
(Giuliano Guida Bardi – tpi.it) – Fare un parallelo tra la velocissima parabola di Aboubakar Soumahoro e la storia di Tommaso Aniello d’Amalfi, meglio noto come Masaniello, è troppo facile. Ma anche profondamente sbagliato.
Masaniello rappresentò, con i limiti di un pescatore ignorante, il suo popolo. Un popolo oppresso, le cui istanze arrivarono incredibilmente alle orecchie del Re, che fu costretto a prenderne atto abolire le odiose gabelle sulla frutta. Masaniello fu inglobato dal sistema, incolpato di aver tradito i suoi compagni per un posto al sole, quindi ucciso. Solo dopo tempo la figura di Masaniello fu riabilitata sia per la battaglia che aveva compiuto sia per gli umili che aveva rappresentato.
Soumahoro, è figlio di una storia diversa. È il figlio della Repubblica dei simboli e del tempo delle icone, del Parlamento più nominato della storia, della cultura degli stivali sporchi di fango.
Soumahoro siede tra i prestigiosi scranni della Camera dei Deputati perché è stato scelto, cooptato, iconizzato da due capi di partito, Bonelli e Fratoianni. Il corpo di Soumahoro, la sua immagine stessa erano il simbolo di una battaglia, quella contro il caporalato. Il viso di Soumahoro, dopo anni di battaglie era una specie di tweet ambulante, un Instagram che esprime una posizione politica sull’immigrazione, sul lavoro umile, sull’integrazione.
Poteva Soumahoro non sapere che nessuno veniva pagato nella cooperativa gestita dalla suocera, dalla compagna, in cui lavorava il cognato? Poteva non essersi accorto che le condizioni igieniche erano pessime? Poteva non avere coscienza del fiume di denaro che era nel bilancio di quella cooperativa? Certo. Poteva non essersi accorto.
Certo, può, come ha dichiarato lo stesso deputato, “aver commesso una leggerezza”. Può aver trascurato il fatto di aver saputo che i cooperanti erano tenuti al freddo ed alla fame e poteva, benissimo, aver creduto che “la cooperativa era virtuosa”, come aveva placidamente letto sul Corriere della Sera.
Questo, lungi dall’essere un’esimente, è esattamente il problema. Il non aver capito. Non essere stato in grado di valutare. Essere stato, sempre per servirsi delle sue dichiarazioni, uno che “non capiva cosa stesse accadendo”. Essersi sentito “come un pugile su un ring, a ricevere colpi”, tanto da indurlo a difese inadeguate a un parlamentare. La reazione di un uomo che ha l’onore di sedere nel Parlamento per difendere i più deboli, non può essere di debolezza. Debolezza non (solo) per le lacrime, non (solo) per non aver saputo fotografare la situazione, non (solo) per non essersi accorto che i “suoi fratelli” erano, proprio a casa sua, costretti senza soldi e obbligati a vivere al freddo. Debolezza non (solo) per non aver saputo valutare lo stridore tra i denari che percepivano i dirigenti (sic) della cooperativa di sua suocera e la miseria degli assistiti. La debolezza vera è quella di voler continuare a sedere in un Parlamento senza poter rappresentare nessuno. Sia perché chi lo ha indicato ha fatto capire in tutti i modi che non lo vuole. Sia perché le persone che lui avrebbe voluto proteggere non possono essere difese da chi è più debole di loro. Più attaccabile. Più ingenuo. Più incapace di capire la realtà. La vicenda giudiziaria di Soumahoro qui non interessa. Quella politica sì, perché la rappresentanza è affare di chi ha creduto in lui. Di chi ha sperato che lui potesse essere un capace strumento attivo di lotta politica.
Non aggiungeremo commenti alla vasca degli squali che segue Soumahoro nella villetta piccolo borghese di periferia, né alle foto ingenue di chi, forse, si omologa allo stereotipo dei propri carnefici. Né ci interessano le borse firmate o l’osceno dibattito sul “diritto alla moda”, perché la questione è di dignità della politica e di capacità della rappresentanza.
Il problema è che si va da un “mito” all’ altro, tutti creati dai media. Generalmente globalisti.
Avanti il prossimo?
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Ma possibile che ancora stiamo a commentare le penose situazioni create dai nostri “politici”? La nave sta affondando in tutti i sensi: clima, guerra, pandemie, fame sono tutte concause che portano chi detiene un minimo di potere a darsi da fare per sopravvivere alla disfatta. Non possiamo più meravigliarci di nulla mettetevi l’animo in pace.
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@ Carolina
Il prossimo mito da sfatare sarà, secondo me, la misteriosa e improvvisa notorietà della Schlein. D’improvviso alla ribalta nazionale una sconosciuta ai più, meno che a franceschini. In fabbrica quando si chiede ai lavoratori chi è la Schlein, molti rispondono che è una nuova marca di lavatrice. E questo è!
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Infatti, ma è molto vicina agli (ex, per carità!) renziani ha partecipato alla campagna elettorale di Obama, quindi…
Oltre ad appartenere al ” popolo LGBT+”, cosa ora molto di moda. Perciò i ” giornaloni” faranno buona propaganda. Ha già cominciato Crozza qualche puntata fa.
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👍🏻Carolina la penso come lei,su Crozza intende ironicamente?
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No, qualche puntata fa ha concluso un siparietto sul PD con la canzoncina:
” Schlein, Schlein, pensaci tu, Schlein…” ( più o meno).Mi sono meravigliata anch’io: è chiara la sua ” simpatia” per Bersani, ma non immaginavo un endorsement così clamoroso per la Schlein.
Del resto, se si vuole lavorare in TV bisogna annusare l’aria… Che evidentemente è quella.
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Non sempre un siparietto satirico è opera di Crozza.
O meglio lui è il frontman di un lavoro di squadra, in quanto i testi, i temi, il taglio ironico lo stabilisce uno staff di 5-6 Autori ( tra cui Alessandro Robecchi del Fatto). La Schlein piacerà a loro, forse Crozza compreso.
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Colpito e affondato in modo fulmineo certo non ha l’esperienza truffaldina di politici italiani di lungo corso.Peccato restera’ solo il ricordo di stivaloni di gomma che hanno attraversato la soglia del parlamento bye bye
Soumahoro.
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Non si dimette, nessuno rinuncerebbe a 15/20 mila al mese per 5 anni. non lo farà mai e poi mai. E poi deve pagare il mutuo.
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