Ladro, ex detenuto, venditore di salsicce, oligarca, signore della guerra, troll, direttore d’orchestra dell’armata killer: così il più vecchio amico di Putin lo ha tradito. È lui. Proprio lui: Evgeny Viktorovich, il suo più vecchio amico, a […]

(DI MICHELA A. G. IACCARINO – ilfattoquotidiano.it) – È lui. Proprio lui: Evgeny Viktorovich, il suo più vecchio amico, a essere diventato il suo nuovo, più grande nemico. Prigozhin è l’agente del caos che ha sferrato la più grande sfida al potere di Vladimir Putin da quando è al potere. Alleato e avversario del presidente russo. Ladro, ex detenuto, chef, oligarca, signore della guerra, troll, attentatore, traditore, direttore d’orchestra di un’armata killer chiamata Wagner. Prigozhin è uno, nessuno, centomila: 25mila sono invece i mercenari che dice di guidare contro il Cremlino. Sono tutti pronti a morire per lui, intima il Joker della storia russa in marcia su Mosca.
I natali poveri e la delinquenza
Il Giuda personale di Putin è nato nel 1961 nelle viscere più povere delle Federazione, figlio di San Pietroburgo proprio come il presidente. Il mondo, per i primi anni, Prigozhin lo vede a strisce: quelle delle sbarre della prigione dove, ladruncolo ventenne, viene rinchiuso nel 1981 per rapina. La pena a 12 anni di galera la sconta quasi tutta, ma una volta fuori dalla cella, trova solo macerie sovietiche. L’Urss è crollata. Da quelle rovine, da quel caos, Prigozhin il Joker, impara subito a pompare influenza, potere e rubli. Si reincarna nei decenni a venire in imprenditore prima di salsicce, poi di fake news e infine di pallottole e morte, in questo specifico ordine.
Dalle salsicce alle armi: prima la propaganda
Per colpa di un hot dog. È stato proprio il cibo a renderlo inizialmente l’apostolo più fedele dell’uomo che ieri ha definitivamente sfidato e tradito. Prima di investire in soldati privati ed essere battezzato “chef della morte”, la stampa lo chiamava “cuoco di Putin” per le sue catene di supermercati e ristoranti. Se nei primi ci potevano entrare tutti, la soglia dei locali di lusso che metteva in piedi sulle rive della Neva la potevano varcare solo quelli che potevano permetterselo. E potevano permetterselo – negli anni 90, quelli che i russi chiamano anni dei banditi – solo gli amici dell’allora vicesindaco della città, un uomo che stava imparando come lo chef a galleggiare nel disastro della sconfitta della Guerra fredda: Vladimir Putin. Cene di gala, tra broccati e cristalli, Prigozhin le organizza per quel circolo pietroburghese che si assicurerà il controllo delle risorse e del destino intero del Paese. Persino per il presidente americano Bush.
Dopo i ristoranti ci sono state le fake news: lo chef crea la fabbrica dei troll di Pietroburgo, accusata dal Tesoro degli Stati Uniti di tentativo di influenza nelle elezioni americane nell’anno in cui la corsa viene vinta da Trump. Della sua armata fantasma Wagner messa in piedi nel 2014, l’anno in cui scoppia la rivolta di Maidan, Prigozhin ha per anni negato l’esistenza, mentre i mercenari al suo comando combattevano e uccidevano in Libia, Siria, Africa. Nei teatri di guerra oltre confine, a spedire lo chef, era sempre il presidente: Putin si fidava, lasciava arrivare il suo amico ovunque, allattandolo dalla mammella segreta del Cremlino, con fondi che lo hanno reso sempre più ricco.
Il conflitto in Ucraina: il troll di Telegram
È stato il conflitto contro Kiev a trasformare il signore della guerra e delle ombre, che in quel buio c’è stato sempre comodo, nell’uomo che adora i riflettori. Non è solo la Wagner a venire completamente alla luce con le battaglie in Donbass, ma anche il suo proprietario, che dal campo, sguardo barbaro, divisa ed elmetto, ha cominciato a diffonde bollettini quotidiani per sfidare non Zelensky, ma, uno dopo l’altro, tutti i Gerasimov, maggiori e minori, della Federazione. Mentre il ministro della Difesa russa Shoigu diventava sempre più silente e trasparente, Prigozhin diventava sempre più imminente: un juke box di minacce seriali agli alti vertici militari, “incapaci” perché non esaudivano le sue richieste e condizioni. In Ucraina lo chef si è trasformato in troll, affilando un’altra delle sue armi più potenti: il suo canale Telegram consultato da milioni di persone, ormai citato dalle agenzie internazionali più dei comunicati ufficiali della Duma, capace di piegare la versione delle antenne della propaganda del Cremlino, lente e impreparate. Le carceri russe sono state un altro bacino della sua ricchezza: per arruolare uomini da spedire in prima linea contro gli ucraini Prigozhin ha scavato proprio come ha saputo fare con le miniere in Africa, in cerca di diamanti. La Wagner, grande armata privata in principio composta da veterani dell’esercito russo, è diventata un gigante bellico grazie a ex galeotti come il suo fondatore, che ha promesso libertà e gloria a chi combatteva col suo teschio in petto.
La storia si ripete come tragedia: il tradimento
Nella Federazione la storia si ripete la prima volta come tragedia, la seconda come farsa e la terza come Prigozhin: il salsicciaio, macellaio di hot dog ed esseri umani, il cappellaio matto armato fino ai denti, sedicente liberatore del popolo che ora solo in nome del popolo russo combatte. Nella sua ultima reincarnazione il figlio delle strade affamate di San Pietroburgo si propone come difensore del cittadino comune, bastione contro la corruzione e la burocrazia delle élite.
Sfidando la memoria di chi ricorda le sue origini, compromessi, crimini, amici, diffonde da mesi l’ultima versione di se stesso e si racconta nemico degli ultramiliardari della Rublyovka, il quartiere dei tycoon di Mosca, quelli che hanno finora pagato, arricchito e ingrossato il Joker russo, che tiene sotto scacco Mosca, non il suo arsenale nucleare, ma una cosa al pari così pericolosa: l’immagine dell’invincibilità del presidente.
L’alleanza con i circoli del potere che contano
Il vecchio amico di Putin non si sa quanti nuovi amici e alleati abbia già trovato nei circoli chiusi del potere russo che pubblicamente lo disprezzano, nei servizi segreti dell’Fsb che vogliono arrestarlo, tra la Guardia nazionale che lo perseguita. Ma quanti si interrogavano su quale fosse la linea del fronte in Ucraina per Prigozhin stavano guardando la mappa sbagliata: nel mirino non aveva Kiev, ma Mosca.
Il cameriere del presidente non vuole più allungare il piatto come in quella vecchia foto, ma sedersi allo stesso tavolo della cena di gala. Niente in queste ore è certo se non questo: il conto delle feste al ristorante, trent’anni dopo, per Putin, si è rivelato troppo salato.
Non finirà o suoi giorni sul letto di casa. Masaniello ? Mah…un personaggio da romanzo d’avventura ? Un fumetto fantastico noir ? Di sicuro la realtà supera di gran lunga la fantasia .Credo che l’epilogo sarà molto drammatico con il truce bifolco sulla forca.
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Aveva già la lista del menù fatta da Bidet…..è tornato indietro perchè se l’era dimenticata a Kiev!
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Qualcosa è andato storto nei bonifici …
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