
(Mario Pomini – ilfattoquotidiano.it) – Ciò che dà più fastidio, ma forse è un fatto personale, dell’attuale governo di destra-centro e dei suoi esponenti, non è tanto la matrice ideologica conservatrice, ognuno ha legittimamente le sue idee, quanto piuttosto l’ostentata ipocrisia che consiste molto semplicemente nell’ignorare le recenti promesse elettorali.
Portato a casa il bottino elettorale ci si dimentica degli impegni assunti di fronte a milioni di elettori secondo il vecchio motto: scusate, abbiamo scherzato. Anche il prudente ministro Giorgetti è caduto in questa arrogante trappola retorica. Al giornalista che gli chiedeva se nella prossima finanziaria ci fosse posto per i pezzi forti promessi, il ministro se l’è tranquillamente cavata dicendo che la gara non è sui 100 ma sui 5.000 metri, intendendo con questo forse i cinque anni di legislatura. Prendere tempo, tergiversare e procrastinare è il nuovo stile della demagogia che si ritrova sbugiardata. Il motto governativo è diventato: faremo di sicuro ma più in là, senza indicare naturalmente nessuna scadenza temporale come se dovessero durare all’infinito.
I tre assi pigliatutto su cui il giornalista ha chiesto lumi sono lo stato di attuazione della flat tax, delle pensioni a 1000 euro al mese e del superamento della legge Fornero. Tre cose che, con buona pace degli elettori illusi, sicuramente non vedremo nella prossima finanziaria. Ma, e qui è l’elemento di genuina ipocrisia su cui mi sento di slanciarmi, non vedremo nemmeno nei prossimi venti anni, altro che corsa dei 5.000 metri. Perché questo pessimismo? Semplice, l’esperienza insegna. Raramente un brocco per molto tempo diventa improvvisamente un campione.
Concentriamoci sul paragone atletico proposto dal ministro e prendiamo in esame ognuna di queste tre proposte per capire l’effettiva lunghezza della gara politica. La flat tax è stata avanzata da Forza Italia ancora nel lontano 1994, se non vado errato. Quindi la corsa è cominciata molto tempo fa, possiamo dire che è una quasi maratona. Non è stata mai realizzata, nemmeno quando nel 2002 il debito pubblico era appena, si fa per dire, il 110% del Pil e la destra aveva una maggioranza schiacciante in Parlamento. Se la gloriosa flat tax per tutti non è arrivata ai tempi molto lontani di vacche abbastanza grasse in cui non c’era il Fiscal Compact (2012), con protagonista l’intramontabile prof. Tremonti ora passato tra le file meloniane per contingenze elettorali, possibile che arrivi ora? Si accettano scommesse.
Sulle pensioni a 1000 euro, il piatto forte del programma di Fratelli d’Italia per le elezioni del 2022, anche qui si tratta di una proposta vecchissima e mai onorata dalla destra. È toccato ancora a Berlusconi aprire la strada con la promessa di portare le pensioni minime a un milione di lire. Siamo ancora nel lontano 2002 e in effetti qualcosa il Cavaliere riuscì a fare per gli ultrasettantacinquenni. Poi il milione di lire promesso, con un ottimo cambio deciso dalle promesse elettorali, è passato a 1000 euro. Ma ancora oggi ci sono milioni di pensionati sotto i mille euro, forse per sfortuna lavorativa o anche perché hanno versato pochi contributi. Quindi anche qui siamo nel mezzo di una maratona. L’aumento delle pensioni minime è uno dei tanti specchietti per le allodole che la destra ha utilizzato ampiamente nei decenni e purtroppo con fortuna crescente. Altro che corsa da 5.000 metri!
La proposta meno longeva delle tre è naturalmente quella del superamento della legge Fornero sulle pensioni. Superamento costosissimo e impossibile che, tra l’altro, vede contrapposti educatamente il ministro Giorgetti, che vorrebbe invece seguire la vecchia linea Maroni, e il segretario del suo partito, il Don Chisciotte padano. Qui naturalmente si inizia dal 2012 e quindi effettivamente il tempo trascorso è minore. Salvini però la sua occasione di intervenire l’ha avuta. Nella finanziaria del Conte I per il 2019 erano a disposizione per riformare la Fornero ben 3.960 milioni, che diventavano 8.336 nel 2020 e altri 4.092 milioni per il reddito di cittadinanza. Mentre quest’ultimo bene o male è stato realizzato perché in fondo i grillini lavorano, la riforma delle pensioni è rimasta lettera morta, invischiata nel gioco delle quote e della incapacità di Salvini di gestire la complicata partita. Quindi possiamo dire che Salvini, pur avendo a disposizioni una somma che oggi si può tranquillamente sognare, ha miseramente fallito. Perché dovrebbe aver successo ora che la situazione economica è ancora più difficile?
