
(SIMONE CANETTIERI E VALERIO VALENTINI – ilfoglio.it) – La segretaria alle prese con il voto in Europa del suo gruppo destinato comunque a spaccarsi, ma a seguire le indicazioni della Commissione. E intanto la leader compare su Instagram: “Mettetevi comodi, siamo solo all’inizio”
“Non è accettabile, per noi”, dice. Ed è per questo che non si opporrà. Un controsenso? Certo. Ma sempre meglio che andare contro un muro. E insomma per non finire in minoranza a Bruxelles ha dovuto deludere la sua maggioranza a Roma. Il paradosso di Elly Schlein, l’enigma in cui il nuovo corso del Pd resta inviluppato, sta proprio qui: nell’essere costretta a fare esercizio di realismo e dunque a tradire, o quantomeno ad annacquare, lo slancio iconoclasta che l’ha vista trionfare ai gazebo.
Ed è così che alla fine, sull’Ucraina, la leader dem ha approvato, benché stando attenta a non intestarsela in prima persona, la linea suggerita da chi, come Alessandro Alfieri, in segreteria rappresenta la minoranza: “Non possiamo che dire di sì, sull’uso dei fondi del Pnrr per le munizioni”. Che poi è la stessa tesi, in fondo, che Lorenzo Guerini ha espresso ai vertici del Nazareno già giorni fa: “Anche se nel merito possono esserci riserve, c’è un dato politico: il Pd non può isolarsi in Europa su un tema decisivo come quello della guerra”. E dunque sì, alla fine il Pd, nella plenaria di oggi al Parlamento europeo, voterà a favore del nuovo regolamento su armi e Pnrr, ma cercando di non darlo a vedere. E consentendo che, tra i 16 membri del gruppo, almeno tre si astengano e uno si esprima contro.
Gli astenuti saranno Achille Variati, Pietro Bartolo, Franco Roberti (ballano anche le certezze dell’ex grillina Daniela Rondinelli e di Camilla Laureti, che in questo cortocircuito di ambiguità è l’unica del gruppo ad aver sostenuto la segretaria alle primarie). Il dissidente è Massimiliano Smeriglio, a Strasburgo come indipendente. E non sarà, certo, una grande immagine di compattezza da esibire, ma è forse il compromesso più indolore che si potesse trovare nella logica della riduzione del danno. Che è poi la sola che Schlein abbia potuto, o voluto, seguire in questi giorni. Perché se è vero che è in nome della radicalità che è stata eletta segretaria dal pueblo della sinistra, è pure evidente che è col ricorso a una doppiezza che è quasi ipocrisia che è costretta a tenere le redini del partito nel perenne appaio e scompaio, ormai griffe della casa.
Per questo l’altro giorno quando si è collegata in videoconferenza coi suoi eurodeputati, ha esordito dicendo: “Voglio ascoltarvi”. Gli eurodeputati tribolati da tensioni interne che rischiavano di deflagrare, credevano – sperandolo o temendolo a seconda dei casi – che la segretaria avrebbe pronunciato parole di chiarezza. Invece Schlein s’è limitata a registrare le varie posizioni lasciando che la scelta cadesse sull’ipotesi avanzata da Irene Tinagli e benedetta dal riconfermato capogruppo Brando Benifei: votiamo sì, in coerenza coi compagni socialisti, ma consentendo qualche distinguo.
E così andrà.
Nonostante la gran parte della nuova segreteria, dal responsabile Esteri Peppe Provenzano in giù, avrebbe gradito un atto di rottura: un’astensione collettiva, l’uscita dall’Aula. Ma le pressioni a quel punto sono state tante. Di Guerini, s’è detto. Debora Serracchiani e lo stesso Alfieri, che al Nazareno ha la delega al Pnrr, hanno fatto il resto. Con un paragone che suona curioso: così come noi diciamo alla destra che ratificare il Mes è un dovere ma questo non impone certo all’Italia di accedervi, così col nuovo regolamento europeo. “Ci sono paesi, come i Baltici o la Polonia, per i quali potenziare le difese militari è una necessità vitale, vista la vicinanza della Russia”, hanno spiegato.
E dunque, ecco la trovata. Nel giorno stesso in cui il Pd, a Bruxelles, si unirà al gruppo dei socialisti nell’approvare il regolamento – sia pure dopo avere presentato degli emendamenti di bandiera per impedire il ricorso all’uso del Pnrr e dei Fondi di coesione per gli armamenti, come a dire: ci abbiamo provato – il Pd incalzerà il governo al Senato per ottenere la garanzia che no, l’Italia non dirotterà neppure un euro del Recovery sulla produzione di nuove munizioni. Esito scontato, se è vero che il Question time è stato definito con un sotterraneo lavoro di sponda tra Pd e FdI, i cui vertici temono un’eventuale operazione corsara in chiave pacifista di Matteo Salvini in tandem con Giuseppe Conte. E a quel punto, dunque, Schlein potrà venire a capo di questo pastrocchio dicendo: “Visto? Abbiamo convinto Meloni a non finanziare la guerra coi soldi del Pnrr”. Che è poi, in sostanza, quello che la segretaria ieri ha lasciato intendere nel corso di una diretta Instagram.
Dieci minuti dal suo profilo come accadde per la formazione della segreteria, e non da quello dell’istituzionale Pd, per dare innanzitutto un segno di vita dopo la batosta delle amministrative, seguita da un’arietta di processo. E dunque “il cambiamento non è un pranzo di gala”, ha detto. Aggiungendo: “Mettetevi comodi, abbiamo un lavoro lungo da fare. Noi non ci fermiamo. Abbiamo da ricostruire una prospettiva dando speranza al paese. Facciamolo tenendo botta”.
E poi si passa all’escamotage trovato dalla segretaria del Pd: d’accordo con tutto il Pse oggi saranno presentati due emendamenti per scorporare la spesa militare dal Pnrr e dai fondi di coesione. Il primo sicuramente non passerà, il secondo è incerto. Una volta che saranno bocciati gli emendamenti, il Pd voterà a favore dell’aumento della capacità della produzione delle armi con i soldi del Pnrr e dei fondi coesione. Un tema che fa ballare il Pd in cui già si parla di ricandidature. A questo proposito il commissario all’Economia Paolo Gentiloni, parlando con i suoi amici, scherza su alcuni retroscena: “Non ho ancora deciso cosa fare da grande, ma so che non farò il parlamentare europeo”.
SAREMO SOLO ALL’INIZIO MA NON VEDIAMO NE’ LA DIREZIONE NE’ TANTOMENO LA META.
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