Giorgia Meloni ha un’ossessione per le parole. Ed è questa fissa che fa da sfondo alla lunga conversazione trasformata in un libro (La versione di Giorgia) dall’eclettico Alessandro Sallusti, che con ammirevole […]

(DI FABRIZIO D’ESPOSITO – ilfattoquotidiano.it) – Giorgia Meloni ha un’ossessione per le parole. Ed è questa fissa che fa da sfondo alla lunga conversazione trasformata in un libro (La versione di Giorgia) dall’eclettico Alessandro Sallusti, che con ammirevole disinvoltura è passato dallo zelo sacerdotale per Berlusconi buonanima a quello per la premier. Sostiene Meloni: “In qualsiasi battaglia culturale si combatta, l’arma più letale che si ha a disposizione è il significato che si riesce ad attribuire alle parole. Non conta cosa la parola significhi, ma cosa vuoi che significhi. La suggestione che ruota attorno a quel vocabolo. Se riesci a vincere lì, sei già a metà dell’opera”. Ovviamente, per la leader neothatcheriana di FdI (è Margaret l’archetipo cui tendere, eroismo tolkeniano a parte), a vincere per decenni questa “battaglia” semantica è stata la sinistra. Un inciso: la premier vede comunisti ovunque, proprio come B., di qualsiasi cosa parli, al punto che al lettore di sinistra viene da esclamare: “Magari ci fossero ancora tutte queste masse rosse in giro”. Chiusa parentesi.
Così adesso è il momento di ribaltare le sorti di questa guerra cuturale e conquistare l’egemonia del dizionario. E da quale esempio bellico parte la premier? Quello orrido, diciamo così, della “sostituzione etnica” sull’italico suolo paventata dal ministro nonché cognato meloniano Francesco Lollobrigida. In questo caso il solerte Sallusti resta silente e impalato ad ascoltare Giorgia che legge le definizioni di razza ed etnia dal vocabolario della Treccani. La chiosa meloniana è la seguente: “La razza è cosa siamo fisicamente, l’etnia cosa siamo culturalmente. Allora, delle due l’una: o tutti quelli che si sono stracciati le vesti dovrebbero ripassare il sussidiario, oppure per loro è impresentabile sostenere che vogliamo difendere la nostra identità culturale”. Testuale. Osiamo ricordare che finanche il capo dello Stato, dopo l’uscita lollobrigidiana, intervenne decisamente arrabbiato: “La persona e non l’appartenenza a un gruppo etnico merita tutela e protezione. Nefaste le concezioni di supremazia razziale”. Evidentemente anche il marxista-leninista Sergio Mattarella confuse i significati di razza ed etnia, senza ripassare il sussidiario.
Ma è in generale che la premier difende opere, gaffe e omissioni del suo governo, a un anno dalla vittoria elettorale, e sprona i suoi, lancia in resta, alla conquista dell’egemonia culturale. Compresi Donzelli e Delmastro Delle Vedove sul caso Cospito (una “leggerezza”) e l’ex An indi ministro leghista Valditara sulla preside fustigata per la “propaganda ideologica” dell’antifascismo. Come che sia, la versione sallustiana di Giorgia dà conto di una leader sincera sino in fondo. Nel bene e nel male.
Interessante ricerca ed uso di aggettivi: se penso a Sallusti, tutto mi viene in mente fuorché definirlo “eclettico”… 😅
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