
(di Roberto Demaio – lindipendente.online) – Gli Stati Uniti stanno prendendo in considerazione un patteggiamento che consentirebbe al fondatore di WikiLeaks Julian Assange di tornare nel suo paese natale. Caroline Kennedy, ambasciatore USA in Australia, ha riferito lunedì al Sydney Morning Herald che «potrebbe esserci una soluzione» per il caso Assange e la sua detenzione in Gran Bretagna, che dura ormai da quattro anni. Le dichiarazioni di Kennedy riaccendono la fiamma di speranza che sembrava essere stata spenta dal Segretario di Stato americano Antony Blinken, il quale a fine luglio aveva fatto intendere che gli Stati Uniti non avevano alcuna intenzione di ritirare la richiesta di estradizione per il fondatore di WikiLeaks. La “colpa” di Assange è aver fatto giornalismo d’inchiesta e aver pubblicato documenti che certificano gravi violazioni dei diritti umani. Se estradato negli Stati Uniti, rischia una condanna a vita in un carcere di massima sicurezza. Ma secondo Kennedy c’è un modo per risolvere tutte le controversie ed il Dipartimento di Giustizia sarebbe già al lavoro.
C’è ancora uno spiraglio per Julian Assange. La speranza si riaccende grazie alle dichiarazioni dell’ambasciatrice Caroline Kennedy, che quando le è stato chiesto se ritenesse possibile raggiungere un risultato diplomatico per gli Stati Uniti e l’Australia ha affermato che si trattava di “un caso in corso” gestito dal Dipartimento di Giustizia, aggiungendo: «Quindi non è davvero una questione diplomatica, ma penso che potrebbe assolutamente esserci una soluzione». Dichiarazioni che aprono a scenari diametralmente opposti rispetto a quello che emergeva dai commenti del Segretario di Stato Antony Blinken, che sempre alla stampa australiana aveva riferito: «Assange è stato accusato di una condotta criminale molto grave negli Stati Uniti in relazione al suo presunto ruolo in una delle più grandi compromissioni di informazioni riservate nella storia del nostro Paese. Le azioni che si presume abbia commesso hanno rischiato di danneggiare gravemente la nostra sicurezza nazionale a vantaggio dei nostri avversari e di mettere soggetti umani specifici a grave rischio di danni fisici o di detenzione. Capisco davvero le preoccupazioni e le opinioni degli australiani, ma penso che sia molto importante che anche i nostri amici australiani capiscano le nostre». Ma la “condotta criminale” di Assange non è altro che giornalismo d’inchiesta: il fondatore di WikiLeaks ha ottenuto e diffuso documenti che certificavano gravi violazioni dei diritti umani, delle leggi internazionali sui crimini di guerra, e di spionaggio ai danni degli alleati da parte del governo degli Stati Uniti d’America. Tuttavia, le conseguenze legali sono tutt’altro che indifferenti, visto che Assange si trova incarcerato nel Regno Unito da ormai quattro anni, ha perso il suo ultimo appello contro l’ordine di estradizione a giugno e se trasferito negli Usa rischia una condanna a vita in un carcere di massima sicurezza in virtù di 18 capi d’accusa nei suoi confronti.
Ma, secondo Kennedy, “c’è un modo per risolverle”. Alla domanda sulla possibilità che le autorità statunitensi possano concludere un accordo per ridurre le accuse in cambio di una dichiarazione di colpevolezza, ha risposto «Dipende dal Dipartimento di Giustizia». Gabriel Shipton, il fratello di Assange, ha dichiarato che «Caroline Kennedy non direbbe queste cose se non volessero [trovare] una via d’uscita». Don Rothwell, esperto di diritto internazionale dell’Australian National University, ha affermato che l’opzione più realistica è che le autorità statunitensi possano ridurre le accuse contro Assange in cambio di una dichiarazione di colpevolezza e tenendo conto dei quattro anni già trascorsi nella prigione londinese di Belmarsh. C’è un problema: il fondatore di WikiLeaks dovrebbe recarsi negli Stati Uniti per ammettere la colpa. Ma secondo Shipton si tratterebbe di una pessima idea in quanto sorgerebbe il rischio suicidio: «Julian non può andare negli Stati Uniti in nessuna circostanza». Su posizioni differenti Bruce Afran, avvocato costituzionale statunitense che ha dichiarato che “se un accordo viene raggiunto, Assange potrebbe anche non dover andare negli Stati Uniti per dichiararsi colpevole e che non c’è nulla che proibisca un appello durante la detenzione in Gran Bretagna, se tutte le parti acconsentono”.
Difendere Assange non significa difendere un singolo giornalista, ma l’intera libertà di stampa in tutto il mondo: un gruppo di ex procuratori generali australiani ha scritto al primo ministro dell’Australia Antony Albanese che «Gli Stati Uniti stanno applicando una azione di portata extraterritoriale accusando Assange, che non è cittadino statunitense e non ha commesso presunti crimini negli Stati Uniti, ai sensi del suo Espionage Act». Gli ex procuratori hanno poi aggiunto: «Riteniamo che ciò costituisca un precedente molto pericoloso e abbia il potenziale per mettere a rischio chiunque, in qualsiasi parte del mondo, pubblichi informazioni che gli Stati Uniti ritengono unilateralmente classificate per motivi di sicurezza».
Ma, speriamo che finisca tutto per il meglio per lui.
