
(Eleonora Ciaffoloni – lidentita.it) – La maggioranza di centrodestra è seriamente orientata a modificare le disposizioni della legge Delrio sull’ordinamento e l’organizzazione degli enti locali. Dopo la prima avances del ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Roberto Calderoli e la proposta di legge da parte di alcuni deputati di Forza Italia, il senatore di Fratelli d’Italia Marco Silvestroni ha presentato un disegno di legge “per l’elezione diretta dei presidenti delle Province, dei sindaci metropolitani e dei componenti dei consigli provinciali e metropolitani”. Una strada diametralmente opposta da quella dell’allora ministro Pd Delrio, pensata come una norma transitoria verso la cancellazione definitiva dell’ente. “Credo che sia necessario ricreare il soggetto provincia, e “che il presidente deve essere eletto in modo diretto” aveva detto Calderoli all’evento Lombardia 2030. “Purtroppo moltissimi Comuni hanno dimensioni ridotte e si sono trovati in difficoltà con la soppressione delle Province che potevano svolgere funzioni per conto dei comuni più piccoli” e aveva proposto e definito determinante “la ridefinizione di un soggetto intermedio fra Regioni, comuni gradi e piccoli”. Ha iniziato quindi a decollare l’idea di ripristinare le Province per come le conoscevamo prima del 2014, fino ad arrivare alla proposta di legge. “Le Province sono ancora previste dalla Costituzione e mantengono competenze strategiche tra l’altro sull’edilizia scolastica, sulla tutela dell’ambiente e sulla viabilità. Sono enti di prossimità con i quali i cittadini devono poter interloquire e devono poter scegliere direttamente” ha detto il senatore Silvestroni in una nota, “È necessario ripristinare l’elezione diretta del Presidente e degli organi delle Province ed attribuirgli competenze chiare e dotazioni finanziarie adeguate. Il disegno di legge che ho presentato va nell’ottica di restituire alle Province un ruolo importante superando la legge Delrio”. Una posizione ferma e che potrebbe vedersi la strada spianata in tutto il centrodestra. Nella giornata di ieri, a conferma di questa linea, il sottosegretario all’Interno Wanda Ferro ha partecipato ai lavori della Commissione esprimendo il parere favorevole del Governo: “Con la proposta di legge incardinata in Commissione Affari Costituzionali del Senato, primo firmatario il senatore di Fratelli d’Italia Marco Silvestroni, si vuole ripristinare l’elezione diretta dei presidenti delle Province e delle città metropolitane con il voto dei cittadini, e superare l’attuale situazione di precarietà causata dalla riforma Delrio, restituendo una prospettiva certa agli enti intermedi che la Costituzione indica come costitutivi della Repubblica” dice Ferro. “È il primo passo di un processo di riforma che non solo vuole ripristinare l’elezione diretta da parte dei cittadini degli organi politici, ma punta a ridare dignità a quelle Province che sono state svuotate di competenze e risorse, mentre prima della legge Delrio si distinguevano per la capacità di dare risposte efficaci ai bisogni delle comunità locali”. A partire dalla riforma del 2014, ogni due anni, oggi sono i consiglieri comunali e i sindaci del territorio provinciale a eleggere, al loro interno, il consiglio. Ogni quattro anni viene scelto il presidente della provincia che deve essere necessariamente un sindaco con almeno 18 mesi di mandato. Differente il caso delle città metropolitane, dove gli elettori residenti nel capoluogo concorrono all’elezione del sindaco metropolitano mentre gli elettori degli altri comuni non hanno voce in capitolo. L’obiettivo della nostra proposta di legge, quindi, non è solo quello di ridare autonomia, ma anche riparare la disparità di trattamento fra gli elettori di Città metropolitane e Province.
Se fosse per me, abolirei le REGIONI, e rimetterei le province. Almeno qualcosa di utile facevano, tipo scuole e strade, avete visto come stanno cascando a pezzi?
