L’ex governatore della Puglia parla del marito Ed e del figlio Tobia e della proposta del governo di sanzionare come «reato universale» la gestazione per altri. Gli scontri con D’Alema: «Anche a me hanno proposto di fare il lobbista. No, grazie»

Nichi Vendola: «Mio figlio Tobia nato grazie a Sharline, madre surrogata: le abbiamo pagato un anno di lavoro»

(di Claudio Bozza – corriere.it) – A Campo de’ Fiori c’è un filo di vento . Splende il sole. E frotte di americani sono già in déshabillé agostano. Nicola Maria Vendola (dai genitori ribattezzato “Nichi” in onore del presidente Urss Nikita Krusciov) qui ha casa da 25 anni. Il fioraio gli mette la mano sulla spalla: «Ahò, daje!». Al caffè sotto casa, una donna rincara: «Grazie per quello che ha detto ieri in tv». E lui – uno dei pochi leader della sinistra alternativa capace di vincere – si vede che gongola. Eppure ha lasciato da anni il palco della politica. Un esilio auto-imposto a causa di un processo, quello sull’Ilva, che gli procura «dolore immane» a un cuore un po’ malconcio. Così ha scelto di fare un passo di lato, per tutelare la sua famiglia: suo marito Ed e il piccolo Tobia Antonio. Ma nel frattempo, il governo Meloni ha annunciato una legge che sanzioni come “reato universale” la gestazione per altri. Così sono successe due cose: Vendola è tornato su giornali e tv a difesa delle famiglie arcobaleno e, di conseguenza, i suoi sostenitori sono tornati ad abbracciarlo.

Vendola, il momento in cui ha detto basta?
«Quando è nato mio figlio, dinanzi alla virulenza della polemica politica e mediatica scatenata in Italia, ho dovuto comprendere quanto la mia esposizione pubblica potesse riverberarsi negativamente sulla vita dei miei cari. Dovevo innanzitutto proteggere il bambino. Per me è stato un momento emotivamente molto impegnativo, anche perché avevo perso mia madre. Insomma avevo addosso una morte e una nascita: ero passato dallo stringere la mano di mamma agonizzante ad accarezzare quella di Tobia appena nato».

«IL FATTO CHE SI POSSA FAR RIVIVERE L’ESPERIENZA DEI COSIDDETTI “FIGLI ILLEGITTIMI” E DI DIRITTI DISEGUALI PER I BAMBINI, A SECONDA CHE SIANO DI UN CERTO TIPO DI FAMIGLIE O DI UN ALTRO, È MOSTRUOSO»

Nel 2016, grazie alla maternità surrogata, è nato in California Tobia. Oggi, se la stretta della ministra Roccella andasse in porto, lei e suo marito Ed Testa non potreste più farlo. O meglio: potreste, ma se tornaste in Italia con il bambino rischiereste l’arresto. Che ne pensa?
«Ma del bambino poi che farebbero? Lo renderebbero orfano nel nome dei suoi diritti? Sono incredulo dinanzi a questa bolla ideologica e al suo grave profilo di incostituzionalità. La destra vuole definire “crimine universale” una pratica che in gran parte del mondo è legale. È una crociata, una postura da “polizia morale”, che crea soprattutto ansia e angoscia, che può molestare e intimidire. Ma che non può fermare il cambiamento in atto».

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La ministra, e molti da destra, contestano: «C’è un problema etico e serve una legge per rendere l’utero in affitto un reato universale». Dall’altra parte, le famiglie come la sua chiedono una legge che riconosca i vostri bambini. Cosa deve fare la politica adesso?
«Innanzitutto separare le due questioni. Il fatto che si possa far rivivere l’esperienza mostruosa dei cosiddetti “figli illegittimi” e di diritti diseguali per i bambini, a seconda che siano di un certo tipo di famiglie o di un altro, è mostruoso. Il regolamento europeo, viceversa, afferma il diritto dei nostri figli bambini a non essere discriminati e a poter godere della pienezza della vita familiare. Poi c’è il tema della maternità surrogata, che in Italia è già vietata. Cosa significa renderla un “reato universale”? Non sarebbe più saggio e più realistico regolamentarla solo come pratica solidale ed altruistica, così eliminando a monte il rischio dello sfruttamento delle donne più povere? E non sarebbe ora di consentire l’adozione per i single e per le coppie gay?».

