MISSIONE BAU – Il presidente ha chiesto ai questori di valutare la proposta di Biancofiore: portare al lavoro gli animali domestici. La richiesta, pelosissima, è arrivata sul tavolo dei questori del Senato ormai una ventina di giorni […]

(DI ILARIA PROIETTI E PAOLA ZANCA – ilfattoquotidiano.it) – La richiesta, pelosissima, è arrivata sul tavolo dei questori del Senato ormai una ventina di giorni fa. Affidamento diretto del presidente Ignazio La Russa, che di questa storia – vedremo più avanti – ne ha ormai le orecchie piene. Chiede, il numero due di Fratelli d’Italia, che venga risolto un problema complicatissimo: trovare, tra le maglie del Regolamento di palazzo Madama, un appiglio, una crepa, che permetta ai senatori di portare il loro animale domestico sul posto di lavoro.

Per i fortunatissimi cani e gatti che potrebbero godere dei soffitti a cassettoni e degli arazzi alle pareti sta lavorando, da tempo, la senatrice Michaela Biancofiore, capogruppo dei centristi che comincia a trovare sfiancante il doversi assentare ogni giorno – più o meno dalle 13 alle 17 – per occuparsi di Puggy, l’amata carlina già nota alle cronache per aver avuto una mezza liason con Dudù (il barboncino maltese di casa Berlusconi) e aver partecipato alle Ugopiadi, le olimpiadi di razza. Così, Biancofiore si è fatta portatrice di un sogno, quello che probabilmente coltiva la miriade di italiani che ospitano in casa uno (o più) dei 62 milioni di pet attualmente residenti sulla penisola: portarlo al lavoro con sé, senza preoccuparsi della gestione dell’accudimento nelle lunghe ore di permanenza fuori casa.

Nei corridoi di Palazzo Madama, la senatrice porta avanti da tempo questa battaglia, che personalissima non è. Per dire, all’attenzione di La Russa, l’ha portata anche la sua assistente parlamentare, Camilla Bianca Mattioli, che pure amerebbe farsi accompagnare al lavoro dal fidato segugio. Così, dai e dai, La Russa si è convinto a ufficializzare la richiesta, rimettendo ai poveri questori l’ardua decisione. Perché un cavillo nel Regolamento, ragionano a palazzo Madama, si può pure trovare. Ma poi chi si occuperà delle conseguenze? Tradotto, se anche dicessimo sì, chi pulirebbe i bisognini che certamente gli animali lasceranno in giro? E soprattutto: chi avrebbe il compito di badare a loro mentre senatrici e senatori sono impegnati in Aula? La questione è seria, ché nessun contratto di lavoro attualmente vigente può comprendere le mansioni di un pet sitter. E ci manca solo che si aprano contenziosi per un bau di troppo.

L’istruttoria è tutt’ora aperta. Solo che, ben consapevoli della complessità di un “sì”, i questori hanno altrettanto chiare le maledizioni che produrrebbe un “no”. Non solo nelle dirette interessate, ma pure nella “lobby” animalista che dentro le Camere è perfino più attiva che fuori: ci sono 32 proposte di legge sui membri “d’affezione” delle famiglie (dai divieti dei regolamenti condominiali fino al diritto all’abbaiare e al miagolare), c’è un intergruppo parlamentare ricostituito anche per questa legislatura e presieduto dall’agguerrita Michela Vittoria Brambilla, c’è – nel complesso – una sensibilità così spiccata da farsi questione lessicale.

È ancora Biancofiore, qui, a darci una lezione. Proprio lei che “dal giorno in cui il presidente Mattarella le ha conferito l’incarico” non fa che “commuoversi a ripetizione” per l’ascesa a Palazzo Chigi di Giorgia Meloni, su una cosa non può transigere: “Underdog”, si è chiamata la premier. “Letteralmente al di sotto di un cane – traduce dall’inglese in aula Biancofiore – . Su questo avrei molto da dissentire, visto che i cani e gli animali in generale sono spesso migliori e più dignitosi delle persone”. Chissà che non stia pensando a qualcuno dei colleghi che adesso dovranno fare spazio, questori permettendo, alle cucce e alle lettiere.