Sia maledetto Delrio e tutti i suoi discendenti fino alla 5a generazione.
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Le province ci sono ancora e hanno competenza su strade e scuole.
Cambia che sono elette dai sindaci non dai cittadini.
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Praticamente non sono mai state abolite.
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Ma è il sistema che c’è in quasi tutta Europa. Ad esempio i tedeschi e gli austriaci hanno il bezirk, gli spagnoli la comarca e i polacchi il powiat. Sono tutti enti eletti dai sindaci e funzionano benissimo da decenni. Gli unici che eleggevano sia la regione che la provincia eravamo noi e i francesi. Solo da noi questa riforma è stata prima approvata nel 2014, e subito sabotata dalla politica stessa, non appena si è accorta che venivano a mancare posti di sottopotere. Per poi dire che non funziona. Tra l’altro anche le scuse adottate dai proponenti per il ripristino non tengono. I comuni troppo piccoli sono e restano economicamente ingestibili a prescindere dal fatto che vi sia o meno una provincia eletta dai cittadini. Questa destraccia si comporta come se in Italia si trovassero i soldi sugli alberi, e come se non avessimo sul groppone 3.000 miliardi di euro di debito.
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IL GOVERNO (vd Salvini) VUOLE RIPRISTINARE LE PROVINCE.
23 anni fa Di Pietro portava in Parlamento la richiesta di abolire le Province. Il numero degli amministratori delle Province era di 4.000 addetti con 2900 consiglieri, 50 tra Presidenti e vicepresidenti, 100 presidenti della Giunta, 900 assessori. Il costo annuale dei soli compensi di questo esercito superava i 50 miliardi di euro mentre le sole spese correnti delle oltre 100 Province italiane si aggiravano attorno ai 10 miliardi di euro all’anno
I leader di partito in campagna elettorale avevano dichiarato di volerle abolire, sapendo che sono una sovrastruttura clientelare e di intralcio alla già capillare amministrazione comunale, un’enorme stratificazione di burocrazia che serve a mantenere sé stessa ma non aiuta la celerità delle pratiche mentre apre continui conflitti di attribuzione con altri organi dello Stato.
Già allora la destra voleva mantenerle e con lei parte del Pd, secondo lo stesso atteggiamento politico che rincorre il potere, locale e centrale, fatto da inciuci e poltrone da occupare. Le Province fanno parte di questo potere e di questo clientelismo e i mercanti del potere le hanno sempre difese a costo di mentire agli elettori.
Nol 2014 con la legge Del Rio, le Province non sono sparite, sono state modificate, i loro Presidenti non sono stati più eletti dai cittadini e le loro funzioni sono diminuite, mentre sono sparite le indennità dei loro amministratori. L’unica, vera funzione di peso rimasta in capo dell Province è l’edilizia scolastica, oltre alle pari opportunità. E ognuno può vedere quanto poco finora se ne sia interessata. Prima si occupava anche della manutenzione delle strrade provinciali ma non si vede perché queste non debbano essere comprese nel piano amministrativo nazionale.
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Guarda, Sparviero, che scuole e strade cadevano a pezzi anche prima e che il badget delle Province serviva praticamente solo a pagare lo stuolo infinito dei propri dipendenti. Non ci vuole molto per capire che è solo una mangiatoia e uno dei tanti mezzi in cui viene esercitato il potere sul territorio e il clientelismo politico.
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PROVINCE-Viviana Vivarelli.
L’abolizione delle Province, considerate enti inutili, era uno dei punti del programma del M5S. Quando si decise di eliminarle, il primo passo fu nel 2014 la legge Delrio che ne riduceva i compiti all’edilizia scolastica, facendo rientrare le altre funzioni nella PA ed eliminando l’elezione diretta da parte dei cittadini dei suoi organi direttivi. Ma poi la riforma non andò avanti, così che il prossimo 18 dicembre 65mila tra sindaci e consiglieri comunali voteranno per eleggere 72 consigli provinciali e 31 presidenti di provincia.
