IL CENTRO STUDI – Ministeri, società di fonti fossili e armi, enti esteri: la rete di finanziatori e di interessi dietro l’Istituto affari internazionali

(DI NICOLA BORZI – ilfattoquotidiano.it) – Si occupa di tutto e il contrario di tutto: difesa e sicurezza (leggi armi e tecnologie militari) ma anche non proliferazione e disarmo, energia (fonti fossili) ma anche clima, politica estera nazionale e istituzioni Ue ma anche “governance globale”. Sul suo sito scrive di immaginare “un mondo di libertà democratiche e sviluppo solidale e sostenibile attraverso l’integrazione europea e la cooperazione internazionale” e di avere come missione “la conoscenza, il dibattito e le soluzioni alle sfide della politica europea e internazionale”. L’Istituto Affari Internazionali si presenta come un think tank “indipendente, privato e non-profit” fondato nel 1965 su iniziativa di Altiero Spinelli, padre nobile dell’Unione europea, per dieci anni eletto all’Europarlamento dal Pci come indipendente, eppure avversario feroce dell’Urss. La contraddizione, insomma, qui è da sempre di casa. Ma se si vanno a scandagliare i nomi che siedono nel suo board e la lista dei donatori, spesso rappresentati nel comitato direttivo e in quello dei garanti, nello Iai sono ampiamente presenti l’industria delle armi e delle fonti fossili. Tuttavia senza i fondi del governo e delle istituzioni internazionali, l’ente diretto da Nathalie Tocci – fortemente atlantista sulla guerra in Ucraina, durissimaa con le voci critiche di quella posizione come Nona Mikhelidze, analista dello Iai specializzata nell’ex Urss e consulente del ministero della Difesa – non starebbe in piedi.
Nel bilancio 2022 i contributi pubblici e privati forniscono all’Istituto i tre quarti dei 5 milioni circa di ricavi, i servizi venduti meno di un sesto e le quote associative il restante decimo. Direttamente e indirettamente, Palazzo Chigi l’anno scorso ha versato allo Iai un sesto dei suoi introiti: tra quote associative e “progetti”, ministeri e società partecipate hanno versato in tutto 833 mila euro. Dai privati, italiani ed esteri, è arrivato un altro quarto dei ricavi. Ma la fetta fondamentale sono i 2 milioni 267 mila euro ricevuti da istituzioni europee e internazionali: il 45% degli introiti.
Tra i contributori nazionali dello Iai, il primo è il ministero degli Esteri (375 mila euro). Alle sue spalle c’è Eni: il gigante dell’energia fossile ha versato 126mila euro e altri 9.700 la sua agenzia di stampa Agi. Il colosso delle armi Leonardo, insieme alla partecipata Mbda Italia (leader europeo nei missili) ha versato oltre 91 mila euro. Imprese che versano fondi pesanti anche ad altri think tank nazionali concorrenti di Iai, come Ispi. Dal settore delle armi arrivano anche i 12.200 euro di Thales Alenia Space Italia, mentre il Centro alti studi Difesa dello Stato maggiore delle forze armate, ha versato 24.750 euro. L’industria delle fonti fossili ha messo sul piatto i 35mila euro del gruppo Enel e i 26mila di Snam. Banca d’Italia ha versato 25 mila euro, Camera e Senato 17.500, il ministero dell’Istruzione 15mila, Cassa depositi e prestiti 53mila, Sace 7mila, Tim 15mila. Gli 833mila euro pubblici e parapubblici consentono insomma a Palazzo Chigi di pesare sullo Iai.
Il direttore Nathalie Tocci, in carica dal 30 aprile 2020 e rinnovata il 26 aprile scorso per altri tre anni, ha d’altronde ottimi rapporti sia con il governo sia con le sue aziende, visto che è stata consigliere indipendente di Eni (dal 2020 al 2023) e prima di Edison. Casualmente Nicola Monti, ad di Edison (posseduta da Électricité de France) siede nel comitato direttivo di Iai. Tra i componenti dei suoi organismi di governance l’istituto vede molti alti papaveri della difesa e dei servizi, dalla vicedirettrice Benedetta Berti (capo pianificazione nell’ufficio del Segretario generale della Nato) a Luciano Carta, generale di corpo d’armata della Guardia di Finanza già vicedirettore dell’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (Aise), da Claudio Graziano (generale ed ex presidente del Comitato militare Ue) a Vincenzo Camporini, generale ex capo di stato maggiore della Difesa, insieme a parecchi giornalisti e politici come Maurizio Caprara, Salvatore Carrubba, Giorgio Mulè (ex sottosegretario della Difesa nel governo Draghi) e Lapo Pistelli, ex vice di Federica Mogherini e Paolo Gentiloni al ministero degli Esteri e oggi vicepresidente e direttore delle relazioni internazionali di Eni. Con un simile parterre des rois di teste e finanziatori, è facile per Nathalie Tocci apparire sui media, meno invece staccarsi dal mainstream su energia, armi e guerra in Ucraina.
Contattato nel merito dal Fatto, lo Iai risponde che “la richiesta di commento, formulata con queste scadenze, tradisce palesemente il fatto che non si ha la men che minima intenzione di scrivere un articolo informato e oggettivo”.
Quando appaiono in TV la Tocci e la Mikhelidze, cambio canale .
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Per liberarci di simili figure, presenti continuamente nelle varie e più o meno sgangherate trasmissioni televisive, bisogna spegnere la tv
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Infatti non ho neanche letto l’articolo, solo i commenti.
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