Un paio di cose emergono con chiarezza. Che, esperto di strategia non soltanto militare, il generale Roberto Vannacci avesse previsto reazioni e conseguenze del suo “Mondo al contrario”. E che in Italia sopravviva, e ogni tanto […]

(di Antonio Padellaro – ilfattoquotidiano.it) – Salta il generale. E il libro diventa un best seller. Dai giornali

Un paio di cose emergono con chiarezza. Che, esperto di strategia non soltanto militare, il generale Roberto Vannacci avesse previsto reazioni e conseguenze del suo “Mondo al contrario”. E che in Italia sopravviva, e ogni tanto rialzi la testa, quella destra rupestre che affonda la radici nella subcultura da cui lo stesso fascismo seppe attingere, a piene mani, intolleranza e pregiudizio. Cominciamo dal protagonista che non sembra particolarmente turbato dall’inevitabile destituzione e che, anzi, risponde “gioviale, sereno e anzi divertito” (Repubblica) alle domande sulla canea provocata dalla sua fatica libraria. Seguiranno, prevedibilmente, ricorsi e controricorsi (non esclusa la richiesta di un pensionamento anticipato) anche se il pur prestigioso comando dell’Istituto geografico militare di Firenze non sembrava quello adatto a un pluridecorato più aduso agli scenari bellici che alle poltrone. Nel frattempo sembra scontato che il generale sarà sempre più impegnato sul fronte delle interviste e delle comparsate televisive (e delle domande su futuribili candidature magari già alle Europee del prossimo anno). E, dunque, grande successo di pubblico anche se non di critica, a parte il rompete le righe di qualche collega in divisa solidale fino al “me ne frego” di un colonnello Filomeni. Ed ecco il best seller propiziato da una astuta offerta (per così dire letteraria) in risposta a una non marginale domanda fondata su omofobia, sessismo e razzismo, sedimentata nei bassifondi della società e inespressa per quieto vivere. Corposi messaggi in proposito furono lanciati dalla destra sovranista nella sua fase arrembante (il Matteo Salvini scatenato contro le Ong che salvavano i disperati del Mediterraneo). Post presto dimenticati, una volta raccolti tutti i voti necessari, nella successiva fase della destra istituzionale e di governo (infatti la “sostituzione etnica“ del ministro Lollobrigida arrivò fuori tempo massimo). Adesso tocca a un generale pluridecorato (e apprezzato perfino da Rifondazione Comunista quando denunciò i pericoli dell’uranio impoverito per la salute dei suoi e dei nostri soldati impegnati in Iraq) sdoganare il becerume dei luoghi comuni evitando accortamente di citare la prevalenza di “froci e negri”, ma ci siamo capiti. Un argomentare che ricorda l’Alto Gradimento con gli sproloqui del generale Damigiani (Mario Marenco) e del camerata Catenacci (Giorgio Bracardi). Ma che pur tuttavia meriterebbe un’analisi più attenta sulle cause della persistenza di un mondo che si ritiene vittima del “pensiero unico”. Non a caso il Giordano Bruno evocato da Vannacci è lo stesso Giordano Bruno bruciato sul rogo a cui si è ispirato nel suo auto martirologio il De Angelis della Regione Lazio negatore della strage nera alla Stazione di Bologna. Infatti, una sinistra consapevole dei propri difetti dovrebbe interrogarsi sul successo editoriale di un testo autoprodotto (e che supera in classifica i libri di Michela Murgia in una sconcertante competizione tra opposti). Non sarà, per caso, che l’egemonia del politicamente corretto abbia generato un fallo di reazione di una fetta di opinione ormai insofferente ai dettami del catechismo etico- politico calato dall’alto? Fioccano invece da quei settori le richieste di ulteriori radiazioni, dimissioni, punizioni, censure che fanno venire in mente la bambina dell’ossessivo spot dolciario. Quella piantata davanti a uno scaffale che alla domanda della mamma su quale gusto preferisca risponde con un insopportabile: tutti!