
(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Hobby. “Se uno vuole pagare due euro il caffè con la carta di credito è solo un rompipalle. Io cerco di pagare in contanti, perché a me piace andare a prelevare al bancomat” (Matteo Salvini, Lega, vicepremier e ministro delle Infrastrutture, Twitter, 2.12). Non era meglio suonare ai citofoni? […]
Ma mi faccia il piacere
(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Hobby. “Se uno vuole pagare due euro il caffè con la carta di credito è solo un rompipalle. Io cerco di pagare in contanti, perché a me piace andare a prelevare al bancomat” (Matteo Salvini, Lega, vicepremier e ministro delle Infrastrutture, Twitter, 2.12). Non era meglio suonare ai citofoni?
Dovere di cronaca. “Il mio scroto è uguale a quello di Vittorio (Sgarbi)” (Morgan, Fq Magazine, 29.11). Sono soddisfazioni, per entrambi.
Tonno Nostromo/1. “Mi opposi a quel condono: così fui espulso dal M5S” (Gregorio De Falco, ufficiale della Marina Militare, Corriere della sera, 30.11). Com’è noto, non ci fu alcun condono. Ma basta uscire dal M5S e sparare sul M5S, e oplà: anche un marinaio diventa giurista, e pure urbanista.
Tonno Nostromo/2. “Parla De Falco: ‘Mi opposi al condono 5S. Così Conte mi mandò via’” (Giornale, 29.11). Tre anni prima di iscriversi ai 5Stelle e diventarne il leader, Conte già espelleva i parlamentari 5Stelle: precoce, il ragazzo.
Lapsus per lapsus. “Evviva l’umiliazione che è un fattore fondamentale della crescita e nella costruzione della personalità!” (Giuseppe Valditara, Lega, ministro dell’Istruzione e del Merito, 24.11). “Umiliazione? Sono stato vittima di un lapsus. Volevo dire umiltà” (Valditara, 26.11). Del resto capita a tutti di sentire “Valditara”, di pensare “cognome” e di dire “coglione”.
Il laureato. “’Ma lei è laureato? La devo chiamare dottore o in quale altro modo?’, si rivolge la Bongiorno a Toninelli… Al suo fianco, dal banco degli imputati, Salvini assiste divertito” (Corriere della sera, 3. 12). E invece Salvini come lo chiama: dottore o in quale altro modo?
Lo stratega dei Parioli. “Sono un po’ schifato dalla retorica di chi dice ‘voglio la pace’ senza spiegare come vuole la pace e da chi dice ‘voglio la pace però ti levo le armi per difenderti’: quella non è la pace, vuoi la vittoria di Mosca, che vuol dire avere la Russia ai confini della Nato” (Carlo Calenda, leader Azione, Repubblica.it, 3.12). Veramente la Russia era ai confini della Nato anche prima della guerra in Ucraina, e perché la Nato si era allargata fino alla Russia, non viceversa. E adesso chi lo dice a Calenda?
Magari. “Giorgio Gori contro Elly Schlein: ‘Se vince potrei lasciare il Pd’” (Repubblica, 2.12). I classici due piccioni con una fava.
L’ideona. “Compagni, chiamiamolo Partito del lavoro” (Matteo Lepore, sindaco Pd di Bologna, Repubblica, 30.11). Pdl: dove l’ho già sentito?
Fotti e chiagni. “Conte? Un deficiente” (Guido Crosetto, FdI, ministro della Difesa, 11.11). “È molto grave il modo in cui lui personifica (sic, ndr) i suoi attacchi, in una sfera inquietante… Alimenta l’odio verso persone fisiche (sic, ndr)… in una sfera di violenza verbale… semina odio… quando veniva attaccato ingiustamente l’ho sempre difeso” (Crosetto, Corriere della sera, 2.12). Maestra, maestra, Giuseppe mi ha fatto la bua!
