
(Pina Onotri – ilfattoquotidiano.it) – Dopo quasi 10 anni di politiche di austerity, restrizioni e definanziamenti, il Servizio Sanitario Nazionale è arrivato stremato all’appuntamento inatteso con la pandemia.
L’Italia, tradizionalmente accreditata nel mondo per il suo servizio sanitario pubblico (nel 2000 eravamo al secondo posto in Europa dopo la Francia), ha pagato un prezzo altissimo di vite – sia nella prima che nella seconda ondata – per la generale impreparazione del sistema nei confronti di un evento pandemico che ci ha colpito come uno tsunami nei primi mesi del 2020, con una violenza che ha sbigottito il mondo. I motivi di questo fallimento, che peraltro non ha riguardato solo il nostro paese, sono molteplici. Un piano pandemico obsoleto e non aggiornato, poche risorse umane e organizzative, in particolare nei settori delle cure primarie e dei servizi di prevenzione, assenza di linee guida e pochi mezzi a disposizione e definanziamento continuo.
Un sistema regionalizzato della sanità che non ha contribuito, a sua volta, a dare una risposta valida e coordinata all’emergenza.
Poteva essere questo shock l’occasione da cogliere per potenziare l’assetto sanitario nazionale sia sotto il profilo delle risorse umane, sia rispetto alle strutture edilizie e tecnologiche; una mano in questo senso ci è stata tesa dall’Europa con i fondi del Pnrr, di cui una parte pare, a quanto dicono i media, sarà dirottata per l’acquisto di armi.
Invece basta dare un’occhiata alla tabella sulla spesa sanitaria pubblica 2022-2025 per rendersi conto che la tendenza dei prossimi anni sarà quella di un ulteriore, progressivo definanziamento del SSN e di una forte penalizzazione del servizio pubblico.

E noi sappiamo che un rapporto Pil/spesa sanitaria uguale o vicino al 6% l’offerta sanitaria non è più sostenibile.
Il nuovo Esecutivo ha ereditato questa situazione, e non solo non vi pone rimedio ma spinge verso l’autonomia differenziata, accelerando un processo cominciato con il governo Gentiloni. Sull’autonomia differenziata delle Regioni si è pronunciato l’ufficio Bilancio del Senato con un documento intitolato “Il costo dell’autonomia differenziata” in cui si esaminano le criticità del ddl Calderoli, avanzando dubbi sulla possibilità di riuscire a garantire i LEP (Livelli Essenziali di assistenza) in tutto il paese in modo uniforme e provoca frizioni nel governo
È evidente che ci troviamo di fronte a un piano inclinato destinato a produrre l’ulteriore e completa dissoluzione del SSN, così come era stato ideato è voluto al momento della sua istituzione, e cioè un servizio di welfare universalistico, pubblico, gratuito. L’elemento preoccupante è l’apparente rassegnazione – al contrario di quanto accade negli altri paesi – dei cittadini, degli operatori, delle forze politiche di fronte a questo scenario, destinato ad acuire le disuguaglianze nella nostra società in attesa che qualcuno un giorno annunci formalmente che la gloriosa storia del SSN si è conclusa.
Invece ognuno di noi dovrebbe essere in grado di stimolare le coscienze, di creare intorno a se un movimento di opinione per chiedere a gran voce una controriforma, che abolisca la menzione al pareggio di bilancio introdotta in Costituzione nel 2011, modifica che fu approvata in soli sei mesi, lì dove leggi importanti stazionano nelle aule anche venti anni. Sei mesi in cui furono fatte le quattro letture parlamentari previste in tempo di record ed approvate a larga maggioranza, anche con il voto delle opposizioni.
Il pareggio di bilancio va a comprimere diritti incomprimibili, secondo la Corte costituzionale: il diritto alla salute, il diritto all’istruzione il diritto al lavoro sicuro e retribuito.
Per non parlare della riforma del titolo V che, dando alle regioni autonomia legislativa e la possibilità di dettare norme di rango primario, ha contribuito a creare 21 sistemi sanitari diversi che viaggiano a velocità diverse e l’autonomia differenziata, attualmente in discussione, acuirà ancor di più il solco. Non è più tempo dell’indifferenza.
