Svaniti i due obiettivi Usa di far fallire l’economia russa attraverso sanzioni e di espellere la Federazione dal novero delle grandi potenze, sul campo lo scontro è ancora ìmpari. Il conflitto in Ucraina viene spesso definito come una guerra […]

(DI PINO ARLACCHI – ilfattoquotidiano.it) – Il conflitto in Ucraina viene spesso definito come una guerra di posizione, di trincea, più simile alla Prima che alla Seconda guerra mondiale. La guerra di posizione si distingue per la sua brutalità, dove a pesare sul risultato sono il numero di morti nel campo di battaglia causati soprattutto dalla potenza del re delle stragi, l’artiglieria.
I fattori che contano nelle guerre di posizione non sono gli armamenti disponibili all’inizio dello scontro, ma quelle che vengono chiamate le capabilities dei contendenti: la popolazione, il territorio, l’apparato industriale, le fonti di energia, le risorse naturali. Cioè l’hardware che consente di finalizzare verso lo sforzo bellico le risorse di un Paese.
È per questo che non c’è vera partita nello scontro tra la Federazione russa e l’Ucraina, anche se dietro quest’ultima si è schierato l’Occidente euroamericano. Le forniture di armamenti dalla Nato non saranno mai sufficienti a colmare un gap a favore della Russia che va dal due a uno nelle perdite in battaglia, dal cinque a uno nella popolazione, dal sette al dieci nell’artiglieria, e dal sedici al cinquanta nel resto delle capabilities.
È vero che si possono detenere risorse immense senza essere capaci di usarle o senza volerle usare, ma non è questo il caso della Russia di oggi. Essa condivide con l’Ucraina la convinzione di lottare contro una minaccia per la propria stessa esistenza che le impone di mettere in ballo tutte le sue forze. Ma, a differenza dell’Ucraina, la Russia è una grande potenza dotata di un micidiale arsenale nucleare, di un grado di autosufficienza economica senza uguali (detiene oltre il 20% delle risorse naturali del pianeta), e di una tradizione di invincibilità che risale al Diciottesimo secolo e che le ha consentito di fare a pezzi invasori del calibro di Napoleone e di Hitler.
Minacciarla fin quasi dentro i suoi confini come hanno fatto gli Stati Uniti dopo la fine dell’Urss tramite l’espansione della Nato non è stata una buona idea, ma una ricetta per il disastro attuale, annunciato tra l’altro dai più autorevoli leader occidentali che hanno guidato la Guerra fredda.
Lo scontro in corso non è tra Russia e Ucraina. Se fosse così, esso sarebbe terminato da un pezzo o non sarebbe mai arrivato al confronto militare. Nessun governo ucraino avrebbe mai osato provocare la Russia massacrando l’etnia russa del Donbass e poi concludere un falso accordo a Minsk garantito dalle potenze europee, se queste non lo avessero spinto in quella direzione.
È quanto rivelato candidamente dalla signora Merkel, da François Hollande e da altri: abbiamo mentito a Putin firmando un accordo che non avevamo intenzione di rispettare, con il solo scopo di guadagnare il tempo necessario per armare l’Ucraina.
La reazione armata della Russia è stata certamente un eccesso di legittima difesa che ha fatto in un certo senso il gioco degli antagonisti occidentali. Ma è difficile ipotizzare, viste le circostanze, un percorso alternativo per Putin. Dopo il febbraio dell’anno scorso, infatti, sono via via venuti alla luce i tre obiettivi di fondo degli Stati Uniti, da perseguire con o senza il consenso degli alleati: la disfatta della Russia nel territorio di una Ucraina da trasformare in un bastione occidentale, la rovina dell’economia russa tramite sanzioni e confisca di beni detenuti all’estero, l’espulsione della Federazione Russa dal novero delle grandi potenze.
A quindici mesi dall’inizio della guerra, è chiaro che il secondo e il terzo di questi obiettivi si sono rivelati impossibili da raggiungere.
L’economia russa ha resistito senza grandi sforzi, ed è l’Europa che ha patito l’autogol della rinuncia al gas russo.
Lo standing della Russia presso i tre quarti del mondo è rimasto tale e quale o si è rafforzato, assieme alla sua amicizia con la Cina. E dopo la leva di 300mila uomini, dopo il miglioramento delle tattiche di guerra russe lungo quest’anno, e dopo la caduta della città-simbolo di Bahkmut a opera dei contractors russi senza l’aiuto dell’esercito regolare, anche la sconfitta di Mosca in Ucraina si è rivelata una chimera.
È evidente che l’Ucraina ha raggiunto e superato il culmine nella mobilitazione delle proprie capabilities, soprattutto in termini di popolazione e di numero di combattenti, mentre la Russia è solo all’inizio di un trend di potenziamento.