Monumento alla mazzetta. “Intitolate il Mose a De Michelis. Opera osteggiata dai cosiddetti progressisti. Che non si fecero problemi, dopo, a intascare tangenti” (Libero, 1.12). Come De Michelis, prima.
Aspesi e spera. “Renzi non poteva restare perchè il Pd, o forse tutti i partiti, non possono sopportare un responsabile che abbia troppi voti” (Natalia Aspesi, Venerdì di Repubblica, 2.12). Tantopiù se ha perso il referendum, poi le elezioni e intanto si è ritirato dalla politica.
Stampapello. “In nome di un’emergenza, da decenni accettiamo abomini incostituzionali come l’ergastolo ostativo senza speranza di uscire), come il carcere duro (il 41bis), come i sequestri preventivi” (Mattia Feltri, Stampa, 3.12). Povero Giovanni Falcone: e pensare che scriveva sulla Stampa.
Compagna Letizia. “Braccia aperte a Bossi e mi aspetto voti da sinistra” (Letizia Moratti, Stampa, 3.12). Ma solo se apri le braccia pure a CasaPound.
Coincidenze. “Papà, le stelle morte continuano a inviare la loro luce…” (Daniela Ranieri, dedica al libro Stradario aggiornato di tutti i miei baci, Ponte alle Grazie, 2021). “La luce delle stelle morte” (titolo del nuovo libro di Massimo Recalcati, Feltrinelli, 2022). Che fai, Daniela: copi?
Il titolo della settimana/1. “Gli Usa uccidono un califfo dopo l’altro. Terzo leader dell’Isis eliminato in tre anni” (Stampa, 1.12). Per dimostrare che lo Stato terrorista è la Russia.
Il titolo della settimana/2. “Bersani parla di povertà poi va a fare acquisti nella boutique Vuitton” (Brunella Bolloli, Libero, 2.12). E quindi?
Il titolo della settimana/3. “’Ora c’è la Meloni, non partiamo più’. Tam tam tra i migranti in Libia” (Libero, 2.12). Uahahahahah.
Il titolo della settimana/4. “Il governo vuol tagliare 700 scuole in 2 anni” (Fatto, 27.11). “Povera scuola, arrivano i tagli. Chiuderanno 700 istituti” (Stampa, 2.12). Va bene copiare: ma metterci 5 giorni…
Il titolo della settimana/5. “Conte per distrarre dal condono di Ischia punta sull’Ucraina” (Domani, 29.11). A febbraio chiese a Putin di invadere già sapendo che a novembre i giornali si sarebbero inventati un suo condono di Ischia. Furbo, lui.
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Grazie Raf2
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Dovere di cronaca. “Il mio scroto è uguale a quello di Vittorio (Sgarbi)” (Morgan, Fq Magazine, 29.11). Sono soddisfazioni, per entrambi.
…e via scrotando possiamo anche dire che i due si somigliano proprio come i contenuti della suddetta sacca.
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Un cinese che sta imparando l’italiano, dei suddetti personaggi direbbe: “Sono due GLANDI “.
Senza accorgersi di aver detto la pura verità.
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Grazie Raf. Buona settimana
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Magari. “Giorgio Gori contro Elly Schlein: ‘Se vince potrei lasciare il Pd’” (Repubblica, 2.12). I classici due piccioni con una fava.
E se vince Bonaccini con Schlein vice che fai ?
SE…
Pubblicato 04/12/2022
DI DOMENICO TIZIANI
“Se io fossi Bonaccini, prossimo segretario del PD, vorrei come vice Elly Schlein.
Dove la trova un’altra fedele scudiera come lei, già sperimentata nella giunta regionale dell’Emilia-Romagna e che non ha emesso un fiato avallando tutto quello che decideva il Presidente, a cominciare dall’autonomia differenziata, argomento sul quale, non a caso, glissa in tutte le sue dichiarazioni e interviste come sulla guerra?
Inoltre la foglia di fico a sinistra fa sempre comodo in un partito che di sinistra non è come il Pd.
