Forza golpe: all’improvviso Prigozhin divenne santo. Da politici, “esperti” e giornalisti tutti pronti alla lezioncina contro i “pacifinti” e a salire sul carro (armato) della terribile Wagner di sanguinari neonazisti

(DI LORENZO GIARELLI – ilfattoquotidiano.it) – Il golpe della Wagner è rimasto a metà, sospeso tra la rapidissima avanzata verso Mosca iniziata nella notte di venerdì e la mediazione col Cremlino e Minsk di 24 ore più tardi.

La fretta imposta dai social e dagli articoli online ha comunque tradito una certa (effimera) esaltazione da parte di chi, dimenticando di colpo gli orrori della formazione para-militare di Evgenij Prigozhin, per qualche ora ha reso l’avanzata della Wagner una vittoria personale, un vanto da rinfacciare ai “pacifinti”, un motivo di gioia al fine di cacciare Vladimir Putin, al costo di ignorare il curriculum di chi sarebbe arrivato al suo posto e gli effetti della conseguente instabilità. Non a caso nei titoli dei ritratti, Prigozhin è finito per essere un rassicurante “cuoco”, un “venditore di hot dog” e poco altro.

Talvolta il paradosso è diventato cortocircuito, per stessa ammissione dei protagonisti. È accaduto per esempio su Repubblica, dove due giorni fa, Concita De Gregorio ha dato voce alle proprie perplessità nel suo editoriale “Quali sono i buoni”: “Ho letto e riletto il pezzo di Rosalba Castelletti (sua collega al quotidiano, ndr) su Prighozin, il cosiddetto ‘cuoco’ di Putin che non hai mai cucinato niente in vita sua. (…). Questo vizio di approssimare le definizioni scegliendo le parole più corte, quelle che entrano nei titoli, è un problema, perché se dici cuoco poi la gente pensa che sia un cuoco, quello che fa il colpo di Stato. Ho riletto, dicevo, perché la vita di questo tizio è un tale crescendo di infamie che se fosse stato davvero il cuoco di casa che, pulite le mani sul grembiule, saliva sul carrarmato a fare il golpe, sarebbe risultata la sua una storia più credibile, una favola per bambini. Non è un cuoco, è un assoluto criminale”. Motivi per cui De Gregorio spiega di “non aver tratto alcun sollievo dalle analisi su un eventuale trionfo della Wagner”, circostanza che invece nelle stesse ore sembrava aver entusiasmato molti colleghi. Criminale per criminale, instabilità per instabilità, meglio provare a farla passare come una conferma delle proprie tesi.

È sabato mattina quando il direttore del Foglio, Claudio Cerasa, assistendo all’avanzata, twitta la propria rivalsa: “Dicevano che la Russia era invincibile. Che aiutare l’esercito ucraino era suicida. Che le milizie di Putin erano inscalfibili. Che sostenere Kyiv con le armi significava solo prolungare la guerra. Ore brutte per i cavalli di troia del putinismo. Disorientati e smarriti: panico”. Ma guai a pensare a un’errata valutazione, infatti è lo stesso Cerasa, due giorni dopo, a ricondividere il messaggio della giornalista Cecilia Sala, lasciando intendere che avesse capito tutto molto prima di chiunque altro: “Come si diceva, quello che Prigozhin voleva dal principio. Non un affronto diretto a Putin, non una marcia su Mosca, ma una posizione negoziale molto forte per ottenere un sì a una richiesta, rimuovere i suoi nemici, a cui Putin gli aveva risposto no”.

Il cronista Jacopo Iacoboni (La Stampa) usa l’ironia: “Arriveremo al Cremlino in tre giorni. O era Kiev?”. E ancora: “Serataccia, per i troll filorussi in lingua italiana”. Per lui invece è una gran giornata, quella dell’avanzata della Wagner: “A questo punto urge qualche osservatore italiano che ci spieghi ancora che la Russia sta vincendo, che senza la trattativa di pace la guerra non finirà mai, che la controffensiva ucraina non funziona, che la colpa della guerra è della Nato. E magari che Wagner è pagato dalla Cia”. Prigozhin insomma spazza via tutti i dubbi sul conflitto.

Federico Fubini, vicedirettore del Corriere, ha la sua sentenza: “Non avrei mai creduto di vivere fino al giorno in cui avrei sentito Prigozhin smentire Orsini e tanti altri ‘esperti’ italici su: 1) Minaccia dell’allargamento Nato all’Ucraina come causa della guerra; 2) ‘Genocidio’ da parte dell’Ucraina nel Donbass come seconda causa”.

D’altra parte, come non pendere dalle labbra di Prigozhin? E infatti Marco Taradash, già europarlamentare radicale, sfotte: “Caracciolo Orsini Ovadia Donatella Di Cesare Generale Mini Belpietro Porro Travaglio Montanari Santoro Daniela Ranieri Capuozzo ecc. ecc. avevano previsto tutto questo vero? #Prigozhin”. E di nuovo, lanciando la rassegna stampa: “Sveglia! C’è in corso un dubbio tentativo di colpo di Stato in Russia (è il bravo Prigozhin) e, questa una certezza, Stampa e Regime alle 7:35 su Radio Radicale, ed è sabato. Pierluigi Battista, oggi all’Huffington, ridacchia: “Voglio tv star in pensione, vignettisti con vignette brutte, ospiti chiacchieroni, esperti di geopolitica abusivi e cinquestellisti putiniani scagliarsi contro il traditore Prigozhin”.

Mentre poi la testata Open racconta “l’addio da eroe” di Prigozhin a Rostov, il suo editore Enrico Mentana analizza sui social la giornata: “Il Golem Prigozhin si è rivoltato contro il suo creatore, nel momento in cui ha capito che stava per essere ‘normalizzato’ dai capi delle forze armate. Le brigate che sono state decisive nelle ‘guerre sporche’ di Siria, Libia e molti Paesi africani non si sottomettono a coloro al posto dei quali hanno combattuto. E il loro capo sfida addirittura il Cremlino, prima con la denuncia dei falsi pretesti della guerra, compresi i massacri di civili da parte delle truppe di Kiev nel Donbass (tanto care ai finti pacifisti de noantri), poi col racconto delle ritirate precipitose dell’esercito regolare russo sulla linea del fronte, e infine denunciando il tentativo di annientare i Wagner col fuoco amico di bombardamenti selvaggi”. Mentana avvisa che “Prigozhin non è un novello Spartaco” ed è stato “feroce e duro finché è rimasto nelle grazie di Putin”. Solo fino ad allora? A giudicare dal tenore dei giudizi, pur in così poco tempo, pare di sì.