I militari americani già da mesi consigliano di seguire strade alternative alla vittoria militare, perché a questo punto non si può più escludere che avvenga il contrario di quanto desiderato da media e governi occidentali: una continuazione in Russia dei fiaschi statunitensi in Afghanistan, Iraq, Libia, Siria.
Governi e media occidentali non parlano più di vittoria ucraina. Washington ha iniziato a diffondere proprio in questi giorni l’idea di una cessazione delle ostilità senza accordo di pace, senza negoziato diplomatico: un frozen conflict tipo Corea che può trascinarsi a tempo indefinito, e che lasci gli spazi attuali nelle mani di chi li controlla.
Ciò significa che la Russia può incorporare le quattro province che già occupa, pari al 23 per cento del territorio ucraino, più le altre quattro a Ovest di quelle già occupate e che intende conquistare nei prossimi mesi, prima del cessate il fuoco.
Se ciò accade, il 46 per cento del territorio ucraino – circa l’intera area russofona – apparterrà alla Russia. L’Ucraina diventerà uno Stato smembrato e sull’orlo del fallimento, mantenuto in vita dal denaro e dalle armi dell’Occidente. La Russia dovrà sopportare l’ingresso dell’Ucraina nella Nato e il rischio continuo di una ripresa delle ostilità, come appunto avviene nei frozen conflicts. E l’Europa continuerà a pagare il prezzo della sua discesa nella tomba di un impero americano seppellito da un mondo divenuto ormai multipolare.
Come sono bravi i grandi strateghi americani ! Non avendo nulla da perdere e tutto da guadagnare hanno finalmente distrutto l europa , come disse la grande stratega ” fuck the europe ” la signora non dovrebbe avere mai più la possibilità di entrare in Europa , giusto per cominciare a capire chi sono i veri nemici.
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L’analisi di Arlacchi è seria e non una boutade di un qualsiasi Orsini, eroe del libero pensiero suo malgrado. Tuttavia come tutti coloro che ho letto si sono fatti abbindolare dalla propaganda russa non meno di quanto noi siamo costretti a digerire quotidianamente dalla propaganda NATO. Arlacchi non tiene conto di due fattori decisivi in ogni analisi geopolitica: il tempo e il contesto. Dal 2014 è in corso la guerra civile in Donbass e Putin aveva già ottenuto il rientro della Crimea nel territorio della Federazione Russa. La minaccia NATO è roba da propaganda iterna: su questo bisogna essere chiari. Gli USA storicamente non hanno mai rispettato nessun accordo con le loro controparti, basta chiederlo ai nativi d’America. Quando si dissolse l’Unione Sovietica era già pronta la strategia d’espansione della NATO verso est, non per fini geomilitari ma per fornire una ragion d’essere alla NATO che dal 1991 era diventata una obsoleta e costosa reliquia della guerra fredda. La seconda guerra mondiale di fatto terminò nel 1991 con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, unico obiettivo strategico di quel conflitto. Hitler decise la guerra in Europa unicamente in chiave anticomunista ed antisovietica: il problema con il dittatore nazionalsocialista è stata la questione ebraica. Se il caporale austriaco si fosse limitato a leggi razziali stile italiano, probabilmente avrebbe potuto diventare il campione antisovietico del capitalismo liberale. Sbagliò a causa del suo suprematismo razziale e per l’avidità di prendersi le enormi ricchezze accumulate da quasi duemila anni determinata dalla ghettizzazione cristiana degli ebrei. Ritornando al 1991 la Nato secondo l’asse Berlino-Parigi era inutile ma la cricca neoconservatrice post reaganiana e i teorici troskisti dei circoli neocons erano d’opinione differente: speravano tramite la NATO di accedera alla grandiosa ricchezza mineraria russa alle multinazionali anglofone dell’enrgia e delle materie prime. Con Eltis funzionava abbastanza bene perché era il prototipo del piacione russo: vodka, coca, donne e cibo di lusso. Quando arrivò Putin le cose inziarono a cambiare. L’avvertimento del sommergibile K-141 Kursk convinse Putin a sedere intorno al tavolo con il G7. Ci volle la capacità di uno straordinario uomo d’affari come Mister B., accreditato sia dalla massoneria sia dalla criminalità organizzata, per convincere tutti della opportunità di trasformare il G7 in G8. Questa straordinaria operazione geopolitica permise d’annientare il movimento noglobal sul nascere. Putin s’arricchì al punto che riuscì a costruire una solida classe intorno a lui con la stessa visione tradizionalista russa e diplomatica di scuola KGB. Purtroppo però