Ha sempre lamentato l’ostracismo delle “correnti” che non gli avevano mai permesso di “uscire” dalla sua Calabria

Gratteri, amato all’estero, temuto in patria. Storia del magistrato ‘contro’ che vive sotto scorta da 34 anni

(di Giuliano Foschini – repubblica.it) – Di Nicola Gratteri, il nuovo procuratore di Napoli, il magistrato italiano più famoso al mondo, si sono dette e raccontate molte cose (in ordine sparso): “Il primo uomo nella lista nera della mafia”; “L’uomo che ha sequestrato più cocaina al mondo”, “Se fosse un film, sarebbe già tutto scritto: ogni cosa nella sua vita è già accaduta”; ma anche “L’avversario del garantismo”, “il magistrato dei processi persi”. All’estero è indicato come un mito, sull’onda emotiva della storia tragica di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, lui minacciato di morte sin dal 1989 quando dissero alla sua fidanzata: «Non sposare un uomo morto». E, con frequenza regolare, intimidito dai clan calabresi: per questo ha il sistema di scorta più imponente del Paese, ma ciò nonostante non sta fermo un attimo, gira per conferenze, piazze, soprattutto scuole e quando gli chiedono se ha paura, lui risponde che «S, parlo spesso con la morte, ma questo è il mio mestiere». Piace da impazzire agli americani perché sembra un personaggio dei loro film, è temutissimo in Sud America dove dà la caccia ai latitanti e ai corrotti.

Amato e odiato

In Italia, invece, come spesso accade è amato e odiato: è un riferimento per moltissimi come dimostrano i successi dei suoi libri, sempre bestseller, o le visualizzazioni suo social (ha numeri da influencer: il racconto della cattura di Roberto Panunzi, uno dei più importanti broker di coca al mondo, su Tik Tok è un caso da milioni di visualizzazioni). Ma la politica, e anche un pezzo della magistratura, non ha mai nascosto i mal di pancia: non piaceva per nulla alla “sinistra calabrese”, è stato al centro di attacchi violentissimi di Forza Italia, nove anni fa Matteo Renzi lo scelse come ministro della Giustizia ma l’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, disse “no”, perché Gratteri era un magistrato in servizio, e sarebbe stato un precedente pericoloso, una motivazione che però è sempre sembrata una giustificazione. Chi non gli vuole bene dice: «I suoi processi sono sempre un flop», raccontando in realtà una non verità, perché è vero spesso nelle maxi indagini (Gratteri lavora con fascicoli maxi, con centinaia di indagati) alcuni ne escono assolti ma è altrettanto vero che le inchieste dei suoi pool sono state tra quelle (come quelle dei gruppi che hanno lavorato con Pignatone, Prestipino, Lombardo, Musolino solo per citare alcuni dei grandi pm antimafia) che hanno avuto il merito di raccontare la ‘ndrangheta al mondo e di metterla in ginocchio.

Ostentatamente “contro”

Molti colleghi non hanno sempre apprezzato questo suo voler esserci sempre (cosa che alcune volte gli ha provocato degli scivoloni: una prefazione, per esempio, a un libro no vax per cui ha chiesto scusa) e ostentatamente “contro”. Lui ha sempre lamentato, viceversa, l’ostracismo delle “correnti” che non gli avevano mai permesso, a suo dire, di “uscire” dalla sua Calabria. Ora, invece, questo è accaduto: Gratteri aveva tentato senza fortuna di diventare procuratore a Milano, ha pensato di guidare la Direzione nazionale antimafia, ma sarà ora a Napoli, l’ufficio più grande d’Italia. Ed ecco perché non è più importante capire cosa è stato Nicola Gratteri. Ma cosa sarà da questo momento in poi, da quando cioè la politica (il centrodestra ha votato compatto per lui, anche i “garantisti” di Forza Italia) ha fatto da ago della bilancia al Consiglio superiore per mandarlo in Campania in un momento particolarmente delicato: Gratteri è sempre stato lontanissimo dai partiti («ha arrestato tutti», sorrider un pm che per anni ha lavorato con lui). Ma non è un mistero che alcune delle sue idee piacciano a una certa destra. Le carceri sono sovraffollate? «Costruiamone delle nuove». Liberalizziamo la droga leggera? «Non se ne parla nemmeno».

Il Governo su Caivano, il nuovo campo di gioco del procuratore, si gioca buona parte della reputazione e sulla lotta alla mafia la premier Giorgia Meloni, e il suo sottosegretario, Alfredo Mantovano, che tanto stima il magistrato calabrese, ha sempre promesso nessun passo indietro. Forse, per questo, ieri erano felici della nomina di Gratteri. Quello dei cento passi, in avanti.