Oggi due gay possono avere un figlio all’estero con la gestazione “altruistica” o “commerciale”. Per la destra è comunque mercimonio dell’utero. Ma la donna che ha tenuto Tobia in grembo perché l’ha fatto?
«Fondamentalmente lei era curiosa, una sua cugina aveva partorito per una coppia gay ed era stata una esperienza molto bella. Noi abbiamo incontrato molte donne, ma con Sharline è subito scattato l’amore. Ci ha chiesto: ma quando Tobia sarà nato potrò tenere la sua foto in casa mia? Aveva già tre figli suoi. Il guadagno che lei cercava era starsene a casa con i suoi bambini per un anno senza lavorare».

La gestazione per altri è una pratica «da ricchi» è la constestazione. Ci potrebbe dire quanto vi è costata?
«Il ristoro di un anno di lavoro mancato per Sharline. Poi molto, in Usa, pesano le spese sanitarie e la clinica. Non le so dire, davvero. Abbiamo pagato molte cose, mai fatto un conto definitivo».

Avere un figlio è un diritto?
«No. Non è un diritto. È una esperienza, un desiderio, un progetto. Non è un diritto, ma neanche un delitto».

Tobia ha conosciuto le donne che lo hanno fatto nascere?
«Aveva solo tre anni quando siamo andati per conoscere Britney (che ha donato l’ovulo) e Sharline (che lo ha portato in grembo). Poi siamo rimasti imprigionati per il Covid. Oggi ha sei anni: gli spiegheremo tutto, intanto ha fatto il paggetto al matrimonio di Britney».

Lei ha raccontato che avere un figlio è stata la scelta più difficile della sua vita. Come gli avete spiegato che ha due papà?
«Intanto non ha mai percepito la sua condizione come una stranezza, bensì come qualcosa di speciale. A un certo punto gli abbiamo raccontato che un bambino può nascere solo dalla pancia di una donna, ma che io ed Ed ci volevamo bene e avevamo bisogno di un uovo: così abbiamo chiesto a una donna di donarcelo e a un’altra di portarlo nella sua pancia. Poi gli abbiamo anche letto un fumetto molto tenero, che racconta una storia vera. Allo zoo di Central park a New York ci sono due pinguini maschi e sono tristi perché non hanno figli: uno prova a covare una pietra, poi il custode se ne accorge e gli porta un uovo abbandonato, che covano. Alla fine nasce un pinguino e sono felicissimi».

Che difficoltà ha e avete incontrato?
«Tobia è un bambino sereno, gioioso, socievole, curioso. Un giorno la cassiera di un bar gli ha detto: “Ti posso offrire un cioccolatino?”. Lui ha risposto che non gli piace la cioccolata. “Lo puoi portare alla tua mamma!”. E Tobia ridendo: “Ma io ho due papà, lo porto a loro”. Ecco, un figlio non è una scelta che fai a cuor leggero. Noi per anni abbiamo studiato, ci siamo interrogati, siamo entrati in tante famiglie omogenitoriali per capire come stessero quei loro figli».

«SONO SORPRESO DA QUANTE PERSONE MI STIANO CHIEDENDO DI CANDIDARMI ALLE EUROPEE. NON SO RISPONDERE. POI È CHIARO CHE IO SENTA IL RICHIAMO DELLA FORESTA, MA…»
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Una foto dall’album di famiglia di Nichi Vendola, scattata nel 2021 a casa del fratello maggiore Gianni (in prima fila, il secondo da destra) qualche settimana prima della sua morte: era malato di cancro. Vendola tiene in braccio il figlio Tobia Antonio, al centro con la maglia bordeaux c’è il marito Ed Testa. Gli altri sono parenti e amici

Ora che Elly Schlein è diventata segretaria, è la volta buona che si iscriverà al Pd?
«Non credo accadrà. Il mio giudizio sul Pd resta molto severo. Elly tuttavia è una speranza vera: la sento congeniale ai miei sentimenti per la sua cultura e il suo linguaggio. Il Pd è stato inquinato dal moderatismo, dal governismo, da un cattivo realismo: e spesso è prigioniero di cacicchi e di tessitori di clientele. Schlein ha un compito fondamentale: smantellare tutto questo. E spero ovviamente in un’evoluzione che possa portare all’incontro di tutte le sinistre».