la crisi finanziaria del 2008 fece scoppiare la contraddizione fondamentale del modello globale neoliberista a capitalismo finanziario: la Cina comunista reggeva il gioco dell’occidente pompando con capitale fresco solidamente garantito da un sistema industriale spaventosamente produttivo. I comunisti cinesi avevano il pallino in mano, loro malgrado. Putin capì che doveva affrancarsi dalla cricca anglofona e avvicinarsi alla Germania e alla Cina. Non era facile far digerire Pechino ad una classe dirigente sostanzialmente europea che guardava con profonda e storica diffidenza all’arte di governo orientale. Fu l’ingordigia della banda clinton-biden ha sparagliare le carte con la rivoluzione arancione ucraina del 2014. Il dipartimento di stato rispolverò la dottrina kissinger, vincente in America Latina negli anni 70 che sconfisse l’azione rivoluzionaria castrista in America del Sud: appoggiare senza se e senza ma i movimenti politici nazifascisti in contrapposizione alle forze socialdemocratiche o socialcomuniste. L’Ucraina divenne un ircocervo politico: ideologia socialnazionale (ossia la stessa di Hitler e del suo regime) dentro una democrazia di stampo liberale che aspira ad entrare nell’UE. Un simile obbrobrio era destinato al fallimento e subito scoppiò la guerra civile. L’asse Berlino-Parigi riuscì a cammuffare la situazione con gli accordi di Minsk e Putin sembrava soddisfatto della Crimea e della costante influenza militar-culturale nel Donbass, l’area più ricca e produttiva dell’Ucraina. Inoltre l’ex funzionario del KGB stava aprendo la dominanza in medio oriente grazie alla follia occidentale di sbarazzarsi di Assad attraverso il terrorismo integralista sunnita. A dicembre 2019 arrivò il Covid e nulla fu come prima: tutti gli egoismi nazionali presero il sopravvento soprattutto la frenetica ed ossessiva necessità di mantenere profitti alle stelle senza modificare il sistema produttivo e di consumo ed assicuare la universale copertura sanitaria a 8 miliardi di individui. Putin pensava che avrebbe potuto trovare un accordo con il G7 e la NATO anche in chiave anticinese. Lo sputnik era già pronto a giugno 2020 per essere distribuito: Trump non era in grado di impedire a BigPharma di fare l’affare del secolo. La vaccinazione di 8 miliardi di individui con i soldi degli stati. Anche i colossi del mondo digitale fiutarono l’affare sponsorizzando i medievali lockdown assolutamente inefficaci contro la pandemia come in Cina si era palesato fin dall’inizio della vicenda, ma funzionali alla digitalizzazione della vita quotidiana e all’ideologia della transizione ecologica a parita di modello capitalistico. Putin s’incazzò e di brutto. Iniziò a flirtare con tutti i “nemici” del capitalismo anglofono: Iran, Venezuela, Cina, Eritrea, Cuba, Corea del Nord, Qatar. Si arrivo all’autunno del 2022 con una situazione assolutamente esplosiva: Biden giocò la carta della spartizione dell’Ucraina stile patto Molotov-Ribbentrop. Putin era riluttante e sperava ancora nella sponda Berlino-Parigi. Sfortunatamente era uscita di scena Angela Merkel a causa del suo crescente scetticismo verso il modello capitalismo globale neoliberale a trazione finanziaria. A Berlino arrivo uno dei più accreditati chierici di WallStreet Scholz mentre Macron doveva gestire la nuova ondata rossobruna di contestazione sociale. Putin provò a manovrare dietro le quinte la dirigenza ucraina a suo favore, ma Zelen’skiy era già nel libro paga della CIA e quindi fece il doppio gioco. Il 10 gennaio 2022 il destino dell’Ucraina è segnato. Putin fa sapere a Biden le sue intenzioni di prendirsi il Donbass: Biden fa spallucce e minaccia ritorsioni economiche inaudite. Putin sa che è un bluff nella misura in cui a rimetterci sarà l’unione europea e lo fa sapere a Parigi e Berlino. Parte la diplomazia per scongiurare la guerra ma ne Parigi né Berlino hanno intenzione e forza di sconfessare Biden quindi creano le condizioni per cui Putin va all’incasso. Il 24 febbraio 2022 segna la fine del sogno di Putin di diventare pari ruolo dentro il meccanismo capitalistico globale neoliberale a trazione finanziaria. Questa è la vera storia della guerra non l’espansione NATO o l’imperialismo russo.
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“Il sogno di rockhudson”… E’ un nuovo film postumo? E quando si è svegliato si è accorto di chi era davvero l’invasor, e che cosa voleva prendersi?
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Magda bentornata
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Copia-incolla??
