Per i pm di Roma, l’ex ministro e attuale presidente del Cnel ha messo a segno una doppia cessione da 60 mila euro al suo collaboratore Paolo Narciso e alla compagna per poi eliminare le vecchie pendenze con l’erario. Indagati anche il notaio e il commercialista della compravendita

“Brunetta si è liberato dei debiti con il Fisco vendendo due volte le azioni della stessa società”. Ecco perché l’ex ministro è sotto inchiesta

(di Giuseppe Scarpa – repubblica.it) – Renato Brunetta ha venduto le quote della sua società due volte alla stessa persona. Una prima volta a un prezzo estremamente basso, 5 mila euro. La seconda volta, quando teoricamente le quote non gli appartenevano più, ad un importo 12 volte superiore rispetto alla prima operazione, 60 mila euro. Il denaro sarebbe poi servito a Brunetta, oggi presidente del Cnel, per pagare un sostanzioso debito con il fisco. Quindi chi ha concepito l’operazione l’ha fatto per aiutare l’allora ministro della Pubblica amministrazione.

A tutto ciò si aggiunge il secondo dato anomalo: l’acquirente era la compagna dell’allora vice capo di gabinetto di Brunetta nel periodo in cui lui era membro nel governo Draghi, Paolo Narciso. La compravendita è stata tenuta a battesimo dal notaio Claudio Togna e dal commercialista Canio Zampaglione. Tutti adesso sono indagati per falso e finanziamento illecito e hanno ricevuto l’atto di chiusura delle indagini.

I due professionisti si sarebbero dati da fare per mascherare la prima vendita e farla passare, successivamente, come un acconto. È questa la tesi dei pm Fabrizio Tucci Gennaro Varone e dei carabinieri del nucleo investigativo di via In Selci.

Inizialmente l’accusa era ben più grave. Si ipotizzava la corruzione. Ovvero i famosi 60 mila euro sarebbero stati una mazzetta pagata al politico. Ma non è mai emersa una contropartita concessa da Brunetta al suo vice capo di gabinetto, motivo per cui il Tribunale dei ministri ha bocciato la tesi degli inquirenti invitandoli a riformulare l’accusa.

Ma ecco la storia così come emerge dalle carte della procura. Partiamo dall’inizio, il 16 luglio del 2021 Brunetta cede alla compagna di Narciso la Wsua quota sociale del capitale della società Rem Research and Consulting srlW per 5mila euro. Da quel momento, l’allora ministro, non ha più la sua fetta della Rem.

Tuttavia il 5 ottobre, appena tre mesi dopo, Brunetta rivende le stesse quote della Rem Wall’Hsd holding smart Device srl di cui è titolare il suo vice capo di gabinetto e la compagna. Questa volta la cifra è molto più alta, si tratta di 60mila euro. I pm hanno pochi dubbi e nel capo d’imputazione scrivono che l’intera operazione ha “il solo scopo di creare un provvista per il pagamento del debito tributario di Brunetta”.

Ma come è possibile rivendere due volte allo stesso soggetto e a prezzi differenti le quote di una società? Di fatto è impossibile. Ma ecco che per avvallare l’intera partita – per gli inquirenti – il commercialista Zampaglione e il notaio Togna studiano l’escamotage: modificano gli atti e scrivono che i primi 5 mila euro erano in realtà la prima rata dei 60mila euro. La procura contesta per questo motivo anche il falso.

Per Brunetta “è stata una vendita regolare conclusa con chi aveva il diritto di comprare, la compagna del vice capo di gabinetto vantava un diritto di prelazione. Il prezzo? Congruo”. Il suo avvocato, il professore Franco Coppi, non ha voluto commentare gli approfondimenti di Repubblica.