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Caroline Kennedy è la figlia JFK. E ho detto tutto. Per Assange credo che sia la salvezza. Se poi suo cugino RoberFK si dovesse candidare, ne vedremo delle belle.
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Di precedenti molto pericolosi in questi ultimi anni ne abbiamo visti tanti…
Speriamo bene per Julian.
Mi scusi, @Ronnie, ma temo che lei sia rimasto al piattino rappresentante Kennedy assieme a Papa Giovanni appeso nel salotto della nonna.
La storia e la biografia JFK e famiglia sono state tutt’altro, ormai si sa bene…
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Sì certo è cioè?
Ho avuto l’onore di essere un collaboratore di Gianni Bisiach, da poco scomparso fra l altro. Qualcosa ho imparato e saputo dei Kennedy nel bene e ne male (e anche di quel mito pompato attorno a Jacqueline).
Fino a 42-45 anni dai 25 anni circa ho studiato il “fenomeno” Kennedy, Joseph Joe compreso e ho incontrato brevemente John John a New York quando era nella proprietà di Esquire, o qualcosa de genere, nel 1993. Non gli ho parlato direttamente io, perché non ero e non sono nessuno, però mi colpì che ventilava la possibilità, un giorno, forse, se, ma etc di arrivare a candidarsi alla presidenza USA. Certo che aveva una bella presenza, ma arrivare alla presidenza la vedevo molto dura. Comunque sia poi ho perso interesse per i Kennedy, ma ciò non toglie che si possa sempre imparare. Non si finisce mai di conoscere fatti e persone. Per quello che conta fra noi comuni mortali. Oggi poi, che tutti dicono tutto e il contrario di tutto.
P. s. Come avrà capito che arrivare a 70 anni e sentire, dopo aver studiato quasi 20 ANNI l’argomento, di avere un opinione piattina di Kennedy… Mah! Può darsi. È un una bella mazzata.
Ah, pure di Papa Giovanni Buono, che sono pure un parente alla lontana. Ebbene sì è sono bergamasco di Carvico, non lontano da Sotto il Monte.
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“C’è un problema: il fondatore di WikiLeaks dovrebbe recarsi negli Stati Uniti per ammettere la colpa.”
NON ANDARE, Julian. 🙏🏻
«Gli Stati Uniti stanno applicando una azione di portata extraterritoriale accusando Assange, che NON è CITTADINO STATUNITENSE e NON ha commesso presunti CRIMINI negli Stati Uniti, ai sensi del suo Espionage Act». Gli ex procuratori hanno poi aggiunto: «Riteniamo che ciò costituisca un PRECEDENTE MOLTO PERICOLOSO e abbia il potenziale per mettere a rischio chiunque, in qualsiasi parte del mondo, pubblichi informazioni che gli Stati Uniti ritengono UNILATERALMENTE classificate per motivi di sicurezza».
Non hanno limiti. 🤮
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Sono sempre in attesa di leggere ” Assange libero'” sui Municipi d’Italia. Manco mezzo.
E sì che adesso si è liberato il posto degli striscioni di Patrick Zaki.
Forse se Assange avesse una famiglia queer…
Ma neanche questo, temo…
Rigorosamente etero, biondo, alto e pure un tempo belloccio: insomma, non sarà mica ” fascista,”?
Purtroppo così ci hanno ridotti…
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Temo che il problema sia un altro.
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tutto sommato gli è andata di qu10 che è carcerato in inghilterra. Fosse stato da noi, o evadeva come il russo (possibe) , o gli Hobbit lo avrebbero consegnato bello impacchettato ai loro padroni USA.
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Che poi, com’è scritto nella chiusa dell’articolo (diciamo nell’ultimo paragrafo, e val ben la pena di sottolinearlo), in tutto questo, quello che fa inca§§are a mille è il solito sempiterno atteggiamento da sceriffi nel mondo assunto sistematicamente dalla leadership statunitense di volta in volta, segnatamente da tutta una serie di Dipartimenti interni e menate varie sotto la valente guida dei singoli fenomeni di Presidenti vari.
Di voler fare, cioè, quel gran c4zz0 che par loro ovunque sul pianeta (e anche su corpi celesti limitrofi tipo la Luna, I presume) adducendo giustificazioni da asilo nido. Il diritto alla propria sicurezza ce l’ha chiunque, in teoria, dunque anche gli USA ma mica posson mettersi a disquisire sulla vita di un cittadino aussie che viene dalla land Down Under, che oltretutto ha fatto luce sulle schifezze degli USA e specificatamente di Bush Jr. in taluni paesi africani. È un’ingiustizia pazzesca!
Senza nulla togliere alla buona volontà della Kennedy, ma qui siamo a roba da medio evo, proprio Middle Age!
E come sempre il carnefice non chiede scusa, e nell’ingranaggio, sbudellato ci finisce qualcuno di volenteroso che ha solo fatto il proprio dovere in termini etici, e certamente qualcosa di buono.
Com’era? Unum castigabis, centum emendabis! (da Wikipedia. Non sono cólto al punto da saperla in latinorum pur avendolo studiacchiato al liceo, ma non volevo citare Mao, né le BR…)
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Certamente il problema è un altro, Anail, però ci si potrebbe almeno provare dandogli un po’ di visibilità….
Ma evidentemente non porta neppure un voto in più…
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