IL FATTO – Il caso “Arianna”. Attacchi. “Allusioni indegne”: parte il coro, da Renzi a Calderoli. E il tema arriva in Aula

(DI LORENZO GIARELLI – ilfattoquotidiano) – È giovedì mattina e mancano dieci minuti alle 11 quando la premier Giorgia Meloni rende una vignetta satirica un affare di Stato, istituzionalizzando un linciaggio che da quel momento in poi coinvolge ministri, parlamentari di maggioranza ed esponenti dell’opposizione. A far infuriare la presidente del Consiglio è la vignetta di Natangelo sulla nostra prima pagina di ieri (la riproponiamo qui a fianco), presa in giro dei vaneggiamenti sulla “sostituzione etnica” del ministro Francesco Lollobrigida, marito della sorella di Meloni, Arianna.

La premier scrive un post su Instagram e lo diffonde nella chat dei cronisti che seguono Palazzo Chigi: “Arianna non ricopre incarichi pubblici, è colpevole di essere mia sorella. Sbattuta in prima pagina con allusioni indegne, in sprezzo di qualsiasi rispetto verso una donna, una madre, una persona la cui vita viene usata e stracciata solo per attaccare il governo . E il silenzio assordante su una cosa del genere, da parte di quelli che pretendono di farci la morale, dimostra la malafede della quale siamo circondati”.

In un colpo solo, Meloni detta la linea alle sue truppe e, per contrasto, aizza pure Pd e centristi. Alla faccia del presunto “assordante silenzio”, il Fatto e Natangelo vengono coperti di insulti, in una delegittimazione della testata che supera il giudizio sulla vignetta. Poco male: domani pubblicheremo un inserto speciale con una raccolta di vignette di Natangelo.

Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano scrive una nota ufficiale: “Sono scandalizzato. Mi auguro che da parte di Marco Travaglio arrivino scuse immediate”. Augusta Montaruli, fedelissima di Meloni fresca di condanna per peculato, ne parla alla Camera: “È vomitevole che l’odio politico si mescoli alla misoginia e agli attacchi ai diritti delle donne e sia usato il letto di una donna per sferrare un attacco sulla base di menzogne e volgarità”.

Insomma lo scandalo, per tutti, non sono più le parole di Lollobrigida, ma la vignetta del Fatto. Che poi è il motivo con cui si spiega tanto accanimento. Eccone una incompleta rassegna. Ignazio La Russa: “C’è un limite all’indecenza. È spazzatura”. Carlo Calenda: “Si tratta di volgarità pura e semplice”. Gian Marco Centinaio (Lega): “La vignetta è sessista, vergognosa e indegna”. Maria Elena Boschi: “La vignetta è disgustosa. È il solito vergognoso stile del giornale di Travaglio”. Matteo Renzi: “Il Fatto ha come marchio di fabbrica l’aggressione”. La dem Beatrice Lorenzin: “La vignetta è sessista e disgustosa!”. Pina Picierno: “Sprezzante e irrispettosa. Non si può restare in silenzio di fronte a queste feroci oscenità”. Solo alle 21 si unisce Matteo Salvini: “La satira è sacra, ma questa vignetta è disgustosa”.

Partecipe pure una schiera di giornalisti (il Tg5 dà conto nei titoli dell’indignazione generale), tra cui Enrico Mentana, che stigmatizza la vignetta, Marco Damilano , che cita “una logica tribale”, Piero Sansonetti (“la vignetta è fascista”) e Jacopo Iacoboni, che vede “sessismo, razzismo, squallore”. Luisa Betti Dakli, dell’Ordine dei giornalisti, dice che “la vignetta è paragonabile allo stupro di guerra”. In serata parla Arianna Meloni: “Lo sanno che dietro alle loro cattiverie esistono persone con le loro famiglie, i loro amici, i colleghi e i figli? Lo sanno, ma attaccare l’avversario vale anche la destabilizzazione della vita delle persone”. A sintesi della giornata resta Roberto Calderoli, quello che diede dell’orango a Cécile Kyenge e si presentò in tv indossando una maglia con disegnate vignette anti-Maometto: “Travaglio non capisce il limite della volgarità”. Parola d’esperto.