Alle province al voto si aggiungono le amministrazioni di 5 città metropolitane, che hanno sostituito alcune Province.
Malgrado la volontà di farle sparire, facendole rientrare nella PA, le Province sono rimaste.
La legge Delrio prevedeva una riformulazione delle Province trasformate in enti di 2° livello, per cui non sono più previste elezioni dirette.
Le Province sono state così sostituite da assemblee formate dai sindaci dei Comuni del territorio e da un presidente.
La riforma Delrio era stata pensata come una legge transitoria in attesa del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, promosso da Renzi per chiedere tra le altre cose di eliminare la parola “Province” dalla Costituzione. Ma vinsero i NO.
Così la riorganizzazione è rimasta a metà con confusione di ruoli e competenze e scaricabarili tra uffici pubblici diversi.
Tutto questo contrasta con lo stesso PNRR.
Il più grande errore della riorganizzazione fu il passaggio di funzioni e dipendenti dalle Province alle Regioni.
«Le Regioni – diceva il 5stelle Variati -sono nate per programmare e legiferare, non per gestire il potere amministrativo. Le Province sono state “rapinate” di molte funzioni dalle Regioni e tutti vediamo come è finita: in alcuni settori, penso alla tutela dell’ambiente, c’è una tale confusione che si sono creati dei grandi buchi decisionali e di responsabilità».
In realtà la confusione tra le funzioni esisteva già prima. La loro gestione era inefficiente e caotica a causa del fatto che le loro competenze erano spartite a metà con altri enti. Per es. avevano la gestione delle strade, ma solo quelle provinciali e non le statali, più importanti e trafficate; le scuole, ma solo le superiori e non elementari e medie; l’ambiente e il turismo, ma senza la possibilità di incidere veramente.
Variati protestò contro la riforma Delrio insieme a molti altri Presidenti di Provincia che nel giro di pochi mesi si videro togliere funzioni e ridurre drasticamente le risorse economiche. Dal 2015, infatti, la legge di bilancio impose tagli per tre miliardi di euro in tre anni.
Interi uffici vennero smantellati ma non si riuscì nemmeno a risparmiare fondi pubblici perché molti ebbero contratti più vantaggiosi. Aumentarono le disfunzioni. Protestò anche la Corte dei Conti. Negli ultimi anni sono cambiate molte cose: i finanziamenti sono stati in parte ripristinati e dopo anni le Province hanno cominciato ad assumere nuovo personale. Inoltre, da un anno ai Presidenti delle Province viene riconosciuta un’indennità equiparata a quella del sindaco del Comune capoluogo. Ma l’assenza di un ente intermedio tra i comuni e le Regioni ha compromesso varie procedure di pianificazione degli investimenti sul territorio, e in particolare lo studio delle opere troppo grandi per essere considerate comunali, e troppo piccole se valutate in un ambito regionale: strade, tangenziali, ponti, linee del tram, collegamenti tra punti di interesse come gli ospedali, le stazioni, i grandi parcheggi.
Questi limiti di programmazione sono stati evidenti anche nella preparazione delle opere degli obiettivi legati al PNRR. Con il PNRR arriveranno molte risorse in più, non semplici da gestire.
«Siamo pieni di soldi, ma non riusciamo a spenderli» ha detto Fabio Bui, Presidente della Provincia di Padova. Prima della riforma Delrio, l’ente aveva 500 dipendenti, oggi ne ha 215. «Ho 17 milioni per le scuole, ma ho problemi a chiudere i progetti entro marzo 2026 e con le forze che abbiamo rischiamo di perdere tutto», spiega Bui.
Ora si pensa di tornare all’elezione diretta del Presidente, la vuole la Lega, ma non il Pd e il M5S (c’è da dire però che la maggior parte dei Presidenti di Provincia era del Pd).
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