E ci sono molte probabilità che questo ticket si realizzi.”
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analisi azzeccata, la Schlein è l’ennesima polpetta avvelenata, basti vedere il suo curriculum e da chi è sostenuta.
Intanto ha preso pari pari il programma di Conte facendolo passare come proprio, con gli evviva di certa stampa untuosa.
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Infatti Adriano, ora tutti sostengono il rdc.
L’altra sera la Shlein dalla mia amica lillina ne parlava come se fosse loro.
E pure il salario minimo pare ormai la loro unica ragione di vita.
E Giannini a darle ragione, il loro unico problema era capire se fa il ticket con Bonaccini, che farà anche se dice di no.
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Tranquillo Adriano, il RdC, diventato semplicemente l’ex sostegno sociale del PD ma con molti più quattrini, è e sarà forever opera del M5S. Se poi la Schlein lo sostiene, come sostiene il salario minimo, CHE CAXXO DI MALE C’È?
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urca veh! sei passato da Renzi alla Schlein
allora è peggio di quello che sembra
la Schlein è un Renzi travestito!!
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Che fatica rispondere nel merito, eh Adriano?
D’altronde se uno spara caxxate a raffica, non può che proseguire ad libitum.
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merito?
anche tu con questo merito?
da renzi alla melona il passo è stato breve
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Travaglio con questi esemplari di politici ed imbrattacarta ci campa due vite. Lunga vita a Marco.
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““Renzi non poteva restare perchè il Pd, o forse tutti i partiti, non possono sopportare un responsabile che abbia troppi voti”
Come Feltri pure lei si è data alla grappa barricata!
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Il “Titolo della settimana/3” è il tipico stile-Libero.
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Per le detrattrici del Fatto Quotidiano l’articolo di Arlacchi di ieri sul Fatto vale da solo l’abbonamento annuale.
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“Guerre che vanno, guerre che vengono. Inizia l’Ucraina, finisce il Venezuela. Mentre la Nato prosegue la sua guerra per procura contro la Russia, il governo americano si rassegna alla sconfitta in Venezuela dopo sette anni di guerra ibrida: disinformazione senza freni, sbarchi di mercenari, tentati assassinii del presidente, sabotaggi di infrastrutture. E soprattutto sanzioni. Sanzioni devastanti, che avrebbero dovuto privare il Paese dei suoi mezzi di sussistenza, a partire dal petrolio. Nei sogni di Washington, l’odiato Maduro doveva essere spazzato via dall’insurrezione di folle affamate, da un sacrosanto golpe militare e dall’isolamento internazionale.
La guerra è iniziata sotto Obama nel 2015 all’insegna della storiella sulla contrapposizione tra democrazia e dittatura, come se i poteri di Maduro fossero superiori a quelli del presidente degli Stati Uniti, e come se le elezioni venezuelane fossero più falsate e falsabili di quelle nordamericane. La storiella perde i pantaloni sotto Trump, che inasprisce le sanzioni, ma rivela il senso ultimo della battaglia. Socialismo e diritti umani non c’entrano nulla. Il direttore dell’Fbi ha scritto che Donald riteneva ingiusto che Maduro restasse seduto sulla più grande riserva petrolifera del mondo in un posto a sole tre ore di volo – e di bombe – dalla roccaforte della democrazia occidentale. Si procede allora come al solito. Si crea il diavolo di turno. Maduro come Saddam, Gheddafi, Assad, Putin. Si chiamano a raccolta gli alleati. Si imbastisce la narrativa di un pianeta agghiacciato dagli orrori del despota di Caracas. E si nomina come presidente un tizio pressoché ignoto agli stessi venezuelani.