In molti dicono che tornerà in campo per le Europee del prossimo anno…
«Sono rimasto molto sorpreso da queste reazioni e dalle tante persone che me lo stanno chiedendo. Sinceramente non ci avevo pensato. Non so rispondere. Poi è chiaro che io senta “il richiamo della foresta”, ma ora non ho in conto un rientro per la porta delle istituzioni».

Eppure alla sinistra, specie al Sud, i suoi voti farebbero comodo. È proprio certo del suo no?
«Non ho mai considerato i voti come “miei”. Di certo, con la mia gente del Sud, con la mia Puglia, è rimasta viva una relazione forte, direi una connessione sentimentale».

Nel 2010 Massimo D’Alema le chiese di rinunciare al suo bis per la Puglia. Oggi l’ex premier fa il lobbista, anche nel mercato della Difesa. Che ne pensa?
(lungo silenzio) «In quegli anni ci fu uno scontro virulento con D’Alema. Lui ci parlava come se fosse ancora il segretario della Fgci e noi dei sottoposti ribelli. E allora ci ribellammo davvero. Anche a me, quando sono uscito dal ruolo istituzionale, era giunta qualche proposta di fare il lobbista… Ho risposto: “No, grazie”. Io la scelta di D’Alema non l’avrei fatta».

Nel 2018 ha avuto un infarto mentre era a Montecitorio. Come sta oggi?
«Come sta una persona di 64 anni, che vede crescere la propria Spoon river. Ho il cuore segnato da lutti e congedi definitivi. Fortunatamente sono molto felice delle cose che imparo da mio figlio. Anche se patisco il fatto di essere appeso da 10 anni a un processo che ritengo offensivo del senso della mia vita: e questa è una sofferenza che il mio cuore non è riuscito a sopportare, come poi si è visto».

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La carriera di Checco Zalone iniziò a Telenorba, facendo proprio l’imitazione del governatore pugliese. Vi sentite ancora?
«Ho sempre ammirato l’assoluta serietà con cui fa il mestiere di far ridere. Lui mi ha studiato, mi ha vivisezionato e ricostruito come un prodotto comico. Lo ha fatto con grande intelligenza. Gli sono molto grato per avermi coinvolto nel suo film Tolo Tolo , dove interpreto me stesso. Sì, capita che ci sentiamo ancora».

«HO CONOSCIUTO ED NEL 2004: ERA LA PRIMA VOLTA CHE ANDAVO IN UN LOCALE GAY A ROMA. LUI SI EMOZIONAVA PER IL BUON CIBO, SBAGLIAI IL PRIMO RISTORANTE, POI FU UN TRIONFO»

Nel frattempo Ed, grafico e organizzatore di grandi eventi, è rientrato a casa. Chiedergli su cosa litiga con Vendola viene spontaneo.
«Nichi è disordinato» risponde lui. «Ma nelle sue cose, la scrittura, è ordinatissimo (ride, ndr )».

Il momento preciso in cui vi siete conosciuti?
Nichi Vendola: «Settembre 2004. Era la prima volta in vita mia che andavo in un locale gay a Roma. Quella sera ero già in pigiama, non volevo nemmeno uscire».

Ed Testa: «Avevo 25 anni: ero appena arrivato dal Canada per studiare. Quella sera volevo scoprire un po’ la vita notturna a Roma, ma c’erano solo americani».

Ma alla fine ha incontrato un pugliese. E come attaccaste discorso?
Nichi Vendola: «Questo cuba libre fa proprio schifo, eh? Ed si emozionava per il buon cibo e i posti belli di Roma. Quando l’ho portato a vedere via Giulia, vicino all’arco avvolto dall’edera, stava quasi per piangere. Sbagliai il primo ristorante, poi fu un trionfo. Insomma, lo presi per la gola».