Destre divise. Il leader leghista spera che il palco del Festival “rimanga riservato alla musica e non ad altro”. Premier sola. Nessun riferimento all’invio di carri armati da parte dei Paesi occidentali, né tantomeno a Joe Biden e alla piena sintonia […]

(DI SALVATORE CANNAVÒ – Il Fatto Quotidiano) – “Spero che la guerra finisca il prima possibile e poi che il palcoscenico della Città dei fiori rimanga riservato alla musica, è qualcosa che penso tutti si aspettano”. Questa dichiarazione di Matteo Salvini, a proposito dell’invito a Volodymyr Zelensky a parlare al festival di Sanremo, dice che il governo può vantare una unità di facciata, ma che sulla guerra in Ucraina e sui rapporti con Kiev, e di conseguenza con Mosca, la maggioranza non ha le stesse idee. Salvini la dice piano, ovviamente, con molta cautela, ma nettamente. “Sono amante del festival vecchia maniera. Non dico chi spero che vinca sennò lo danneggio e arriverà ultimo sicuramente. Ho le mie preferenze ma in campo canoro, non in altri campi”, ha detto sull’opportunità dell’intervento di Zelensky. Aggiungendo: “Non giudico. È l’ultima settimana di campagna elettorale, se avrò tempo di guardare Rai Uno sarà per ascoltare canzoni, non per ascoltare altro”. Anche il giudizio sul rischio di escalation è indicativo di un atteggiamento prudente: “Speriamo che la guerra finisca il prima possibile, noi siamo allineati con le posizioni occidentali. E speriamo che Sanremo rimanga il festival della canzone italiana e non altro”.

Nessun riferimento all’invio di carri armati da parte dei Paesi occidentali, né tantomeno a Joe Biden e alla piena sintonia registrata tra il presidente statunitense e il governo italiano. Matteo Salvini si muove su un piano distinto rispetto a quello di Giorgia Meloni.

Il leader leghista, ad esempio, non smentisce le indiscrezioni pubblicate ieri circa sue pressioni dirette al ministro della Difesa, Guido Crosetto, per ammorbidire il decreto di invio armi all’Ucraina. Una iniziativa che è stata confermata al Fatto da diverse fonti e che sarebbe consistita in una richiesta giunta anche alle orecchie di Washington, rendendo agli occhi degli Stati Uniti ancora più prezioso il rapporto con Fratelli d’Italia.

A smentire, ma solo parzialmente, quella indiscrezione è stato invece Crosetto: “Non ho mai ricevuto una telefonata di Matteo Salvini nella mia vita – ha detto il ministro intervenuto a La7 – Lo vedo in Consiglio dei ministri una volta a settimana, non mi ha mai parlato una volta del sesto decreto. Abbiamo un buon rapporto, ci siamo incontrati e abbiamo parlato di persona, ma non ricordo una telefonata di Salvini in tutta la vita. Invece di Berlusconi ne ricordo centinaia, ci sentiamo una volta alla settimana. Ci siamo confrontati anche su questo tema”.

E su Berlusconi, la versione del ministro della Difesa di fatto conferma le pressioni subite: “Lui in privato dice le cose che dice in pubblico, e quindi come ognuno di noi è preoccupato per la guerra e vorrebbe che finisse. E come ognuno di noi ribadisce che non esiste un conflitto tra italiani e russi”.

Anche Crosetto tiene a ribadire che “gli italiani sono amici dei russi” e che se c’è una contrapposizione è solo perché “Putin ha deciso di invadere l’Ucraina, e noi la stiamo difendendo”.

In mattinata, poi, il ministro ha trovato il tempo di twittare contro Il Fatto per il titolo di ieri in prima pagina: “Siamo in guerra (e ce lo dicono). Crosetto sull’attenti agli Usa”. “Ci sono cose che vanno ignorate e altre che devono avere risposte” la sua replica, “come l’occhiello del @fattoquotidiano di oggi. Tanto per capirci, caro @marcotravaglio

1) questo sarà il primo decreto a contenere solo armi difensive e aiuti civili;

2) il ministro lavora per la pace”.

Ma Crosetto fa finta di non sapere che il suo intervento in Parlamento è servito a dare un messaggio molto deciso per creare una “cultura della Difesa” in uno scenario internazionale che richiede più rapidità, più flessibilità, integrazione e autonomia delle forze armate. Un piano di guerra.