la critica, gli ex premier la spaventano e pezzi di establishment “avvertono” la premier: da Marina B. alla finanza, i poteri che coccolavano Giorgia ora la abbandonano. C’è un clima sempre più da fortino intorno a Giorgia […]

(DI WANDA MARRA E GIACOMO SALVINI – ilfattoquotidiano.it) – C’è un clima sempre più da fortino intorno a Giorgia Meloni. Ogni giorno crescono le ansie, per non dire le paranoie, della presidente del Consiglio e del suo circolo stretto. “Mi vogliono fare fuori”, avrebbe detto nei giorni scorsi secondo una fonte qualificata. La premier ha finora cercato di non discostarsi troppo dai binari consentiti al nostro Paese, nei termini di politica estera e di politica europea, ma adesso, con le elezioni per Strasburgo che si avvicinano e Matteo Salvini che le fa la guerra da destra, le cose si complicano. Lei alza i toni, chi ha cercato di guidarla nel nome del “supremo bene nazionale” (e del sostegno a Kiev con la guida degli Usa) ora tende a prendere le distanze. E si aspetta la manovra per vedere da che parte va.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella non si è fatto mancare i moniti negli ultimi mesi. Da quello contro i decreti omnibus a quello sull’emergenza climatica, fino al riferimento su “etnie e idiomi” al meeting di Rimini (in contrapposizione con la “sostituzione etnica” di Francesco Lollobrigida) e la difesa della Costituzione anti-premierato. Ora Mattarella è pronto a esercitare tutta la sua moral suasion sul Pnrr. Dossier che a inizio aprile costò a Meloni un richiamo con faccia a faccia urgente. Ogni parola del Presidente viene pesata e anche il discorso di venerdì alla Confindustria – in cui il presidente ha invitato a non governare con l’emotività – è stato letto come un messaggio all’esecutivo. A Rimini, c’era Mattarella e non la premier. A Cernobbio, lei non è voluta andare. Tra gli ospiti d’onore c’era Paolo Gentiloni, commissario agli Affari europei. Ora, per Meloni e i suoi, lui è il nemico numero uno, accusato di non agire negli interessi dell’Italia. L’accusa è di tramare per sostituirla a Palazzo Chigi. Tra i due i rapporti non sono frequenti: Meloni non lo ha cercato per un confronto continuo. Intanto Ursula von der Leyen ha voluto dare un incarico a Mario Draghi. La mossa serve a utilizzare Draghi per cercare di confermare – dopo le Europee – una maggioranza tra popolari e socialisti, neutralizzando le tentazioni di spostare a destra Commissione e Parlamento. Il cosiddetto “inciucio”, secondo i meloniani. A Palazzo Chigi la nomina di Draghi è vista come un affronto personale della Commissione anche perché comunicato solo all’ultimo minuto. L’ex premier in un primo momento aveva “istruito” Giorgia su alcune pratiche (magari anche in vista del suo aiuto proprio per un incarico internazionale), ma le linee tra i due sono interrotte, da quando lei ha iniziato a cannoneggiare il suo governo sul Pnrr.
Francia e Germania (con Emmanuel Macron e Olaf Scholz) sono al limite dello strappo. E poi Financial Times e Economist hanno iniziato a scrivere diversi articoli (l’ultimo ieri) sullo spread che aumenta e sulla “luna di miele” finita con gli investitori internazionali. Da non sottovalutare il presidente di Confindustria Carlo Bonomi che – seppur in uscita – ha criticato la tassa sugli extraprofitti. Il provvedimento dopo il quale molta parte del mondo finanziario e del credito ha decretato l’inaffidabilità di Meloni. Proprio da questo sono partiti molti “avvertimenti”: da quelli di Marina Berlusconi che difende Mediolanum a quelli di Urbano Cairo. Passando anche ad alcuni editoriali, che dovrebbero mostrare la retta via (leggere Stefano Folli e Antonio Polito su tutti). E ad alcuni politologi come Ernesto Galli della Loggia e Angelo Panebianco che arrivarono a sperare in un governo Meloni-Letta dopo le elezioni, in nome dell’atlantismo. Franco Bernabè, presidente della Commissione nazionale per l’Unesco, parla di “fibrillazioni autogenerate”. Per restare in tema di “grandi vecchi”, va notato che tra i primi a dare le proprie dimissioni dal Comitato per l’individuazione dei Lep da garantire su tutto il territorio nazionale in un regime di autonomia differenziata erano stati Giuliano Amato e Franco Bassanini. Intanto la Cei monitora, con Matteo Zuppi che non risparmia le critiche sulla gestione dei migranti e sulla filosofia del decreto Caivano.
Posizionamenti che stanno creando un clima di sospetti a Palazzo Chigi. La premier e i suoi fedelissimi si sentono sotto assedio, andando oltre il solito vittimismo. La narrazioneè quella di un governo sotto attacco di “poteri forti” e “lobby” che vorrebbero disarcionare la premier. Ma Meloni lo ha già fatto capire: “Questo è l’unico governo possibile della legislatura”.
Il ritorno dei migliori, con il migliore dei migliori e il nipote di suo zio sarebbe proprio un capolavoro.
Dopo aver fatto fare il solito lavoro sporco agli altri si presenterebbero nuovamente come salvatori della patria. Il PD andrebbe finalmente al governo per voti propri e il M5S, privo di tutte le sue conquiste, non avrebbe più ragione di esistere.
Gli italioti, purgati a dovere, zitti e muti.
"Mi piace""Mi piace"
Il ritorno dei migliori, con il migliore dei migliori e il nipote di suo zio sarebbe proprio un capolavoro.
Dopo aver fatto fare il solito lavoro sporco agli altri si presenterebbero nuovamente come salvatori della patria. Il PD andrebbe finalmente al governo per voti propri e il M5S, privo di tutte le sue conquiste, non avrebbe più ragione di esistere.
Gli italioti, purgati a dovere, zitti e muti.
"Mi piace""Mi piace"