Ridimensiona gli attacchi alla premier e spara contro l’Islam e Soros, nella speranza di contenere il tracollo. Non so se dipendesse dalla guastafeste Meloni, che a Lampedusa l’ha infilato d’anticipo, o dallo sconforto […]

(DI GAD LERNER – ilfattoquotidiano.it) – Non so se dipendesse dalla guastafeste Meloni, che a Lampedusa l’ha infilato d’anticipo, o dallo sconforto per la manita toccata al suo Milan nel derby la sera prima, fatto sta che a Pontida s’è visto in azione un Matteo Salvini molto più cauto del previsto. Meno male che c’era Marine Le Pen a omaggiarlo –“viva il Capitano!”- evocando il tempo in cui al Viminale comandava lui e -a suo dire- l’Europa intera ne ammirava la capacità di impedire gli sbarchi. Ma se anche lo speaker Daniele Belotti lo ha presentato come “il capoprogetto contro l’invasione dei clandestini”, e la coppia Salvini-Le Pen ha rispolverato il vetusto armamentario contro la minaccia islamica e George Soros finanziatore dell’“annientamento della civiltà occidentale”, il solo rimpianto della stagione d’oro anti-immigrati che portò alla Lega il 34% nel 2019 non colma il vantaggio competitivo della coppia Meloni-Von der Leyen oggi al timone.

Tant’è che Salvini ha dovuto assicurarlo più volte: nessuna rivalità fra Pontida e Lampedusa, fra lui e Giorgia. Uscire dal governo “da destra” sarebbe un colpo di testa sconsiderato quando l’asticella delle prossime elezioni europee per lui si pone, se va bene, al 10%; con inevitabile decimazione dei parlamentari. Così, rettificando le accuse d’incapacità lanciate a Palazzo Chigi nei giorni scorsi, sul palco solo una figura di rango minore, il sindaco di Ventimiglia, Flavio Di Muro, si è permesso di spararla grossa: “L’Europa unita è morta. Il tempo della diplomazia è finito, dobbiamo reagire con la forza. Passare dall’accoglienza diffusa ai respingimenti di massa”.

Posizionarsi a destra della Meloni, elogiare senza nominarlo il generale Vannacci, promettere a Marine Le Pen che starà sempre dalla sua parte escludendo alleanze europee con Macron, rendere omaggio alla memoria di Berlusconi, potrà forse servire a Salvini per recuperare qualche punto percentuale, ma stando bene attento a non rompere la coalizione in cui gli tocca un ruolo subalterno. Dopo il ruzzolone del Papeete, il partito non gli perdonerebbe la perdita dei posti di potere mantenuti nei Comuni, nelle Regioni, nel sottogoverno.

Tanto più che mai come quest’anno sul pratone di Pontida serpeggiavano fra i militanti numerosi argomenti di dissenso. Circolava un volantino di critiche al ministro Giorgetti per chiedergli di salvare il superbonus senza cui 60 mila imprese e 350 mila famiglie rischierebbero il “collasso sociale”. Lo stesso Giorgetti si è ben guardato, nel suo intervento, dal citare il “mal di pancia” provocatogli dal superbonus, limitandosi a riscuotere applausi per la tassazione degli extra-profitti delle banche. E sebbene i leghisti calabresi sfoggiassero magliette con la scritta “Sì Ponte”, non si può certo dire che la costosa grande opera sullo Stretto promossa dal vicepremier risulti gradita alla base padana tradizionale. Difatti Salvini non ne ha fatto cenno.

Quanto al gemellaggio con Marine Le Pen, pur applaudita dalla folla quando denunciava la viltà dell’Europa di fronte all’“ondata migratoria organizzata” e quando tesseva le lodi della Lega, parecchi hanno manifestato perplessità: “Noi siamo federalisti, né fascisti né centralisti, ce l’ha insegnato Umberto Bossi”.

Come già l’anno scorso, Luca Zaia non ha concesso neanche una citazione di rito al segretario Salvini, limitandosi all’apprezzamento per la riforma di autonomia differenziata del ministro Calderoli. Sarà un caso, ma di bandiere venete col Leone di San Marco sul pratone se ne sono viste meno che agli scorsi raduni.

Questa inedita sfida domenicale fra Pontida e Lampedusa, fra la due destre impersonate dalle accoppiate Salvini-Le Pen e Meloni-Von der Leyen, è stata vissuta all’insegna della nostalgia da una Lega chiusa nell’angolo. “Quando c’era lui”, l’irripetibile Salvini ministro dell’Interno… Non so se ci credano davvero quando ripetono che Matteo l’avrebbe fatto per davvero, il blocco navale. O quando propongono di liberarsi di Lampedusa cedendola all’Africa. Ma intanto il prossimo decreto anti-immigrati sarà intestato Meloni.