israele.
La novità sottesa a queste polemiche politiche è che in Italia, oggi, è diventato uno scandalo parlare di pace. Per aver parlato di pace in Ucraina, Papa Francesco è stato accusato di essere filo-russo! Chi parla di pace ieri era filo-putiniano e, da oggi, diventa anche antisemita. Non posso dare tutta la responsabilità di questo a Meghnagi e alle sue vergognose parole. Da giorni, una parte della stampa italiana ha costruito le basi per una macchina del fango contro di me e il Movimento, mentre si assiste a un dibattito più democratico e onesto sulle pagine dei quotidiani di Israele, nonostante il dolore e la sofferenza per il crudele attacco terroristico subito.
Quale è allora la colpa del M5S? La mia forza politica ha condannato senza esitazione gli efferati atti terroristici di Hamas. L’altro giorno abbiamo avuto un incontro costruttivo con i rappresentanti della comunità ebraica romana e delle comunità ebraiche italiane nella Sinagoga di Roma per portare la nostra solidarietà. Abbiamo chiesto un impegno affinché la risposta non sia una spirale di violenza e di morte contro i civili palestinesi. Abbiamo ribadito che le azioni di terroristi ed estremisti, che condanniamo con la massima fermezza, non vanno confuse con i diritti e le legittime aspirazioni della popolazione palestinese. Abbiamo invocato corridoi umanitari e riteniamo che qualsiasi reazione non valga a sospendere il diritto internazionale umanitario. Serve una soluzione pacifica per due popoli e due Stati, come sostenuto dalle risoluzioni Onu. Siamo fortemente preoccupati per i venti di guerra che si stanno levando nell’intero quadrante medio-orientale. Continueremo a lavorare perché la politica possa alzare lo sguardo e ritornare centrale per riavviare negoziati di pace, i soli che possono garantire un orizzonte di pace e sicurezza agli stessi israeliani e alle popolazioni che vivono in quelle terre martoriate.
Da giorni, per la stampa italiana, siamo “filopalestinesi”, così come siamo, per certi opinionisti, “filorussi” sull’Ucraina solo per aver sostenuto che la risposta non sono le armi, ma la politica e i negoziati. Continueremo a dirlo, nonostante gli odiatori e le macchine del fango. Perché la pace è il nostro valore irrinunciabile.
Meghnagi, dopo aver infamato il M5S, ha suggerito di leggere qualche libro. La mia mente è sempre aperta, e il consiglio è ben accetto. Anch’io consiglio a lui qualche lettura. Potrebbe iniziare dalle determinazioni del Consiglio dei Ministri del 2020, quando, da premier, ho fatto adottare la definizione operativa di antisemitismo dell’IHRA e istituito a Chigi il ruolo di Coordinatore nazionale per la lotta contro l’antisemitismo. Oppure potrebbe rileggere alcuni dei miei discorsi da Presidente del Consiglio, a partire dal 2019 quando in sinagoga ricordai a tutti che “l’antisemitismo è il suicidio dell’uomo europeo”. Lo lascio qui a sua disposizione, nel primo commento sotto questa lettera.
Impegnando il tempo in questa lettura forse può sottrarre qualche minuto a certe infamie.”
"Mi piace"Piace a 3 people
Grazie Anail🥰! Ci sono persone e persone! E il nostro presidente Conte è proprio diverso fortunatamente! Buon sabato 💝
"Mi piace"Piace a 2 people
Altrettanto a te, cara🌹
"Mi piace"Piace a 1 persona
Nel senso: se sei occupato a leggere, spari meno caxxate…
😆😂🤣😂😆
"Mi piace"Piace a 3 people
Era riferito all’ultima frase della lettera di Conte.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Ahahahah ahahah ahahahah ahahah
Un accusa davvero infamante, da risolvere in un duello all’ultimo sangue, peccato che non sia ancora cavaliere.
PS non è che i semiti si facciano amare, anzi.
Ci sono cosette ben più importanti che non il perdere tempo dietro ad un idiota.
"Mi piace""Mi piace"
Un racconto partigiano non degno di M.T. Le emigrazioni fatte con stenti da perseguitati nei terreni incolti ,desertici e addirittura paludosi… Ma se hanno preso il corso dell’alta valle del Giordano e ne hanno fatto cosa propria, i migliori terreni e tutta la sponda marittima, poi si sono presa Gerusalemme, non tenendo conto che in tutti i secoli (17) in cui loro non erano presenti, i palestinesi avevano sviluppato una propria cultura legata alle loro tradizioni (anche cristiane)legate al territorio ,che gli sono state strappate. Il dato di fatto è che nel secolo diciannovesimo gli ebrei praticamente non erano presenti in palestina e successivamente attravero vari passaggi hanno preso possesso di un intero territorio che non era il loro. Cosa diremmo noi se ,per puro esempio, i marocchini immigrati da noi fra un secolo divenendo una comunità molto numerosa in una parte del nostro territorio, decidessero di far nascere un loro stato magari con legge islamica ? Lo accetteremmo ?
"Mi piace"Piace a 1 persona
Una volta dire che gli ebrei erano una razza era antisemita, ora dire che non sono una razza è antisemita. È pazzesco il modo in cui la storia gioca con noi.“ Shlomo Sand, storico israeliano”
"Mi piace""Mi piace"
Sicuramente seguirà una dovuta e sacrosanta puntata sulla storia dei palestinesi, ma un Travaglio così equilibrato non lo ricordavo da secoli.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Tanto per capire chi stiamo difendendo,
“❗️🇮🇱🏴☠️💥🇵🇸 Israele ha bombardato convogli di civili in evacuazione nel sud della Palestina
Un video del luogo dell’attentato è stato pubblicato dal quotidiano turco Yeni Şafak. È stato riferito che almeno 70 civili sono stati uccisi. Il filmato mostra i cadaveri di donne e bambini.
