
(Andrea Malaguti – lastampa.it) – Storia all’olio di ricino raccontata in un podcast per Libero Quotidiano da Ignazio Benito La Russa, detto anche Il Custode della Fiamma. «Via Rasella è stata una pagina tutt’altro che nobile della Resistenza. Fu uccisa una banda musicale di semi-pensionati e non nazisti delle SS». L’ha detto davvero, con convinzione, a poco più di tre settimane dalla celebrazione del 25 aprile. Ridicolo, falso, manipolatorio. Ma in definitiva facile da spiegare: il nostro presidente del Senato è un fascista che difende il fascismo e comprende (chissà se, in qualche caso, persino condivide) le ragioni del nazismo.
Non rappresenta noi – la destra, la sinistra, il centro, i fragili o i ricchi, i torinesi o i bolognesi – rappresenta banalmente sé stesso, il padre già segretario del Partito nazionale fascista di Paternò e il suo bisogno irrefrenabile e ossessivo di dimostrare che i partigiani erano fango, i gap dei banditi e l’Anpi una cosca.
Ha l’anima nera e la rivendica, lo spirito dei tempi glielo permette, sbracare fragorosamente è ormai sport di massa dai consensi garantiti. Sa che nessuno della maggioranza chiederà le sue dimissioni. Che la presidente del Consiglio masticherà amaro cinque minuti per l’imbarazzo, forse gli farà una telefonata cattiva, e poi continuerà a proteggerlo perché è uno dei Padri Fondatori. Mentre metà dell’opinione pubblica si produrrà in grasse risate – quanto è simpatico e schietto il papà di Geronimo, Apache e Lorenzo Cochis – accusando la metà opposta di essere ottusa, trinariciuta, prevenuta e pericolosa. Come se la tracimazione verbale del presidente del Senato non fosse un problema sempre più serio per l’intero sistema democratico, ma il balocco da stadio di tifoserie faziose. È triste, eppure siamo ridotti a questo.
La Guerra, in Italia, non è mai finita e al Custode della Fiamma piace ribadirlo ogni volta che canta il gallo. Chi sono i vincitori? Chi sono i vinti? Certamente non lui. Ama spacciarsi per un dritto, Ignazio Benito. Ammicca, allude, sorride ambiguo e tracotante, banalizza, smonta, confonde, pasticcia – molto contemporaneo in questo – mette tutto sullo stesso piano, cercando di legittimare la bancarotta ideologica permanente nella quale vive e dalla quale non riesce a liberarsi. Ma soprattutto non libera noi, schiavi di un passato che non passa mai.
Non ha il senso della misura, il Custode della Fiamma. Tanto meno quello del ridicolo e quando allo Yad Vashem di Gerusalemme gli chiedono se il fascismo sia il male assoluto, scatta come se una lucertola gli fosse entrata nel colletto e grida: «Ho finito di fare dichiarazioni». Fosse vero. Non lo è mai. Insiste, intigna, nega e reinventa, replicando senza imbarazzi il suo Bignami “for dummies” (venghino signori, venghino), fatto di busti del Duce e brevi cenni su come sbertucciare la Resistenza. «I partigiani di via Rasella sapevano che ci sarebbe stata la rappresaglia», constata. Già. Scemi loro. Anzi, criminali.
A questo punto come si fa a non provare un po’ di tenerezza per quelle due anime sensibili – com’è che si chiamavano? Ah, sì, Herbert Kappler ed Erich Priebke – che vestiti come deputati di Fratelli d’Italia a una festa di compleanno, vendicano i poveri baby-pensionati delle Schutz Staffel, martorizzati mentre eseguono “La Villanella” con trombe e tamburi? Certo, dieci antifascisti (anzi, italiani direbbe la premier) per ogni musico-babypensionato può sembrare eccessivo, ma quelli erano i tempi, no?, non si può mica sottilizzare. «Hanno cominciato loro!».
Dispone di una sua personale enciclopedia del mondo in volume unico dalla quale si rifiuta di derogare, il Presidente Nero, e vanta una raffinata sensibilità ferita. «Non posso sbagliare una parola, gli altri guardano quello che dico io dall’alto», dice turbato nel Podcast primaverile. È il mondo che ce l’ha con lui, anche se da decenni gli riconosce soldi, gloria e onori. Sì, è vero, è ricco e blasonato, ma il superficiale sistema democratico lo ha sempre trattato come un difetto. Solo che ogni difetto ha il suo momento di gloria e questo, drammaticamente, è il suo. Che se Mattarella (Dio non voglia) si prende un raffreddore un po’ feroce o decide di andare a vivere in Polinesia, rischia di insediarsi temporaneamente al Quirinale e di farsi patriottici selfie con i corazzieri.
Difficile capire se Ignazio Benito La Russa sia totalmente fuori controllo o si senta finalmente libero di mostrarsi fino in fondo per quello che è. Poco cambia. Esistono gli strumenti per rimandarlo a casa (dove certamente non soffrirebbe) o almeno su un seggio qualunque di Palazzo Madama. Fatelo per favore. Magari prima del 25 aprile. Non ci servono sgangherati Custodi della Fiamma, solo dignitosi Custodi della Costituzione antifascista. Parole al vento, probabilmente, ma sai che Liberazione.
La Busiarda ha detto la verità.
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Però gli “Azov” sono e rimangono partigiani, vero?
E Bandera un fiero difensore della patria, giusto?
Andate a zappare, date un senso alla vostra vita.
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Bravissimo
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È necessario spiegare perché questi episodi “locali” sono una manna per il network misto suprematista-atlantista affinché possa tentare di veicolare con più forza ed efficacia la sua dottrina?
Spero di no.
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Dimettiti?
Ti prego, rimani dove sei.
E continua così (dimmi che maii , non mi lascerai maiiii). Anni luce avanti. (criptato).
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Nel 1* governo Berlusconi, quando esisteva ancora l’MSI, sia La Russa sia Fini, iniziarono a fare dichiarazioni poco rassicuranti. Se non ricordo male sul possesso di nomi e cognomi di antifascisti e di ebrei, in elenchi
Fecero terrore
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