OGGI SI CHIUDE – Stravince la Presidente del consiglio. La premier s’impunta sull’ex ministro (contro Lega e Crosetto). Vince anche su Enel: ad sarà il “suo” Donnarumma […]

(DI GIULIO DA SILVA E GIACOMO SALVINI – ilfattoquotidiano.it) – Roberto Cingolani si appresta a staccare il dividendo dell’incarico di consulente “a titolo gratuito” per l’energia della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Il fisico milanese di 61 anni, ministro della Transizione ecologica nel governo Draghi, ha vinto il duello con Lorenzo Mariani a una delle poltrone più prestigiose nella galassia degli incarichi che il governo deve rinnovare: quella di amministratore delegato dell’ex Finmeccanica, ora Leonardo, il gruppo pubblico che trae più dell’80% del fatturato dalle armi e da prodotti per la difesa. A impuntarsi sulla nomina di Cingolani è stata la premier Meloni che, secondo fonti parlamentari di primo piano, ha avuto il beneplacito del Quirinale: Cingolani infatti è sinonimo di Mario Draghi, presidente del Consiglio che lo scelse come ministro del suo governo. Questo nonostante le molte resistenze interne all’azienda e nella maggioranza. Oggi sulle nomine si deve chiudere perché le liste dei candidati dei cda devono essere presentate entro giovedì e stasera il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, volerà a Washington. Prima del Consiglio dei ministri convocato per approvare il Def, dunque, ci sarà una nuova riunione per chiudere.

Salvo sorprese dell’ultimo minuto, comunque, la premier si è imposta anche su Eni, Enel e Terna. E dovrebbe chiudere con un cappotto la partita delle nomine. Un cappotto nei confronti della Lega, che continua a richiedere alcune presidenze di peso e spera di ottenere le poltrone alla guida delle grandi controllate di Ferrovie dello Stato (Rfi e Trenitalia) e della Stretto di Messina. “Decide tutto da sola”, lamentano i salviniani. Ma un cappotto anche all’interno di FdI, perché l’alternativa più forte rispetto a Cingolani era costituita dal candidato appoggiato da Guido Crosetto, ministro della Difesa, cioè Mariani, il dirigente a capo di Mbda Italia che vanta un’esperienza superiore a quella di Cingolani nel gruppo delle armi e dell’aerospazio da 14,7 miliardi di ricavi nel 2022. Eppure ieri sera anche i sostenitori di Mariani o di altri candidati riconoscevano che i giochi sono fatti per Cingolani, che è tornato in Leonardo come dirigente senza un incarico specifico, ma con uno stipendio di 600-700mila euro lordi l’anno.

Non ci sono cambiamenti nelle scelte per le altre caselle chiave. Claudio Descalzi resterà ad dell’Eni per il quarto mandato, è in carica dal maggio 2014 quando Matteo Renzi “rottamò” Paolo Scaroni, che oggi vorrebbe andare alla presidenza di Enel o di Leonardo. Ma Meloni non lo vuole all’Enel, perché il suo candidato, Stefano Donnarumma, sdoganato da un parere favorevole dell’Avvocatura generale dello Stato nei confronti di chi eccepiva che non avrebbe potuto passare dalla guida di Terna a quella del “cliente” Enel (c’era un parere di Sabino Cassese in questo senso), non vorrebbe essere affiancato da un manager ingombrante come Scaroni (ma alla fine accetterà). Vicepresidente di Rothschild Italia e presidente del Milan, Scaroni ha un bagaglio di forti rapporti internazionali nella finanza e nell’energia, è stato con i governi Berlusconi per tre anni ad dell’Enel e per nove ad dell’Eni. A quanto si racconta neppure Descalzi, che è stato il numero due di Scaroni, e insieme a lui è stato processato (e assolto) per l’accusa di una maxi-corruzione in Nigeria, vuole ritrovarsi Scaroni nel grande giro dei boiardi di Stato. Nel governo si teme che i fondi mettano in minoranza il Mef su Scaroni ma sarebbe clamoroso. Sulla presidenza Enel, quindi, c’è ancora battaglia: FI vuole Scaroni.

Così come sull’Eni il candidato di Salvini, l’europarlamentare Rinaldi, subisce la concorrenza di Ettore Sequi, ex segretario generale della Farnesina, e della lobbista dg di Farmindustria Enrica Giorgetti, moglie dell’ex ministro socialista Maurizio Sacconi. La presidenza di Leonardo sembra prenotata per il generale della Guardia di finanza, dopo Luciano Carta (che fino alla nomina nel 2020 era direttore dell’Aise) toccherebbe a Giuseppe Zafarana, il quale terminerà a fine maggio il mandato di comandante generale della Gdf. Carta potrebbe andare a presiedere Enel o Terna, dove al posto di Donnarumma Meloni vuole una donna. La sua candidata è Giuseppina Di Foggia, vicepresidente e ad di Nokia Italia. È amica di Arianna Meloni, sorella della premier. Alle Poste sarà confermato Matteo Del Fante, con l’appoggio di Gianni Letta e Renzi, ben visto al Colle.