Revisione. Ecco il testo: colpo a enti locali e misure per i territori. Fitto: “I fondi li recuperiamo”. Ma l’Anci protesta: “Siamo basiti”. Il ragionamento in teoria ha una sua logica e il ministro Raffale Fitto spende un’ora a […]

(DI CARLO DI FOGGIA – ilfattoquotidiano.it) – Il ragionamento in teoria ha una sua logica e il ministro Raffale Fitto spende un’ora a ribadire il concetto ossessivamente: nessun progetto verrà cancellato, ma solo dirottato su altre fonti di finanziamento per evitare di perdere i fondi visto che le scadenze non potranno essere rispettate. E però resta solo una promessa. Intanto quasi 16 miliardi di euro destinati a nove grandi linee di investimento escono dal Piano di ripresa e resilienza. In gergo un “definanziamento”. E non sono progetti qualsiasi: si va dal dissesto idrogeologico (-1,3 miliardi su 2,5 totali) all’idrogeno, dalle “aree interne” fino ai beni confiscati alla mafia. I Comuni perdono 13 miliardi per le piccole e medie opere, per la rigenerazione urbana e per i Piani Urbani Integrati delle grandi città. “Ho parlato con il presidente dell’Anci Antonio Decaro”, prova a rassicurare Fitto. “Lo abbiamo appreso oggi e ci colpisce molto, i Comuni chiedono garanzie”, replica a stretto giro il sindaco di Bari, che evidentemente non si fa bastare le rassicurazioni.

La revisione del Pnrr, annunciata da oltre sei mesi, ha preso forma. Ieri la cabina di regia ha licenziato una prima bozza che, dopo interlocuzioni con Parlamento e soggetti coinvolti, verrà inviata (entro il 31 agosto) alla Commissione Ue, poi partirà un complesso negoziato. I fondi finiranno nel capitolo energetico RePowerEU (lo leggete nel pezzo a destra) che vale 20 miliardi. Se va bene, il negoziato non terminerà prima di fine anno.

Le modifiche a milestone e target del piano sono ben 144 e si dividono in tre tipologie: quelle formali; quelle che, sulla base dei ritardi, cambiano i progetti magari dirottando parte dei fondi su altri all’interno della stessa missione; quelle che prevedono proprio la cancellazione degli investimenti dal Pnrr. Tra le prime, per dire, c’è quella che rivede al ribasso il target di riduzione della “propensione all’evasione” rispetto al 2019 del 5% nel 2023 e del 15% nel 2024. Il governo spiega di non poter centrare l’obiettivo per i “segnali di deterioramento della liquidità delle imprese”. Tra le seconde ci sono molte linee ferroviarie dell’Alta velocità al Sud (Roma-Pescara, di fatto definanziata, la Napoli-Bari, la Palermo-Catania etc.) dove – solo per evitare uno scontro con Matteo Salvini – quasi 1,3 miliardi vengono spostati su altre linee (magari all’interno degli stessi tracciati). “Se Bruxelles non accetterà, valuteremo”, spiega sibillino Fitto.

Tra le terze rientrano, appunto, i progetti cancellati. La versione di Fitto è che si tratta soprattutto di progetti “in essere”, precedenti al Pnrr e inseriti solo per ridurre i costi di finanziamento, ma che o non centreranno i target temporali o non rispettano i criteri “green” della Commissione, come le strade (ed è curioso che lo si apprenda solo ora, dopo due anni).

Vengono così eliminati 6 miliardi per “la resilienza e la valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica dei Comuni”, tra cui rientrano la prevenzione e mitigazione dei rischi idrogeologici, la messa in sicurezza di edifici pubblici, di strade, ponti e viadotti e l’illuminazione pubblica. Sempre i Comuni perdono 110 milioni per il verde urbano ed extraurbano e 3,3 miliardi affidati al ministero dell’Interno per la “rigenerazione urbana” volta a ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale. Via anche i 2,4 miliardi dei “piani urbani integrati” nelle grandi città.

La parte più spinosa, che scatena le proteste dell’opposizione riguarda gli 1,3 miliardi tolti ai progetti per il dissesto idrogeologico, il giorno dopo l’annuncio di Giorgia Meloni di un nuovo “grande piano” sul tema. Fitto assicura che i progetti finiranno a carico del Fondo di sviluppo e coesione o del Fondo di coesione. Intanto però il governo vuol dirottare i soldi per la ricostruzione post alluvione in Emilia-Romagna. Spariscono anche 1 miliardo per la decarbonizzazione dell’Ilva, 724 milioni per servizi e infrastrutture sociali delle aree interne; 675 milioni per gli impianti innovativi e 300 per la “valorizzazione dei beni confiscati alle mafie” (“gravissimo”, protesta Libera). Forse, come assicura Fitto, verranno finanziati con altri programmi. Di certo, però, molti non entro il 2026.