Su Baiardo l’ombra dell’indagine di Firenze

(GIUSEPPE LEGATO, GRAZIA LONGO – lastampa.it) – In un’ultima, a tratti drammatica, riunione di redazione coi suoi 35 giornalisti e collaboratori e in colloqui privati con persone vicine a lui, si è sfogato, coraggiosamente, senza filtri: «Chiediamoci perché ci hanno chiuso. Stavamo preparando tre puntate importanti, delicatissime, deflagranti. Siamo stati fermati». E giù coi temi che in redazione conoscono tutti «la strage di via D’Amelio, Marcello dell’Utri, l’ex sottosegretario D’Alì».

E che questa sia la chiave di lettura che circola tra gli autori del programma lo conferma la giornalista (sospesa) Sandra Amurri: «Mi chiedo: c’è davvero qualcuno disposto a credere che la ragione di una tale decisione della rete possa essere dipesa dal pagamento di Baiardo per le sue partecipazioni al programma? E non sia, invece, scaturita dalle inchieste in cantiere su altre verità nascoste sui cosiddetti “intoccabili?”».

Il sipario su Non è l’Arena è calato come un fulmine da due giorni, ma tra i motivi che hanno portato alla chiusura anticipata della trasmissione di La 7 non c’è sicuramente quello relativo al pagamento di Salvatore Baiardo, il gelataio pregiudicato che coprì la latitanza dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano (ora in carcere), reato per cui scontò 4 anni di carcere negli Anni Novanta.

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La procura di Firenze, che indaga sulla strage di via Georgofili pianificata dal boss Messina Denaro (la cui malattia e l’imminente arresto furono «profetizzati» da Baiardo a novembre in trasmissione) ha accertato che i gettoni di presenza furono due entrambi tracciabili perché effettuati con bonifici. Uno di 10 mila euro, per la puntata del 5 novembre 2022, e uno di 5 mila per quella del 5 febbraio. Il procuratore distrettuale antimafia di Firenze Luca Tescaroli sta indagando per capire che cosa si nasconde dietro le affermazioni di Baiardo. Ha mandato messaggi in codice ad esponenti di Cosa Nostra? Custodisce davvero segreti sul presunto incontro (mai provato) tra i fratelli Graviano, Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri e il generale Delfino? Che cosa ha raccontato dietro le quinte a Massimo Giletti? Per questa ragione il noto conduttore è stato interrogato due volte, il 19 dicembre e il 23 febbraio, come persona informata sui fatti e potenziale parte offesa quindi completamente estraneo ai sospetti che gravano su Baiardo a sua volta sentito a Palermo nei giorni scorsi, ma non dai magistrati siciliani.

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Anzi la procura di Firenze non nasconde la preoccupazione per la sicurezza di Giletti a causa del suo impegno giornalistico contro la mafia. Chi poi sia Salvatore Baiardo è fatto abbastanza notorio al netto della condanna per aver favorito due boss stragisti. Visto con diffidenza negli uffici giudiziari, tra gli investigatori e gli inquirenti serpeggia più di un sospetto che possa essere il ventriloquo di Graviano. Un millantatore, insomma. Sul quale c’è l’ombra dell’inchiesta fiorentina. E della sua attitudine a cambiare versioni, a smentire se stesso aveva dato prova già all’epoca dell’arresto dei due fratelli boss avvenuto il 27 gennaio 1994 a Milano. Gli agenti della Dia gli piombano a casa a Omegna, lui comincia a parlare con il capo centro dell’Antimafia toscana dell’epoca Nicola Zito e con Francesco Messina, oggi direttore centrale anticrimine della polizia. Ammette di aver conosciuto e frequentato i Graviano fra il 1989 e l’inizio del 1994, dice di aver assistito a una telefonata tra Filippo Graviano e Marcello Dell’Utri. Parlò anche di un incontro tra i padrini palermitani e il braccio destro di Silvio Berlusconi, al ristorante “L’assassino” di Milano. Al momento però di firmare i verbali fa dietrofront e inaugura un lungo silenzio. Un pentito mancato. Che è ricomparso sulla scena poco prima dell’arresto del re di Cosa Nostra, Messina Denaro.

E che parlasse a qualcuno o per qualcuno è parsa più di un’ipotesi a molti. Non più tardi dell’altro ieri sera ha annunciato che a breve sarà ospite di Mediaset per raccontare le sue verità. Ma da Cologno Monzese smentiscono la sua partecipazione ai talk show delle reti del Biscione. Nel pomeriggio di ieri ha preso posizione sui fatti Urbano Cairo, patron di La7: «Giletti ha condotto in 6 anni 194 puntate di Non è l’Arena dove ha potuto trattare in totale libertà tutti gli argomenti che ha voluto inclusi quelli relativi alla mafia sulla quale ha fatto molte puntate, con tutti gli ospiti che ha voluto invitare. Gli auguro di trovare la stessa libertà incondizionata nella sua prossima esperienza televisiva o di altro genere».