Ma il mondo si compone di 194 Stati, 144 dei quali, il 75%, non ci pensano proprio a riconoscere un presidente imposto al Venezuela da un altro Stato. I restanti 50 Paesi, Ue in testa, si adeguano però alla pagliacciata e riconoscono Guaidò. Con l’eccezione dell’Italia, governata all’epoca dai malfamati grillini. Nel 2019, l’assemblea dei 120 Paesi Nam condanna duramente l’attacco americano al Venezuela. E l’anno dopo, in uno scontro all’ultimo voto all’Assemblea Onu, gli Usa perdono clamorosamente. Nel frattempo, il signor Guaidò prova a infiammare le masse. Tenta di organizzare una marcia sulla capitale, ma raccoglie solo una frazione dei seguaci necessari per giustificare il conto-spese da presentare agli americani. Finché nell’aprile 2019 blocca un cavalcavia di Caracas e attende la sollevazione del popolo e delle forze armate. Ma non succede nulla. E la feroce dittatura lo lascia illeso e libero perché è ormai evidente che uno così è più utile da vivo. A questo punto, a Washington non rimane altro che ricorrere al copione dei bei vecchi tempi: uno sbarco dal mare con connesso bombardamento del palazzo presidenziale. Un blitz veloce. Perché i militari sarebbero stati a guardare, e la popolazione avrebbe accolto i marines come liberatori. Ma i fiaschi di Guaidò hanno indotto un guizzo di intelligenza nell’intelligence imperiale. Il verdetto dei pianificatori militari è che la conquista non si può fare. Ci sono almeno 4 milioni di chavisti militanti, 100 mila dei quali pronti a difendere con le armi il loro governo, a fianco di un esercito di 160 mila unità tutt’altro che diviso e demotivato. E uno di questi pianificatori riassume così il problema: se invadiamo il Venezuela, inizierà come in Iraq e finirà come in Vietnam. Gli Stati Uniti si siedono allora sulla riva del fiume. Ma il cambio di regime non arriva perché 1) in un mondo ormai multicentrico, una parte del petrolio viene venduta lo stesso alla Cina, all’India, all’Iran, alla Russia; 2) le importazioni alimentari vengono sostituite da una crescita dell’agricoltura che porta il Venezuela alla quasi autosufficienza nutritiva; 3) l’economia viene dollarizzata e aperta agli investimenti, stimolando un boom economico tutt’ora in corso; 4) tutto ciò non accade a scapito dei poveri perché il sistema di protezione sociale che sta alla base del chavismo resta in piedi. Le elezioni regionali del novembre 2021 – regolari secondo gli osservatori internazionali – replicano così l’ennesima vittoria dei candidati socialisti.
Siamo arrivati a Biden, il quale mantiene le sanzioni fino all’inizio della guerra contro la Russia. Ma questa finisce col colpire la base della civiltà americana: la benzina a basso prezzo. Washington ha bisogno urgente di petrolio, ed è obbligata a prendere atto che è ora di finirla con la sceneggiata di Guaidò. L’Ue lo ha degradato a semplice esponente dell’opposizione. Ha perso il rispetto dei colleghi dopo che i soldi Usa sono finiti nelle tasche dei suoi amici e parenti, nonché in festini a prostitute e cocaina. Il dipartimento di Stato ha fatto filtrare in questi giorni la notizia che a gennaio 2023 scaricherà Guaidò in occasione della nuova sessione del Parlamento venezuelano.” Di Pino Arlacchi dal FQ
Questi sono gli americani, che non ammettono impicci, politici e di governo di altri paesi, a sole 3 ore di volo dalla loro arrogante supremazia imperialista, detta dai loro collaboratori domestici a servizio, democrazia. ..Negli ordini era pure previsto di assegnare il Nobel per la pace ad Obama! Imperialismo economicamente e militarmente arrogante e culturalmente ipocrita! Per sapere chi siano, sarebbe sufficiente leggere e conoscere la storia politica italiana negli anni della strategia della tensione. ..come il serial killer , ripetono ossessivamente lo stesso modus operandi ed i pennivendoli scribacchini italiani, sembrano i vicini di casa: eppure era una personcina così gentile ed educata!
