Buona parte dei media italiani non ha mai capito nulla del Beppe Grillo politico. Tale ignoranza dipende ora da una effettiva mediocrità (il livello è quello che è) e più spesso da una strategia […]

(di Andrea Scanzi – ilfattoquotidiano.it) – Buona parte dei media italiani non ha mai capito nulla del Beppe Grillo politico. Tale ignoranza dipende ora da una effettiva mediocrità (il livello è quello che è) e più spesso da una strategia consolidata: quella del “dàgli all’untore”, ovvero l’assioma di base secondo cui – a prescindere – tutto quello che ruota attorno al M5S ha la rogna. E dunque è ontologicamente colpevole.

È sempre stato così. Sin dalla nascita del blog di Grillo (2005) e dai primi due V-Day (2007 e 2008), l’informazione italiana è andata troppo spesso a tentoni, ora gridando “al lupo al lupo” e ora sbagliando puntualmente qualsivoglia analisi. Sta capitando anche in queste ore con Beppe Grillo, crocifisso per non aver detto niente di che durante la manifestazione (colpevole di troppo successo) di sabato. Grillo, ancor più negli ultimi due anni, da molti “giornalisti” è trattato così: celebrato quando non ne imbrocca una, lapidato quando non ha colpe (e magari ha pure ragione). Inutile tornare sui suoi virgolettati (effettivi) di sabato: non c’era nulla di vagamente forte. Chi parla – sul serio! – di “cattivo maestro” o “apologia della lotta armata” è deficiente, oppure un professionista sontuoso della disonestà intellettuale.

È tutta una tattica: quando Grillo delirava di Draghi e Cingolani “più grillini dei grillini” era un ex saltimbanco divenuto di colpo una persona seria e avveduta (come no). Ora che torna quello che quasi sempre (per fortuna e per talento) è stato, ovvero un notevolissimo pungolatore della letargica coscienza italica, ricominciano a tratteggiarlo come un serial killer a piede libero.

Il livello generale è davvero sconfortante, e per capire perché la categoria giornalistica sia così malvista basta anche solo leggere tre secondi le Tortora & i Cappellini (sempre ammesso che qualcuno li conosca). Oppure, in un parossismo di masochismo putrescente, leggere le perle di Libero, che ieri sparava in prima pagina un aulico “Il buffone e la tonta”. Era anche il titolo dell’editoriale di Sallusti, che – a dispetto delle previsioni – non parlava di se stesso e della santa donna che si è presa di recente la briga ma forse non il gusto di sposarselo. Va da sé che, per l’agiografo del santo subito pregiudicato Berlusconi, il “buffone” è Grillo (che lo prenderà giustamente come complimento) e la “tonta” Elly Schlein. E qui sta il vero tema politico. Se gli attacchi a Grillo fanno parte del gioco, e tutto sommato a lui e ai 5 Stelle portano benissimo (il M5S muore quando si annacqua e prolifera quando divide), gli insulti ad alzo zero alla segretaria Pd dipendono da un aspetto fondamentale: per la prima volta da quando ha vinto contro pronostico le primarie, la Schlein ha fatto (finalmente) una cosa da Schlein. Ovvero appoggiare la manifestazione 5 Stelle e spostare l’asse del pachidermico Pd verso sinistra. Renzi, Calenda e tutta quella masnada tremebonda di pseudo-riformisti (in realtà spietatissimi renziani) ancora dentro il Pd hanno gridato all’eresia? Benissimo. Questi feticisti del disastro servono solo a perdere e riempire le pagine di giornali che pochi comprano e nessuno legge.

I D’Amato (chi?) se ne vanno? Meglio così: speriamo che lo seguano in tanti. Di danni, questi centrini figli di un Matteo minore, ne hanno già fatti anche troppi: che vadano pure a dar manforte (?) al sempiternamente caricaturale Calenda. Se Schlein fa la moderata, dura meno di un Marattin in tangenziale. Se Schlein fa la Schlein, può riuscire in un’impresa impossibile: dimostrare che sul Pianeta Sinistra c’è ancora vita. Con Conte, Grillo, Bersani, Fratoianni e chi avrà voglia (e si meriterà) di starci.