(di Michele Serra – repubblica.it) – Non per demagogia (sempre sovrabbondante), ma per etica pubblica (sempre carente), ci si domanda se i cinque operai travolti sui binari delle Ferrovie dello Stato non meritino funerali di Stato, che sono il più alto riconoscimento pubblico all’importanza di chi scompare – dunque, simbolicamente, all’importanza di tutte le vite operaie.

L’idea è venuta, a caldo, ad alcuni lettori di questo giornale, e la facciamo volentieri nostra. Il riferimento polemico, esplicito o sottaciuto, a recenti e discussi esempi di quel cerimoniale è evidente, ma non deve fuorviare. Non si tratta di contrapporre la morte dei poveri, esposti e indifesi, a quella di un ricco tra i ricchi. Si tratta di estendere al lavoro manuale il rispetto e l’omaggio che circondano diffusamente gli illustri e i potenti, nelle cui vite non sempre è riconoscibile la stessa dignità. E si tratta di dare evidenza, e finalmente corpo, allo spirito costituzionale, l’articolo 1, certo, ma anche il lungo rosario di princìpi e ammonimenti che ci invitano a mutare valori e prospettive della nostra convivenza, affidando a noi lo svolgimento di ciò che la Carta suggerisce soltanto. Ecco un’occasione per farlo.
Protocolli e consuetudini sicuramente non contemplano l’idea che lo Stato si pieghi a raccogliere dai binari di Brandizzo le salme di cinque italiani morti lavorando, e li porti con sé nel Pantheon dei suoi figli più celebri e importanti. L’idea, dunque, contiene anche un forte significato di effrazione delle consuetudini, e una sua precisa volontà di “scandalo”: ma lo scandalo è già avvenuto e ancora avviene ogni volta che qualcuno lavora in condizioni di dolosa insicurezza, e non è la fatalità a ucciderlo, ma la tirchieria e la fretta che governano i meccanismi economici. Di questi meccanismi l’uomo non è il centro. È un ingranaggio spesso periferico. Una rotella anonima della quale si prende atto, sovente, solo quando si spezza, e imprevedibilmente sprizza sangue – era un essere umano.

Ora ci sono questi cinque corpi, tra i tanti, da accompagnare. Se fosse lo Stato, nei suoi modi più solenni e istituzionali, a farlo, non sarebbero lacrime di coccodrillo. Sarebbe un modo diretto e coraggioso per sottolineare che chi salda dei pezzi di acciaio in mezzo alla notte, e per un salario che mette vergogna a chiunque sappia contare da uno a dieci, è uguale, per diritti e per doveri, al più eminente dei leader, degli scienziati, degli artisti.
L’uguaglianza è il più smentito dei princìpi, la più labile delle speranze. La vita concreta e le discriminazioni economiche la negano con continuità implacabile, miliardo per miliardo, bullone per bullone. Una volta ogni tanto provare a rappresentarla e a metterla in scena, l’eguaglianza, aiuterebbe a credere che qualche decisione seria, qualche novità profonda, è ancora nelle nostre facoltà.
Se la vicenda mi riguardasse in maniera molto personale, cioè fosse coinvolto un mio caro, te lo farei vedere io il funerale di stato.
Manica di avvoltoi!
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In Italia siamo maestri nel deporre corone, elogiare le squadre di soccorso e benedire gli angeli del fango.
Poi torna l’oblio.
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Ti sei dimenticato degli “Angeli in corsia” o è voluto?
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Funerali di Stato o meno, di “Angeli in corsia” (con la maiuscola) ne sono crepati parecchi: questo mentre servivano il Paese e le loro comunità. Io questo non lo dimentico, nè ora, nè mai.
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Gli ” angeli in corsia”, riguardo i quali avrei un bel po’ da…raccontare, facevano il loro lavoro , come tutti. Anzi, chi di loro appena appena poteva se ne è scappato in pensione.
Chi è morto inerme e solo sono stati gli innocenti nelle RSA, vuoti a perdere vergognosamente dimenticati. Fino all’ ultimo.
Spero che nelle facoltà di Medicina da ora in poi si spieghi bene che le pandemie esistono e fanno parte del lavoro di medici e infermieri, che non diventeranno quindi ” angeli” per il solo fatto di recarsi al lavoro.
Forse non gli era stato spiegato.
Ma capisco che la parola ” angeli” metta a tacere un bel po’ di critiche, forse per questo è stata tanto pubblicizzata.
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Gli “Angeli in corsia” ci hanno mostrato qualcosa che non può essere apprezzato da tutti: siamo in Itaglia 2023, belpaese spaccato in due, dopo tutto. L’insulso e il mediocre prima dell’eroe, la sciocca vakkata seriale alitata su un concetto di sacrificio che si è semplicemente incapaci di capire. Abnegazione derisa, e da chi, poi? Da grafomani compulsivi con la ridolìte, per lo più. Spessore umano, zero.
Molte di queste persone sono morte mentre servivano il loro Paese e le loro comunità. Sono stati di esempio, e se quell’esempio non riesce a ispirare i soliti pochi chi se ne importa, andassero a cercarsi chi ci riesce, per quel che può fregarmene. Io non dimenticherò.
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