Con encomiabile solerzia, il neoministro della Cultura, Giuliano Sangennaro, è accorso recentemente a Sant’Agata per visitare la villa di Giuseppe Verdi che rischia di essere messa all’asta a causa dei contrasti fra gli eredi. E con altrettanta determinazione, ha annunciato che lo Stato […]

(di Giovanni Valentini – Il Fatto Quotidiano) – “È certamente più onesta una faziosità limpida ed esibita di una subdola terzietà”
(da una dichiarazione del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ex direttore del Tg2 – Gazzetta di Parma – 25 novembre 2022 – pag. 26)

Con encomiabile solerzia, il neoministro della Cultura, Giuliano Sangennaro, è accorso recentemente a Sant’Agata per visitare la villa di Giuseppe Verdi che rischia di essere messa all’asta a causa dei contrasti fra gli eredi. E con altrettanta determinazione, ha annunciato che lo Stato interverrà per salvaguardare questo bene d’interesse pubblico. Ma nella stessa occasione l’ex direttore del Tg2, sollecitato dal collega Vittorio Testa, s’è avventurato in un’autodifesa del suo precedente mandato alla Rai, rivendicando la propria faziosità a favore della destra con la dichiarazione riportata testualmente qui sopra. Il che conferma, come abbiamo già scritto su questo giornale, che la sua è stata una “nomina di scambio” alla guida della Cultura, una sorta di ricompensa per i servigi prestati.

Sarebbe facile replicare a Sangiuliano che la faziosità non può mai essere “limpida”, tantomeno quando viene “esibita” attraverso una testata del servizio pubblico. Un giornale privato, che non riceve alcun finanziamento statale, può anche essere partigiano nel senso più nobile di “prendere parte” per questo o per quello, esprimendo liberamente le proprie opinioni. E ne risponde ogni giorno ai suoi lettori. Ma alla Rai la faziosità non è accettabile, perché contrasta con la natura e la funzione stessa del servizio pubblico, con la sua neutralità e imparzialità istituzionale. Se Sangiuliano ammette ora di essere stato fazioso da direttore del Tg2 è già grave, ma è ancor più grave che se ne faccia vanto da ministro della Cultura.

Il caso merita di essere ripreso anche perché alla Rai si prepara un turn over di nomine all’insegna della lottizzazione, a partire proprio dalla poltrona lasciata libera da Sangiuliano. Lo chiamano spoils system, all’americana, rivendicando alla destra il diritto di occupare ruoli e posizioni di vertice, dopo una lunga fase di emarginazione durante la quale il centrosinistra ha fatto la parte del leone: fino al punto di non riconoscere all’ex opposizione neppure un rappresentante nel Cda. Ma lo spoils system, nella tradizione anglosassone, riguarda generalmente la struttura dell’amministrazione pubblica, non l’informazione pubblica attraverso cui si forma e si aggrega il consenso condizionando in larga parte la vita democratica. Né il fatto che la sinistra abbia fornito finora il cattivo esempio può giustificare la pretesa di fare altrettanto.

Alla vigilia delle ultime Politiche, avevamo auspicato che la destra – in caso di vittoria elettorale – invertisse la tendenza e inaugurasse una nuova stagione della Rai, rinunciando a un’occupazione manu militari e avviando una riforma organica del servizio pubblico per affrancarlo dalla sudditanza alla partitocrazia e per instaurare una governance di garanzia. Ma tant’è. Evidentemente, su questo piano destra e sinistra tendono a comportarsi allo stesso modo, secondo l’istinto predatorio del ceto politico.

L’unica differenza, non secondaria né marginale, è che la maggioranza di destra gode già del supporto dispensato dalle tre reti Mediaset di Sua Emittenza, inclini a esibire una faziosità nient’affatto “limpida”. E ora, se mettesse sotto controllo anche quelle pubbliche, unificherebbe di fatto il vecchio duopolio. Con l’aggravante che oggi, in forza della “riformicchia” imposta a suo tempo dall’ex rottamatore, la Rai dipende direttamente dal governo e non più dal Parlamento. Sarebbe l’apoteosi del regime televisivo.