Queste sono le ULTIME NOTIZIE su Z&V Telegram. Non so come far sì che il sito venga visualizzato, ma se ci vai adesso, rimarrai scioccato e disgustato. I corpi dei bambini, le famiglie su 18 pianali a ruote che cercavano di fuggire verso il sud, sono stati attaccati dall’IDF.”
Questa è la giustizia semita.
"Mi piace"Piace a 1 persona
La ricostruzione fatta da Trav risente un po’ troppo della sua acclarata simpatia pro-sionismo visto come eroico rivendicazionismo all’apparenza vitale, in realtà di puro stampo religioso e “imperiale” incurante dei diritti dei palestinesi. La stessa posizione del suo mentore Montanelli.
Salta all’occhio il mancato riferimento alle numerose risoluzioni dell’Onu (non proprio una centrale di antisemitismo) tutte sistematicamente rifiutate da Israele e dai suoi protettori americani che, tra l’altro, gli versano 40 mln al giorno (non sono sicuro della cifra esatta). E se ne possono capire le ragioni. Infatti lo Stato di Israele, armato fino ai denti pure di bombe atomiche, rappresenta nell’area mediorientale il presidio strategico dell’imperialismo yankee visto come monito a tutto il mondo arabo a schierarsi, ma solo a parole, a favore della causa palestinese. Per non dire della tenuta sotto scacco di Iran etc. etc.
Se ricordo bene, alla base del rifiuto degli accordi di Camp Davide da parte del buon Arafat c’era anche l’appropriazione totale da parte di Israele di tutte le fonti d’acqua (alias, “se vuoi l’acqua riga dritto e scordati di farti un esercito, e di fare pericolose alleanze coi tuoi amici dell’area”). Stato palestinese libero, ma… sotto tutela (sic!) ebrea.
Ci sarebbero da dire altre cosucce, ma mi limito alla ciliegina sulla torta : i palestinesi sono troppo poveri per essere considerati degnamente dal panorama capitalistico occidentale. Ma se non avete nemmeno un pozzo di petrolio!… che caxxo volete??!!
"Mi piace"Piace a 3 people
Egregio Gae, qualcosina l’hanno anche loro: un Fondo sovrano con una dotazione di 950 milioni di dollari usa. È al 90 posto nella lista dei fondi sovrani: per dire, l’Italia con il suo fondo per la difesa del Made in Italy, è al 94 posto con 945 milioni di dollari.
Fonte:
https://www.swfinstitute.org/fund-rankings/sovereign-wealth-fund
"Mi piace""Mi piace"
Travaglio è ottimo, un piacere leggerlo quando si occupa strettamente di politica italiana. Invece, quando mette il naso all’estero… Nella fattispecie ritroviamo qui il Travaglio (o chi per lui, dato che la scrittura non sembra per niente “travagliesca”) che sembrava fosse scomparso, il propagandista filozionista denunciato un decennio fa da Paolo Barnard (il ché del resto valse a costui una querela da parte del nostro, e mi indusse a cancellare il mio abbonamento al neonato Fatto).
La quantità di falsità in questo articolo è così enorme da risultare difficile credere che siano solo il prodotto della sua ignoranza. Comunque, assumendo la buona fede, e se per caso il buon Travaglio sa l’inglese, si potrebbe raccomandargli di cominciare a informarsi sulla realtà della distruzione dei Palestinesi con il libro di Fida Jiryis, “Stranger in My Own Land: Palestine, Israel and One Family’s Story of Home” (Amazon ASIN 178738781X.
Chissà, prima dell’ennesima guerra che ci stanno combinando gli USA e i loro amici a colpi di bugie?
"Mi piace""Mi piace"
Più che menzogne, una visione a senso quasi unico.
Accordi & disaccordi di ieri.
Travaglio-Montanari: non c’è storia…
Che delusione, MT… mi ha irritato non poco.
E Shimon Peres NON militare non si può sentire.
Dalla sua biografia su Wikipedia :
“Militare
Nel 1947 fu arruolato nell’Haganah (nucleo delle future Forze di Difesa Israeliane) scelto da Ben-Gurion insieme ad altri giovani e venne nominato dallo stesso come responsabile per il personale e l’acquisto delle armi. Nel 1948, Shimon Peres divenne capo della marina israeliana durante la guerra di indipendenza del nuovo Stato israeliano. Alla fine della guerra diventò direttore della delegazione del Ministero della Difesa negli Stati Uniti. Qui ebbe occasione di studiare alla New York School for Social Research e ad Harvard.
Nel 1953 fu nominato anche Direttore generale del Ministro della Difesa. Era incaricato dell’acquisto delle armi per il giovane Stato d’Israele. In questa carica ottenne diversi successi militari come la Campagna del Sinai, architettata insieme a Gran Bretagna e Francia. Peres in quegli anni puntò a stabilire una forte e avanzata industria militare israeliana, soprattutto nell’aeronautica con la Israeli Air Industries (IAI)…. ”
Ecco il video:
https://m.youtube.com/watch?v=_E9hJM0YPFc
"Mi piace""Mi piace"
Comunque, oggi è il suo compleanno…
Tanti Auguri, MT!
💯di questi giorni! 🎂🥂🍾
"Mi piace"Piace a 1 persona