La premier dedica appena 5 minuti ai locali e promette di portar via i barchini

(DI COSIMO CARIDI – ilfattoquotidiano.it) – Un po’ più che di fretta. Il tour lampedusano di Giorgia Meloni e della presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, è durato ancor meno di quanto ci si aspettasse. Atterrate ieri attorno alle 10 del mattino, alle 11:20 erano già tornate in aeroporto. Ottanta minuti di cui una decina spesi in un incontro all’interno dell’hotspot, un quarto d’ora sul molo Favarolo, meno di cinque in un breve confronto con i lampedusani, il resto del tempo passato in auto per percorrere meno di dieci chilometri di tragitto.
Le strade del centro abitato di Lampedusa sono strette, male asfaltate e con motorini parcheggiati ovunque. Già dal primo mattino un gruppo di isolani, guidati dall’attivista Giacomo Sferlazzo, si avvicina al questore di Agrigento, Emanuele Ricifari. “Qui non vogliamo passerelle – spiega Sferlazzo al poliziotto – se Meloni non si ferma a parlare con noi, non faremo venire più nessuno sull’isola”. L’uomo allunga al questore un segno di pace: una bustina di camomilla. Nessuno si mette in contatto con i manifestanti per organizzare un incontro con la premier. Il gruppo si posiziona nell’unica strada che collega l’aeroporto al resto dell’isola. Il convoglio presidenziale è costretto a bloccarsi. Meloni, Von der Leyen e il ministro Piantedosi raggiungono i manifestanti. La presidente del Consiglio spiega subito che il governo ha stanziato 45 milioni di euro “il più grande intervento mai fatto su Lampedusa”. Sferlazzo ribatte: “Soldi? Noi vogliamo la salute, la pace”. Meloni alza occhi e mano al cielo “la salute… è là”. Piantedosi si sente di rassicurare tutti: “Ci lavoriamo”. I manifestanti si spostano e il convoglio riprende il percorso verso l’hotspot. Dalle 7/8 mila presenze di giovedì, oggi al centro sono rimaste circa 1.500 persone. I trasferimenti sono continuati notte e giorno per rendere accettabile la situazione e procedere con la visita del governo.
Contrada Imbriacola è una via stretta e dissestata che attraversa le campagne e finisce al centro di accoglienza. Per tutta la notte tra sabato e domenica l’area è stata ripulita: via le brandine e i materassi fuori dal campo, sparite coperte termiche e buste di plastica da bordo strada. Papa Francesco quando andò al campo di Lesbo restò due ore, a Meloni sono bastati pochi minuti: dieci. Giornalisti fuori, ma ci saranno le immagini prodotte da Palazzo Chigi. Non sappiamo se le due presidenti abbiano scambiato almeno un pensiero con chi è arrivato dalla Tunisia.
Il corteo di auto si muove di nuovo e raggiunge il molo Favarolo. Non ci sono migranti, gli sbarchi si sono interrotti durante la visita presidenziale. Meloni e Von der Leyen passano 15 minuti sulla banchina, i telegiornali riprendono le facce serie e il parlottare sommesso. Accanto alla premier c’è in fascia tricolore il vice sindaco di Lampedusa, il leghista Attilio Lucia. Il primo cittadino dell’isola è a New York per partecipare all’Assemblea delle Nazioni Unite a cui interverrà anche Von der Leyen. Il leghista commenterà che in quei momenti è riuscito a strappare una promessa a Meloni: “Entro 4-5 giorni si porteranno via i barchini, sono una bomba ecologica”. Non molto per un’isola di 6 mila abitanti che ha visto passare quasi 10 mila profughi in una settimana. Mentre le presidenti riguadagnano il posto in auto, direzione aeroporto, si sente l’urlo di una signora “grazie per la passerella”. Alle 11:20 iniziano le dichiarazioni alla stampa: un’ora con solo due domande accettate. Meloni prima e Von der Leyen dopo parlano di “risposta europea” e di “coordinamento”, ma soprattutto affermano l’importanza degli accordi con la Tunisia. Anche se da quando sono stati firmati, il numero di migranti partiti per l’Italia è cresciuto esponenzialmente. Passano meno di due ore dalla fine della visita lampo e al molo Favarolo arriva un altro barcone carico di naufraghi.
Pronto il set per l’ ennesimo film luce. Ciak, si gira!
Non era un film, era un cortometraggio. Gli attori si devono spostare su un altro set.
Per questo il cinema è fallito, la realtà si è fatta film.
Titoli di coda.
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😂
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Ecco cos’era, la famosa pulizia etnica.
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Il solito pattriottico perepe’ quaqqua’ quaqqua’ perepe’.Aspettiamo con trepidazione anche il passaggio sull ‘isola del cazzaro verde che darà le indicazioni per posizionare in modo adeguato i cannoni contro chi ha dichiarato guerra all’ italiotica patria.
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