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Grazie Alessandra dovresti pubblicarlo tutti i giorni.
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Parla De Fango.
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La realtà sta cominciando ad emergere e svela il vero volto dell’occidente.
SCOTT RITTER: La Merkel rivela la doppiezza di West
5 dicembre 2022
La guerra, a quanto pare, era l’unica opzione che gli oppositori della Russia avessero mai preso in considerazione.
Il presidente russo Vladimir Putin con l’allora cancelliere tedesco Angela Merkel il 10 maggio 2015 al Cremlino. (governo russo)
Di Scott Ritter
I recenti commenti dell’ex cancelliere tedesco Angela Merkel hanno fatto luce sul doppio gioco giocato da Germania, Francia, Ucraina e Stati Uniti in vista dell’invasione russa dell’Ucraina a febbraio.
Mentre il cosiddetto “occidente collettivo” (Stati Uniti, NATO, UE e G7) continua a sostenere che l’invasione russa dell’Ucraina sia stata un atto di “aggressione non provocata”, la realtà è ben diversa: la Russia era stata indotta a credere c’era una soluzione diplomatica alla violenza scoppiata nella regione del Donbass dell’Ucraina orientale all’indomani del colpo di stato di Maidan del 2014 a Kiev, sostenuto dagli Stati Uniti.
Invece, l’Ucraina e i suoi partner occidentali stavano semplicemente guadagnando tempo fino a quando la NATO non avesse potuto costruire un esercito ucraino in grado di catturare il Donbass nella sua interezza, oltre a sfrattare la Russia dalla Crimea.
In un’intervista della scorsa settimana a Der Spiegel , la Merkel ha accennato al compromesso di Monaco del 1938. Ha confrontato le scelte che l’ex primo ministro britannico Neville Chamberlain ha dovuto fare riguardo alla Germania nazista con la sua decisione di opporsi all’adesione dell’Ucraina alla NATO, quando la questione è stata sollevata al vertice NATO del 2008 a Bucarest.
Tenendo a bada l’adesione alla NATO, e in seguito spingendo per gli accordi di Minsk, la Merkel credeva di far guadagnare tempo all’Ucraina in modo che potesse resistere meglio a un attacco russo, proprio come Chamberlain credeva di far guadagnare tempo al Regno Unito e alla Francia per raccogliere le loro forze contro La Germania di Hitler
Il risultato di questa retrospettiva è sbalorditivo. Dimenticate, per un momento, il fatto che la Merkel stesse paragonando la minaccia rappresentata dal regime nazista di Hitler a quella della Russia di Vladimir Putin, e concentratevi invece sul fatto che la Merkel sapeva che invitare l’Ucraina nella NATO avrebbe innescato una risposta militare russa.
Piuttosto che rifiutare del tutto questa possibilità, la Merkel ha invece perseguito una politica progettata per rendere l’Ucraina capace di resistere a un simile attacco.
La guerra, a quanto pare, era l’unica opzione che gli oppositori della Russia avessero mai preso in considerazione.
[Vedi: Biden conferma perché gli Stati Uniti avevano bisogno di questa guerra , Consortium News. ]
Merkel e Joe Biden si baciano alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco del 2015 con l’allora segretario di Stato John Kerry. (Müller/MSC/Flickr)
Putin: Minsk è stato un errore
I commenti della Merkel sono paralleli a quelli fatti a giugno dall’ex presidente ucraino Petro Poroshenko a diversi media occidentali. “Il nostro obiettivo”, ha dichiarato Poroshenko, “era, in primo luogo, fermare la minaccia, o almeno ritardare la guerra, assicurarci otto anni per ripristinare la crescita economica e creare potenti forze armate”. Poroshenko ha chiarito che l’Ucraina non si è presentata in buona fede al tavolo dei negoziati sugli accordi di Minsk.