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RockHudson molto interessante, andrebbe tutto circostanziato e dettagliato, se fosse così – e magari lo è davvero – ci stiamo scavando la fossa.
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Detto in parole povere il vero colpevole di tutto è lo zio Sam e l’associazione criminale che veste le insegne nato.
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Saran passati almeno due mesi dall’ultima volta che ho postato un commento qui. Ma vedo che nulla è cambiato, e continua a ripetere lo stesso slogan da 15 mesi. Ma non si stanca mai?
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Beh, in tema di cambiamenti non è che tu sia una campionessa, quindi: che ca22o cerchi?
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I “buoni” anche questa volta prenderanno tante legnate come in Afganistan,Iraq,Siria e Libia . Zio Sem affonderà nei suoi debiti fatti di dollari ossia cartastraccia, e purtroppo trascinerà nel disastro anche noi atlantisti europei molto servi a menocchè non ci dissoceremo in estremis.
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“Se ciò accade, il 46 per cento del territorio ucraino – circa l’intera area russofona – apparterrà alla Russia”
Cioè la controffensiva la fanno i russi? Ma questo sarebbe clamoroso!
E comunque anche la controffensiva russa verrebbe venduta come eroica contro-controffensiva ucraina che ha bloccato i russi e conservato ben il 54% del territorio grazie alle armi Nato senza le quali, come al solito, i russi sarebbero arrivati a Lisbona.
Ormai conosciamo i nostri polli (pollo Stoltenberg, pollo von der Leyen ecc).
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L’articolo presenta diversi punti discutibili o errati:
1. Il conflitto in Ucraina viene definito come una guerra di posizione, di trincea, simile alla Prima guerra mondiale. Tuttavia, il conflitto in corso in Ucraina è caratterizzato da una combinazione di tattiche di guerriglia, combattimenti convenzionali e operazioni ibride. Sebbene ci siano stati episodi di combattimenti di trincea in determinate fasi del conflitto, non può essere definito esclusivamente come una guerra di posizione.
2. L’articolo afferma che i fattori rilevanti nelle guerre di posizione sono le risorse di un paese come la popolazione, il territorio, l’apparato industriale, le fonti di energia e le risorse naturali. Mentre queste risorse possono essere importanti in una guerra, non sono gli unici fattori determinanti. Influenzano anche altri elementi come la strategia, la capacità militare, la leadership e il sostegno internazionale.
3. L’articolo sostiene che non c’è alcuna possibilità di parità tra la Russia e l’Ucraina nel conflitto, citando il numero di perdite, l’artiglieria e altre capacità. Tuttavia, il potenziale militare di un paese non può essere valutato esclusivamente in base a queste metriche. Anche la strategia, l’addestramento delle truppe, la tecnologia e la logistica sono importanti per determinare l’esito di un conflitto.
4. L’affermazione secondo cui l’Occidente avrebbe spinto l’Ucraina verso il conflitto è discutibile. Il conflitto in Ucraina è iniziato come una reazione alle proteste popolari contro il governo filo-russo dell’allora presidente ucraino Viktor Yanukovych. L’Ucraina ha cercato di rafforzare i suoi legami con l’Occidente e ciò ha portato a tensioni con la Russia.
5. L’articolo afferma che gli obiettivi degli Stati Uniti sarebbero la disfatta della Russia, la rovina dell’economia russa tramite sanzioni e l’espulsione della Russia dal novero delle grandi potenze. Tuttavia, questa affermazione semplifica eccessivamente la complessità delle relazioni internazionali e degli interessi in gioco. Gli Stati Uniti e altri attori internazionali hanno interessi diversi e complessi nella regione, che vanno oltre il desiderio di “sconfiggere” la Russia.
6. L’affermazione che l’economia russa abbia resistito senza grandi sforzi e che l’Europa abbia patito le conseguenze della rinuncia al gas russo è un’affermazione generalizzata e non tiene conto degli effetti delle sanzioni internazionali e delle conseguenze economiche del conflitto in Ucraina.
7. L’affermazione nel testo suggerisce che una possibile soluzione per il conflitto sarebbe un “frozen conflict” in cui la Russia potrebbe annettere parti dell’Ucraina, mentre l’Europa continuerebbe a subire le conseguenze della sua alleanza con gli Stati Uniti. Tuttavia, è importante notare che un “frozen conflict” non rappresenta una soluzione definitiva al conflitto e può comportare sfide e instabilità a lungo termine. Inoltre, la questione dell’annessione territoriale violerebbe i principi di integrità territoriale e sovranità statuale sostenuti dalla maggior parte della comunità internazionale. La risoluzione pacifica del conflitto in Ucraina richiede un dialogo e una negoziazione politica che tenga conto delle preoccupazioni di tutte le parti coinvolte.
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