BOMBE E DIPLOMAZIA – Il colpo di mano. Crosetto vuole una direzione agile per gli armamenti dipendente da lui. Lo stop dei M5S. Ecco l’artiglieria mandata a Kiev

(DI ALESSANDRO MANTOVANI E MARIO PORTANOVA – ilfattoquotidiano.it) – Si è aperto uno scontro politico sulla decisione del ministro della Difesa Guido Crosetto di creare un’autonoma Direzione generale degli armamenti, separandola dal Segretariato generale che è il vertice-tecnico amministrativo e ponendola alle dirette dipendenze del ministro e del capo di Stato maggiore. Non può che allarmare chi guarda con preoccupazione al crescente impegno italiano nella fornitura di armamenti all’Ucraina. Una direzione apposita è uno strumento più agile per le forze armate ma anche per questa sorta di guerra per interposti ucraini che si combatte a ridosso del confine orientale dell’Unione europea o per altri scenari bellici che potrebbero configurarsi. Per il governo è un intervento “strategico” per migliorare “efficacia e prontezza”.

L’incarico Un nuovo posto da 240 mila euro annui

Nell’idea di Crosetto la nuova Direzione armamenti dovrebbe essere guidata da un civile quando al Segretariato generale c’è un militare, un generale a quattro stelle, come accade attualmente con il generale Luciano Portolano; da un generale se il segretario generale è un civile. Sarà un incarico da 240 mila euro lordi annui. Circola il nome di Luca Andreoli, ufficiale dei carabinieri da anni al ministero sotto diverse amministrazioni, oggi a capo di Difesa Servizi Spa che gestisce il rilevante patrimonio della Difesa, ma al ministero di via XX Settembre smentiscono. Il progetto esiste da anni, almeno dal 2017 quando alla Difesa, sia pure in un contesto internazionale diverso, c’era Roberta Pinotti del Pd, anche lei piuttosto sensibile agli interessi dell’industria delle armi. D’altro canto un sistema simile esiste anche altrove, in particolare in Francia e nel Regno Unito, alle cui tradizioni militari certamente si ispira la destra italiana.

Ieri la questione è esplosa perché la norma che spacca il Segretariato generale, lasciandogli la direzione del personale e poco altro, era comparsa nella notte fra gli emendamenti governativi al decreto legge Pubblica amministrazione. Il solito miscuglio. Un analogo emendamento dei parlamentari Alessandro Urzì e Marta Schifone di Fratelli d’Italia era stato già ritirato. Pd e Cinquestelle hanno protestato, il Pd soprattutto per il metodo. Il governo ha ritirato l’emendamento. Il M5S ha incassato ma denuncia la “deriva bellicista di questo esecutivo e la sua vicinanza alla lobby delle armi” con i capigruppo nelle commissioni Difesa, Marco Pellegrini e Raffaele De Rosa. Per loro è “ancor più inquietante” che il futuro direttore degli armamenti possa “essere anche un dirigente civile di fiducia del ministro della Difesa, con evidenti rischi di conflitto di interessi vista la passata attività di Crosetto a capo dell’associazione delle industrie belliche”.

Il blitz notturno è saltato, ma Crosetto annuncia “un provvedimento ad hoc” che in parte potrebbe essere un decreto ministeriale o finire nel decreto sugli enti locali e ricorda che la nuova Direzione “è allo studio da anni”, citando Pinotti ma anche Elisabetta Trenta del M5s che invece lasciò da parte il famoso Libro bianco della Difesa. Il ministro definisce Pellegrini e De Rosa come “inclini alla diffamazione” e sostiene che l’incarico a un civile “è l’esatto opposto di qualsiasi presunta ‘militarizzazione’ e di ogni logica ‘bellicista’”.

La lista “segreta” Batterie antiaeree, obici e blindati

Siamo intanto a sette decreti per la fornitura di armi all’Ucraina, tutti segreti a differenza di quelli di altri Paesi che però non è detto che rendano noto tutto. L’elenco delle dotazioni italiane, certamente non esaustivo anche perché proveniente per lo più da fonti aperte e dall’osservazione sul campo, l’ha diffuso in questi giorni Oryx, un blog specializzato in questioni militari realizzato da due analisti olandesi, Stijn Mitzer e Joost Oliemans, e definito dalla rivista statunitense Forbes “la fonte finora più affidabile sul conflitto in Ucraina”. Il pezzo pregiato è certamente il Samp/T Mamba, un sistema contraereo di media portata, sviluppato congiuntamente da Italia e Francia, trasportato su un grande camion e in grado di abbattere aerei e missili balistici tattici.

Nella lista ci sono blindati lanciamissili, obici semoventi, pezzi di artiglieria, mortai pesanti, cingolati e camion per il trasporto truppe, lanciagranate, bazooka, mitragliatrici, munizioni di vario tipo, “armature” antiproiettile per i soldati. L’Italia ha inviato in Ucraina anche una batteria di missili Aspide e una di missili Spada, tutti dotati di sistemi radar. Sul fronte dell’artiglieria, finora determinante nell’andamento della guerra, la lista include il cannone trainabile FH-70s da 155 millimetri. Alle truppe di Kiev sono stati garantiti una sessantina di obici semoventi M109z con cannone da 155 mm, sei PzH2000s di fabbricazione tedesca, due lanciamissili cingolati M270A1 di fabbricazione statunitense. Il catalogo dei mortai pesanti comprende il 63s e da 120 mm e il cannoncino mobile MO-120-Rts, di fabbricazione francese. Ci sono poi armi leggere maneggiate dai militari sul campo, come i noti lanciarazzi Stinger, il lanciamissili anticarro Milan, il lanciarazzi PanzerFaust, mitragliatrici Mg e M2. E ancora, i blindati per il trasporto dei soldati Lince, 11 Shields e numerosi autocarri Iveco. L’articolo degli analisti olandesi ha un titolo ironico, “Fucili, non gnocchi: l’aiuto militare italiano all’Ucraina”, ma dalla lista si evince che i militari di Kiev mangiano anche italiano, visto che cita razioni di cibo preconfezionato.

“Credo che i governi italiani, da Draghi a Meloni, abbiano tenuto il segreto su queste forniture più per ragioni interne che per nasconderle ai russi, che ovviamente sanno cosa c’è sul campo”, commenta Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne della Rete italiana disarmo. “Immagino che il governo Draghi volesse risparmiarsi pressioni da due fronti. Da quello pacifista per aver inviato armi, da quello militarista per aver inviato anche roba vecchia. È grave che il governo Meloni abbia continuato su questa linea, perché rende difficile capire quale sia il vero coinvolgimento dell’Italia nel conflitto”.