Questa è una consapevolezza a cui è arrivato anche Putin. In un recente incontro con le mogli russe e le madri delle truppe russe che combattono in Ucraina, comprese alcune vedove di soldati caduti, Putin ha riconosciuto che è stato un errore accettare gli accordi di Minsk e che il problema del Donbass avrebbe dovuto essere risolto con la forza di armi in quel momento, soprattutto in considerazione del mandato che gli era stato conferito dalla Duma russa in merito all’autorizzazione a utilizzare le forze militari russe in “Ucraina”, non solo in Crimea.
La tardiva realizzazione di Putin dovrebbe far venire i brividi a tutti coloro che in Occidente operano in base all’idea sbagliata che ora possa in qualche modo esserci una soluzione negoziata al conflitto russo-ucraino.
Nessuno degli interlocutori diplomatici della Russia ha dimostrato un briciolo di integrità quando si tratta di dimostrare un genuino impegno per una soluzione pacifica alla violenza etnica scaturita dai sanguinosi eventi del Maidan nel febbraio 2014, che ha rovesciato un eletto democraticamente certificato dall’OSCE Presidente ucraino.
Risposta alla Resistenza
Carri armati del governo ucraino contro il Donbass. (Ucraina MOD)
Quando i russofoni nel Donbass hanno resistito al colpo di stato e hanno difeso quell’elezione democratica, hanno dichiarato l’indipendenza dall’Ucraina. La risposta del regime golpista di Kiev è stata quella di lanciare contro di loro un feroce attacco militare durato otto anni che ha ucciso migliaia di civili. Putin ha aspettato otto anni per riconoscere la loro indipendenza e poi ha lanciato un’invasione su vasta scala del Donbass a febbraio.
In precedenza aveva atteso nella speranza che gli Accordi di Minsk, garantiti da Germania e Francia e approvati all’unanimità dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (compresi gli Stati Uniti), risolvessero la crisi dando autonomia al Donbass pur rimanendo parte dell’Ucraina. Ma Kiev non ha mai attuato gli accordi e non è stata sufficientemente pressata a farlo dall’Occidente.
Il distacco mostrato dall’Occidente, mentre ogni pilastro della legittimità percepita si sgretolava – dagli osservatori dell’OSCE (alcuni dei quali, secondo la Russia, stavano fornendo informazioni mirate sulle forze separatiste russe all’esercito ucraino); all’accoppiamento di Germania e Francia nel formato Normandia, che avrebbe dovuto garantire l’attuazione degli accordi di Minsk; agli Stati Uniti, la cui autoproclamata assistenza militare “difensiva” all’Ucraina dal 2015 al 2022 è stata poco più di un lupo travestito da agnello – tutto sottolineava la dura realtà che non ci sarebbe mai stata una soluzione pacifica delle questioni alla base del Conflitto russo-ucraino.
E non ci sarà mai.
La guerra, a quanto pare, era la soluzione cercata dall’«Occidente collettivo», e la guerra è la soluzione cercata dalla Russia oggi.
Semina vento, raccogli tempesta.
Riflettendoci, la Merkel non aveva torto nel citare Munch 1938 come antecedente alla situazione in Ucraina oggi. L’unica differenza è che questo non era un caso di nobili tedeschi che cercavano di tenere a bada i brutali russi, ma piuttosto di doppi tedeschi (e altri occidentali) che cercavano di ingannare i russi creduloni.
Questo non finirà bene né per la Germania, né per l’Ucraina, né per nessuno di coloro che si sono avvolti con il mantello della diplomazia, nascondendo alla vista la spada che tenevano dietro la schiena
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Sono proprio curioso di vedere quando piazzeranno un missile atomico in Ucraina.
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Fontana ha tre lauree ” umanistiche”… Ma ancora, con la “m” e la ” p” … non ci è arrivato…
Meditate, gente…
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…”un responsabile che abbia troppi voti”. La buona vecchia Banàlia: non si smentisce mai.
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