Insomma, secondo questo brav’uomo in Italia è impossibile un miglior utilizzo delle risorse, na riduzione dei parassiti che vivono di politica e bla bla bla ed un aumento della produttività e della ricchezza : la soluzione è consentire che il deficit pubblico continui a crescere, come se non bastassero i livelli attuali. Brillante
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Lo si dice perché lo si accetti meglio
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CRESCE LA DISUGUAGLIANZA TRA I PIÚ RICCHI E I PIÚ POVERI DEL PIANETA- Viviana Vivarelli.
Il dominante capitalismo liberista ha impresso alla forbice della disuguaglianza un ampliamento mai registrato in precedenza.
Il capitalismo si arricchisce ormai con ogni forma di crisi.
Viene la pandemia e c’è chi fa i miliardi coi vaccini. C’è la siccità e ci guadagnano gli speculatori di Borsa. Arriva una alluvione e c’è chi ci fa lauti affari. E non parliamo della guerra che genera nuovi oligarchi! Più aumenta la miseria dei molti, più pochi magnati, super privilegiati aumentano i loro forzieri.
Così, per il pazzesco arricchimento di una classe di privilegiati, lamaggior parte dell’umanità cade in un progressivo immiserimento economico.
Ma, se per caso, in una Nazione, si fa avanti qualcuno che tenta di porre riparo a questa disintegrazione economica e sociale, ecco che grandi potenze intervengno subito per bloccare un aumento di democrazia e di aiuti ai cittadini, infiltrando Giuda traditori, facendo campagne massicce di squalificazione e calunnia, comprando forze politiche, intervenendo con i servizi segreti, financo col colpi di stato, finché le nuove speranze non saranno menomate e distrutte. È innegabile che il neoliberismo capitalista sta distruggendo il mondo, impoverendo i popoli e spingendo milioni di disperati a emigrare. E questo mentre le grandi multinazionali aumentano i loro profitti stratosferici, con una concentrazione della ricchezza mai vista prima.
Esaminando il bienno 2020-2021, il Rapporto Oxfam ci dice oggi che l’1% più ricco della Terra si è accaparrato quasi 2/3 della nuova ricchezza generata, mentre le principali 95 multinazionali energetiche e agro-alimentari hanno più che raddoppiato i loro profitti. Per ogni 100 dollari di nuova ricchezza prodotta, 63 dollari sono andati all’1% straricco e appena 10 al 90% più povero, mentre i restanti 27 dollari ai restanti ricchi, pari al 9% della popolazione mondiale
In termini reali, in 2 anni, l’1% degli ultraricchi ha registrato un incremento dei propri patrimoni pari alla stratosferica cifra di 26.000 miliardi di dollari, una volta e mezzo il Pil della Cina.
Persino la pandemia, secondo la Banca Mondiale, ha prodotto sul 40% più povero dell’umanità, perdite di reddito doppie rispetto a quelle subite dal 40% più ricco.
L’eccezionale incremento della concentrazione di ricchezza risulta frutto sia della compiacente azione dei governi che della politica monetaria non convenzionale delle Banche Centrali, il “Quantitavie Easing” (QE), tramite il quale le stesse hanno immesso una enorme massa di liquidità nei propri sistemi monetari, ufficialmente per favorire la ripresa economica e far salire il tasso di inflazione intorno allo strategico obiettivo del 2%, in realtà per arricchire ancor più i patrimoni dei miliardari.
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CRISI E MORTE DEL SISTEMA SANITARIO ITALIANO- Viviana Vivarelli.
Non ci crederete, ma nel 2.000 eravamo secondi in Europa per sistema sanitario. Oggi siamo al 16° posto e ultimi tra i Paesi del G7 e in via di grave peggioramento.
Negli ultimi anni, i vari governi, di dx come di sx. non hanno fatto che tagliare e privatizzare la sanità pubblica per arricchire quella privata (non solo Fontana o Zaia ma anche Monti, Renzi e Draghi), finché i 2/3 della sanità lombarda e un terzo di quella veneta sono stati privatizzati (e i danni li abbiamo visti col caos e le carenze della pandemia), con un Sud sempre più deprivato e carente e costrett a mandare i propri malati in altre Regioni, mentre cominciava il delirio infinito delle lunghe attese per le analisi, dei posti mancanti negli ospedali, degli incubi dei pronto soccorso, problemi che non hanno fatto che peggiorare.
