Il pacchetto di emendamenti riformulati della maggioranza: non entra la misura per facilitare l’assorbimento delle detrazioni a chi ha poca capienza Irpef. Le altre modifiche: sì allo sconto in fattura per case popolari e Onlus, purché già esistenti

Superbonus, salta la detrazione in 10 anni per i redditi bassi

(di Giuseppe Colombo – repubblica.it) – ROMA – Lo stop è arrivato dalla Ragioneria generale dello Stato: la misura è troppo onerosa. Per questo il governo ha deciso di cestinare l’ipotesi di allungare, da 4 a 10 anni, il periodo per recuperare la detrazione del Superbonus. Un’opzione che era stata pensata per venire incontro ai contribuenti con redditi bassi, che non hanno ceduto il credito: visto l’importo dei lavori, in molti non hanno la capienza fiscale necessaria per cogliere le detrazioni; possibilità che invece ci sarebbe se il recupero del rimborso sull’Irpef avvenisse in dieci anni, invece che in quattro.

La fruizione in dieci anni, in questo caso in compensazione delle imposte, resta invece ammessa per le banche e le imprese che hanno acquistato i crediti. Nel pacchetto delle riformulazioni degli emendamenti al decreto Superbonus, all’esame della commissione Finanze della Camera, è prevista infatti una nuova formulazione della possibilità di spalmare, in dieci rate annuali, i crediti che derivano dalle comunicazioni di cessione o di sconto in fattura inviate all’Agenzia delle Entrate. La misura era stata introdotta dal governo a novembre, con il decreto Aiuti quater; l’emendamento introduce due novità. La prima: potranno essere fruiti i crediti legati alle comunicazioni trasmesse alle Entrate entro il 31 marzo di quest’anno (il vecchio termine era fissato al 31 ottobre dell’anno scorso). La seconda: i crediti in questione non faranno riferimento solo ai lavori che beneficiano dell’agevolazione al 110% e del sismabonus, ma anche a quelli per l’eliminazione delle barriere architettoniche e di ristrutturazione edilizia.

Più tutele contro gli illeciti per chi compra i crediti

Nel decreto approvato dal Consiglio dei ministri il 16 febbraio, il governo ha previsto una serie di norme a tutela di chi acquista i crediti. La responsabilità solidale per gli illeciti è stata esclusa “con riguardo ai cessionari che dimostrano di aver acquisito il credito di imposta e che siano in possesso” di alcuni documenti.

Nella relazione illustrativa della riformulazione di un emendamento, a cui il ministero dell’Economia lega il via libera dell’esecutivo, si ricorda che il decreto ha introdotto una normativa di salvaguardia, escludendo “il concorso nella violazione da parte dei cessionari dei crediti d’imposta che dimostrino di aver acquisito i crediti d’imposta e che siano in possesso della documentazione”, tra cui figurano, ad esempio, il titolo edilizio abitativo dell’intervento, come la Cilas; la visura catastale dell’immobile e la delibera condominiale. 

La nuova modifica estende l’ambito dell’esclusione dal concorso nella violazione a tutti i cessionari che acquistano i crediti d’imposta da una banca o da un’altra società che appartiene al gruppo bancario dello stesso istituto, ma anche da una società quotata o da un’altra società che fa riferimento alla stessa società quotata. A una condizione: il soggetto cedente deve rilasciare un’attestazione di possesso della documentazione prevista. 

I nuovi documenti

Un altro emendamento prevede un’integrazione all’elenco dei documenti. La visura catastale da esibire può essere quella storica. Inoltre viene specificato che l’attestazione di “avvenuta osservanza degli obblighi antiriciclaggio”, richiesta nel caso di crediti di imposta che sono stati oggetto di cessioni precedenti, deve essere rilasciata dai soggetti obbligati al rispetto degli obblighi che sono controparte del cessionario, cioè quelli che rivestono il ruolo di cedente e hanno quindi rivestito il ruolo di cessionari nella precedente cessione.

Se il soggetto è una società quotata o una società che appartiene al gruppo di una società quotata, e non rientra fra i soggetti obbligati ad osservare la normativa antiriciclaggio, “analoghi controlli di adeguata verifica della clientela sono svolti da una società di revisione all’uopo incaricata, che rilascerà l’attestazione richiesta dalla norma”. L’emendamento prevede anche l’introduzione di nuovi documenti, come il contratto di appalto sottoscritto tra il soggetto che ha realizzato i lavori e il committente.

Salvi i crediti del 2022

Se il “contratto di cessione” alle Entrate “non è stato concluso” entro il 31 marzo, il titolare di un credito potrà effettuare la comunicazione all’Agenzia attraverso lo strumento della remissione in bonis: tempi più lunghi (fino al 30 novembre) e pagamento di una sanzione di 250 euro. Nell’emendamento si legge che la cessione può essere eseguita a favore di banche e assicurazioni.

Il ripristino della cessione per le case popolari, onlus e Terzo settore

Un’altra modifica introduce un paletto al riavvio della cessione del credito e dello sconto in fattura per Iacp (case popolari), onlus e Terzo settore. Le due opzioni saranno possibili solo se questi soggetti risultano già costituti alla data di entrata in vigore del decreto.