La favola della corsa dei 100 e dei 5.000 metri di Giorgetti è una bugia grande come una casa, avrebbe detto il mio maestro delle elementari. Se in più di 20 anni la destra non ha mantenuto le sue promesse elettorali, credo che non basteranno a questo scopo i cinque anni che il ministro si è garantito. Il giornalista ha ragione a porre le sue scomode domande. Qualcuno dovrebbe avvisare il ministro che la gara, cominciata qualche decennio fa, è abbondantemente finita e che ben poco è stato realizzato, così da provare magari anche un’imbarazzata vergogna, cosa che gli darebbe un po’ di credibilità.
Rimane il fatto che, almeno in Italia dove gli elettori sono molto distratti forse dalle tv berlusconiane, le frottole rendono molto in politica, e questo è un problema serio.
Per risolvere questi problemi basterebbe sfruttare pienamente l’era digitale in cui viviamo ed introdurre, mediante votazione elettronica ogni sei mesi (6), la “fiducia al governo”.
Ogni cittadino munito di codice fiscale vota con un semplice si/no la permanenza in carica del governo, elettronicamente da csa e senza spese per il governo.
Troppo bello vero??
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e bravo se dicevano che il m5s non era democratico per le votazioni in rete!:-)
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Caro MarcoBo
In Italia il problema non sono i tempi né le modalità di verifica
Puoi fare verifiche ogni 3 mesi, 6 mesi, 3 anni, col voto elettronico, col voto cartaceo, col piccione viaggiatore, col pizzino; come vuoi.
Il problema in Italia è la scarsa sensibilità istituzionale per non parlare di vera e propria noncuranza; menefreghimo, se ti piace di più.
Basta solo vedere i dati in continuo calo di affluenza alle urne ; chi non va a votare non si rende conto di firmare una cambiale in bianco al potente di turno. che comunque al potere ci va, con o senza il suo consenso; altro che voto di protesta
Vai a votare, scrivi sulla scheda vaffanculo, ma vai a votare
Un altro grande problema è che parte di coloro che votano lo fa per tornaconto personale e/o di categoria, non è quindi interessato al bene pubblico, ma a che gli interessi propri e/o di categoria siano tutelati; e ci riescono, piaccia o no, ci riescono; a costoro le promesse le mantengono eccome!
In un paese civile e democratico le lobby dei taxisti e dei balneari, solo per citarne un paio con buona pace di qualcuno (lui si scrittore incallito di minkiate ) che mi definisce destrorso., non dovrebbero esistere.
Un altro grande problema è l’informazione attraverso cui si crea consenso tra l’opinione pubblica; tu ritieni che in Italia la qualità dell’informazione, con le dovute eccezioni, sia di buon livello nel suo complesso?
Altro garnde problema è di tipo culturale; quanti tra coloro che vanno a votare hanno capacità critica di giudizio e non lo fanno con spirito, passami il termine, da tifo da stadio?; quello a me piace e qualunque cosa faccia va bene; anche se poi fa delle cagate mondiali o me lo mette in quel posto.
Se ci pensi un attimo, la nostra classe politica non è il risultato di quanto scritto sopra?
Con questo non voglio dire che le categorie mensionate sopra vadano soppresse o comunque debbano essere impossibilitate a votare; sto semplicemente dicendo che l’esito non cambia.
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Occorre limitare il diritto di voto, se il 70% degli adulti legge un testo e non comprende(cit. De Mauro), figuriamoci un tg o un telecomizio…. test di comprensione, e vai con la tessera elettorale a punti…. troppo drastico? Non credo vista la situazione in cui versiamo
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Come ho sempre sostenuto: il fallimento della demo-crazia.
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Altro che cinquemila, giorgetto va per la maratona
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A ragionare con la pancia che brucia e si contorce per il nervoso sembra una buona idea quella di limitare il diritto di voto in base alla comprensione del testo; ragionando però a mente fredda non mi sembra tutto oro quel che luccica.
Prendiamo un caso di cronaca recente: Ignazio La Russa è uno che non credo abbia problemi di comprensione del testo, così come non credo abbia problemi di comprensione del Testo uno come Enrico Letta o Giuseppe Conte e così come altri
Ma come definiresti la sensibilità istituzionale, il rispetto per gli altri organi democratici da parte della seconda carica dello stato quando assolve il figlio in base ad una chiacchierata?
Questo solo per dirti che scolarizzazione/ istruzione da una parte e cultura dall’altra non sono la stessa cosa; ovviamente l’istruzione è basilare per avere cultura, mal la cultura non nasce solo dall’istruzione o comunque dalla capacità di comprensione di un testo è un qualcosa di ben diverso e più profondo.
Certo poi ci sono i Gasparri, i Salvini, ma non voglio di andare fuori tema.
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