Ho provato a seguire la prescrizione magistralmente suggeritaci su Il Fatto (22 agosto) dall’amico Antonio Padellaro: deglutire un paio di pastiglie effervescenti di Alka Seltzer, dopo di che smetterla di richiamare l’attenzione […]

(DI GAD LERNER – ilfattoquotidiano.it) – Ho provato a seguire la prescrizione magistralmente suggeritaci su Il Fatto (22 agosto) dall’amico Antonio Padellaro: deglutire un paio di pastiglie effervescenti di Alka Seltzer, dopo di che smetterla di richiamare l’attenzione sulle mostruosità razziste e protofasciste brandite da Giorgia Meloni allorquando stava all’opposizione. L’ho imparato a memoria e me lo ripeto: la sinistra deve prendere atto che nell’Italia di oggi la gente che sta male non ha tempo né voglia di rivangare il passato. Sono inutili, peggio, controproducenti le levate di scudo davanti a ogni denigrazione della Resistenza, battutaccia omofoba e anti-migranti, insulto agli intellettuali progressisti. Dunque, armiamoci di santa pazienza e imponiamoci una “prescrizione tombale”. Parliamo piuttosto dei salari da fame, del prezzo della benzina, dei tagli alla sanità pubblica.

Sono pure disposto a sorvolare su una questione delicata: che affidabilità può garantirci per il futuro una leader politica talmente camaleontica? Lo riconosco. Sempre meglio aver a che fare con una premier che, rispetto a prima, ha imparato a contenersi anziché ritrovarsi un’energumena a Palazzo Chigi. Alka Seltzer! E pazienza se suoi sostenitori organizzano convegni in cui Julius Evola, tra i principali teorici nazifascisti del razzismo, viene presentato come “uno dei grandi pensatori del Novecento italiano”. Fingiamo di dimenticare che buona parte della classe dirigente di FdI ha venerato Evola come filosofo di riferimento, “il Gramsci della destra”. La questione sociale viene prima della battaglia culturale, mi ripetevo. E giù Alka Seltzer.

Ma poi è arrivato Il mondo al contrario, libro autoprodotto dal generale Roberto Vannacci. Pure su di lui Padellaro mi ha rassicurato: piuttosto che a un bieco golpista costui somiglia al Marziano a Roma di Ennio Flaiano; altro che uomo della Provvidenza. Nella prima settimana, su Amazon, ha venduto 20mila copie. Spero di non passare per cospirazionista se adombro il dubbio che l’invito all’acquisto massiccio circolasse nei network delle nostre Forze Armate prima ancora del can can provocato dalla rimozione di Vannacci. Anche alla Meloni saranno fischiate le orecchie: negli apparati dello Stato alligna non da oggi qualcosa di più di un sentimento di estrema destra capace di solleticare l’opinione pubblica conservatrice, di condizionare la politica, perfino di rivangare il fascino della divisa qualora “io sono Giorgia” ripiegasse al centro. Altre compresse di Alka Seltzer e il libro me lo sono letto tutto, non bastandomi i resoconti giornalistici sulle perle che l’han reso popolare. Accontentarsi, con Bersani, di dare al generale del “coglione”?

Ma Vannacci non è la replica del generale Pappalardo, quello dei Forconi. Firma un libro che pare un prodotto di laboratorio, vero e proprio manifesto politico-culturale che spazia capitolo per capitolo dall’ambientalismo all’energia, dall’immigrazione alla legittima difesa, dalla casa alla famiglia, dalle tasse all’animalismo. Grossolano, sì, ma per nulla improvvisato. E il test, ora che ha superato in scioltezza le 100mila copie dell’autobiografia di Giorgia Meloni, sembra riuscito. Sarà un fuoco di paglia? Me lo auguro. Ma intanto è un segnale ben preciso lanciato alla politica dall’interno dello Stato e subito raccolto dal giornalismo di destra con buon fiuto (Belpietro) e dall’ala più radicale della maggioranza. Proviamo a immaginare cosa succederebbe alla fine dell’anno prossimo se negli Stati Uniti tornasse al potere Donald Trump, sebbene incriminato per golpismo. Netanyahu, Erdogan, Orbán, Kaczynski, Putin non aspettano altro per accelerare le transizioni illiberali dei loro Paesi. Credete davvero che Meloni, trumpiana della prima ora, sarebbe da meno? Che non sarebbe capace di riesumare l’armamentario d’antan su cui ci siamo autoimposti una prescrizione tombale? Coltivare la memoria partigiana, vigilare contro lo stravolgimento dei valori costituzionali, denunciare le riedizioni del razzismo e il revisionismo storico, oggi è tutt’altro che un riflesso nostalgico. Significa confrontarsi con una tendenza antidemocratica contemporanea ben visibile in giro per il mondo e dalla quale l’Italia non può illudersi di restare immune.

Se mi dite che non corriamo il rischio di un ritorno al fascismo novecentesco, d’accordo. Chiamatela pure come volete, questa pulsione reazionaria e autoritaria, ma non fingete che sia solo acqua passata. Quella di Giorgia Meloni è una leadership moderna, rafforzata dalla novità che rappresenta il suo essere al tempo stesso donna ma tradizionalista. La stessa svolta familiare impressa al suo partito ne esalta il richiamo a un potere personale duraturo. Memore anche delle vecchie pubblicità thriller di Carosello firmate da Gillo Pontecorvo, ebreo partigiano e comunista, accetterò il consiglio farmaceutico di Padellaro. Ma quel frame ossessivo che recitava “Alka Seltzer vi rimette a posto”, no, non mi lascia tranquillo.