Il popolo delle partite Iva a sostegno del colpo di forbici che lascia “mani libere” sugli stipendi

ROMA – “Noi facciamo così, diciamo le cose in faccia: siamo contro questo veleno del reddito di cittadinanza”. Potenza, 22 settembre, chiusura della campagna elettorale del futuro ministro e cognato d’Italia Francesco Lollobrigida. Sul palco, dietro i simboli di Fratelli d’Italia, il presidente della Coldiretti Ettore Prandini annuisce più volte. E oggi può dirsi soddisfatto, dopo che il governo guidato da Giorgia Meloni ha di fatto ridotto in maniera drastica la misura voluta dal Movimento 5 stelle. Coldiretti da sola conta 1,6 milioni di iscritti e raggruppa il 70 per cento del milione di aziende agricole attive nel Paese. Un rapporto strettissimo, quello tra il ministro e i vertici della potente associazione degli agricoltori che da tempo chiede la revisione del reddito di cittadinanza perché non trova abbastanza braccia nei campi durante la stagione dei raccolti. Coldiretti è però soltanto una delle associazioni di categoria e dei “mondi” che ruotano anche attorno all’ampia platea delle 180 mila partite iva e delle 500 mila imprese nel settore turistico e della ristorazione, che hanno fatto un pressing forte su Fratelli d’Italia per cambiare la misura simbolo dei 5 stelle. Mondi che, dall’altro canto, sono stati e sono anche il riferimento elettorale del partito di Giorgia Meloni.

Una platea che plaude anche perché nulla vi è di concreto ancora sul salario minimo del quale pure si fa un gran parlare: il governo nelle prossime ore rinvierà l’intero dossier a settembre. “È chiaro che rispondiamo anche a chi ci ha sostenuto in qualche modo”, dice un deputato di peso di FdI.

Ad esempio tra i più agguerriti avversari del reddito c’è l’altra associazione degli agricoltori, la Confederazione generale dell’agricoltura che ha anche sostenuto Fratelli d’Italia con un versamento di 40 mila euro in campagna elettorale: “In molti casi alcuni giovani e meno giovani preferiscono rimanere a casa sul divano perché lo spread che c’è tra il reddito mensile offerto e il reddito di cittadinanza a loro dire non vale il lavoro”, diceva lo scorso aprile al Vinitaly il presidente Massimiliano Giansanti accanto al ministro Lollobrigida.

Soddisfatti della scelta del governo anche gli imprenditori del settore turistico e balneare. Il Twiga, lo stabilimento della ministra del Turismo Daniela Santanchè (che ha ceduto le quote al compagno Dimitri Kunz e al socio storico Flavio Briatore), ha sostenuto con 26 mila euro la campagna elettorale di FdI: Briatore nelle sue apparizioni tv ha attaccato più volte il reddito di cittadinanza anche a nome degli altri imprenditori del settore. “I giovani preferiscono il reddito di cittadinanza al lavoro, ma noi dobbiamo lavorare”, diceva il patron del Twiga. Ed eccolo accontentato dal governo in cui siede la sua “ex” socia.

Di certo la scelta dell’esecutivo trova il plauso di varie associazioni di categoria del settore. Soddisfatto il direttore generale di Confindustria Turismo, Antonio Barreca: “Avevamo chiesto anche agli altri governi, come quello guidato da Mario Draghi, di intervenire — dice Barreca — al nostro comparto mancano anche questa stagione 250 mila addetti: i giovani in età da lavoro non possono ricevere il reddito stando a casa. Apprezziamo molto l’iniziativa del governo Meloni”. Iniziativa che era stata sollecitata anche da un’altra potente e influente associazione di categoria, la Confcommercio guidata da Carlo Sangalli che lo scorso 7 giugno, durante l’assemblea generale e davanti al ministro del Made in Italy Adolfo Urso, aveva chiesto chiaramente di rivedere la misura. La risposta a caldo di Urso? Eccola: “Il problema dell’Italia sono i 3 milioni di giovani che non studiano e non lavorano. Devono sposarsi e procreare. Il reddito di cittadinanza è un danno al Paese”.

A questi mondi, insomma, Meloni si rivolge assecondando le loro richieste al costo anche di creare qualche tensione nella base del suo partito, soprattutto quella “sociale” che arriva dall’Msi e che non gradisce lo stop ad aiuti alle fasce povere alle quali il partito si è rivolto in passato.

Ma a questi stessi mondi prova a rivolgersi sul fronte opposto anche il presidente M5S Giuseppe Conte, che fa notare come sia proprio un’associazione di categoria, Confesercenti, “a lanciare l’allarme sul rischio di un calo dei consumi da un miliardo di euro a causa del taglio del reddito”.

Meloni tira dritto e intanto incassa gli applausi delle varie Coldiretti, Confagricoltura, Confindustria e dei Briatore che “devono lavorare”: l’importante, per tutti loro, è che lo Stato non fissi alcuna paga minima.