
(ilfattoquotidiano.it) – Nei giorni scorsi Beatrice Venezi, la direttrice (o direttore, come preferisce essere chiamata) d’orchestra consulente del ministro Gennaro Sangiuliano, è stata sommersa dalle polemiche in Francia, dove una dozzina di associazioni hanno promosso una petizione per annullare il suo concerto, accusandola di essere una neofascista. Lei per tutta risposta li ha bollati come “miserabili” e a Lucca, in occasione del concerto per il centenario pucciniano, ha eseguito un fuoriprogramma che non lascia spazio a molte interpretazioni.
La Venezi ha chiuso il concerto di Lucca con l’Inno a Roma, brano musicato da Giacomo Puccini nel 1919 che durante il ventennio fascista conobbe una certa popolarità e nel Dopoguerra venne scelto dal Movimento Sociale Italiano come brano da utilizzare come colonna sonora dei propri eventi e raduni. Dunque una scelta molto connotata: “Spero che l’esecuzione di questo brano – ha detto la stessa Venezi – sia un invito per il Paese a riconciliarsi con la propria memoria storica e che l’arte e la cultura tornino al centro al di là delle posizioni politiche”.
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La venezi ha annunciato che farà un tour in Libia sulle note di :” Tripoliiiiii bel suol d’ amore sarai italiana al rombo del cannon!! Zum zum zum!”
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Un’altra riconciliazione vuole, questa?
Ci stanno “riconciliando” pure troppo… tra un po’ non riusciremo più a sederci.
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La Venezi è coerente con il governo in carica.
Brava ma Puccini era fascista?
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Più che altro, come ben si sa, era fascista Orazio col suo Carmen saeculare.
Venezi è una direttrice come ne abbiamo tante/i, modesta: non tutti si chiamano Abbado .
Anche ai tempi di Abbado ( scelto dai Berliner non certo per il suo essere ” di sinistra”!) c’era la contrapposizione gossipara di chi di musica non capiva un cappero ( particolarmente praticata nel nostro Paese, che alla conoscenza della musica ha da tempo abdicato) tra destra (Muti) e sinistra ( Abbado appunto), dove il secondo veniva esaltato dai ” rossi” mentre il primo dai ” neri” indipendentemente dalle loro performances.
Karajan era nazista, Furtwaengler pure, per non parlare di Wagner, che noi Italiani non abbiamo capito: troppo complesso. Insomma, vivi o morti che fossero, sempre questione di etichetta, troppa fatica entrare nel merito e tutto serve alla propaganda dei boccaloni, che non mancano né di qua né di là.
A noi piace lo zum- pa- pa’ , abbiamo l’inno nazionale che ci meritiamo e che ci rappresenta perfettamente.
E a Puccini ( troppo raffinato e poco schierato) ci oppongono da tempo una indigestione di Verdi, perfetto esempio di musica propagandistica: facile facile, piena di preghiere, acuti altisonanti ( basta che si urli…) con donne continuamente piangenti, preganti e morenti , benché a volte Traviate – ma pentite in punto di morte, e pronte a sacrificarsi per la carriera del maschietto. L’eroe cattolicissimo e popolare in un Risorgimento sempre in odore di laicità.
Come al solito, tutto questo polverone porta acqua al mulino del soggetto protagonista, la signora Vincenzi. Della quale ben pochi saprebbero se i giornali non si fossero buttati a pesce su una performance che sarebbe rimasta circoscritta ai pochi presenti. Che magari, come è successo spesso a me e a chiunque ami la musica, quel pezzo di Puccini l’hanno ascoltato più volte ma al fascismo non hanno mai pensato, e nemmeno studiando Orazio a scuola.
Solita martellata sui cabbasisi…
Dopo le liste di proscrizione nei confronti degli artisti, degli atleti, degli intellettuali e musicisti russi, bielorussi, serbi, e tempo presto cinesi, arriverà quella dei musicisti italiani?
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