Non si dica, a questo punto, che i sindacati o i partiti di centro o sinistra hanno cercato di arginare il disastro, perché i sindacati sono stati nulli nella difesa degli eroici che combattevano negli ospedali o negli ambulatori contro il contagio e le cui situazioni lavorative sono addirittura peggiorate, mentre lo stesso Renzi del Pd si proponeva di azzerare la sanità pubblica, riversando tutto sul privato, il che voleva dire che l’Italia passava al sistema americano in cui solo chi si può permettere una lauta assicurazione sanitaria sopravvive e il resto crepa.
Oggi, con il liberismo folle e irrazionale di Giorgetti, andiamo anche peggio. Ma gli elettori hanno riconfermato persino quel totale incapace di Fontana, per cui non resta che sp@r@rsi.
Quando è arrivato il Covid, ha colpito noi per primi in Europa, trovandoci impreparati e senza linee guida contro la pandemia e con una sanità già allo sfascio, tanto che Conte ha dovuto inventarsi un sistema per far fronte a una situazione mai vista prima, sistema che è stato copiato dal resto d’Europa e per il quale è stato molto elogiato, mentre, paradossalmente, i suoi avversari non hanno trovato di meglio da fare che portarlo in Tribunale con una causa finita in nulla e ridicolizzata da tutta l’Europa.
Quando lo stesso Conte lottò fino allo stremo per avere aiuti dall’Europa e ottenne 209 miliardi a basso tasso di interesse di cui 80 a fondo perduto, tutti pensammo che gran parte di questi sarebbe stata impiegata per migliorare la sanità e riportarla agli antichi livelli. Ma niente di tutto questo è accaduto. Anzi, col Governo Meloni, è avanzata la tesi delle autonomie differenziate, per cui ogni Regione sulla sanità farebbe come le pare e avremo 21 sistemi sanitari diversi, il Nord riprenderebbe la sua avanzata verso una privatizzazione della sanità, mentre il Sud cadrebbe in una mancanza ancor più cronica di fondi.
La guerra ucraina ha peggiorato ancor più le cose. Tra inflazione, caro-bollette, crollo del Pil, decreti vari e maggiori spese militari, la guerra in poco più di un anno ha già prodotto per l’Italia dei costi superiori ai 209 miliardi del Pnrr.
Uno si aspetta, a questo punto, che il Governo cerchi di migliorare le cose. Invece basta dare un’occhiata alla tabella sulla spesa sanitaria pubblica 2022-2025 per rendersi conto che nei prossimi anni si prevedono nuovi tagli alla sanità pubblica. Apparentemente sembra che il Governo abbia messo qualche miliardo in più, in realtà questi non coprono l’aumento di spesa dovuto all’inflazione.
Nel 2009 si si spendeva per la sanità pubblica il 7% del Pil. Ora rischiamo di scendere sotto il 6%. (Un punto di Pil l’anno di margine di manovra vale circa 1,8 miliardi di euro). Ma se ci avviciniamo al 6% l’offerta sanitaria non è più sostenibile.
Il Governo Meloni purtroppo agisce al contrario e spinge verso l’autonomia differenziata col decreto Calderoli, mentre l’ufficio Bilancio del Senato ha già calcolato che con l’autonomia differenziata lo Stato non garantirà i Livelli minimi Essenziali di assistenza in tutto il Paese.
Insomma, stanno distruggendo il sistema sanitario nazionale, così come era stato concepito dalla Costituzione, come servizio di welfare universalistico, pubblico e gratuito.
In qualunque Paese questo succedesse (vd la Francia con l’aumento dell’età pensionabile) la gente scenderebbe in piazza. In Italia, non solo tutto dorme, ma ogni tipo di votazione porta acqua al mulino della destra, il che è come se un condannato votasse il suo boia.
Tutti dormono, cittadini, associazioni, sindacati, partiti, liste civiche… tutti dormono il sonno della morte in attesa che il sistema sanitario nazionale scompaia del tutto.
Noi non moriamo per le pandemia, i disastri naturali, le guerre… noi moriamo per l’inerzia della stupidità che permette il dominio dell’arroganza e dell’incapacità fatte padroni.
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