A cena dalla Latella. Idee per la scuola tra una portata e l’altra togliendosi i filacci dai denti. Proseguono le Valditariadi, le personali Olimpiadi del ministro dell’Istruzione e del presunto Merito per diventare il nuovo Giovanni Gentile. […]

(DI DANIELA RANIERI – Il Fatto Quotidiano) – Proseguono le Valditariadi, le personali Olimpiadi del ministro dell’Istruzione e del presunto Merito per diventare il nuovo Giovanni Gentile.
L’ultima uscita pubblica vede Valditara seduto a tavola sul set di un assurdo programma di SkyTg24, “A cena da Maria Latella”, in cui lui e altri commensali discettano amabilmente di scuola mentre mangiano. “Il bullismo, l’indisciplina, la disattenzione, il ragazzo che gioca col cellulare… Limitarsi alla sospensione cosa vuol dire? L’idea dei lavori socialmente utili che ti educano alla responsabilità, invece!” dice il ministro togliendosi i filacci dai denti con la lingua. Bruno Vespa, facendo la scarpetta: “Una punizione non potrebbe essere quella di fargli passare 4 ore da solo in biblioteca?”. Latella, a capotavola: “No, è meglio fargli pulire le aule!”. Una scena raccapricciante di puro sadismo che pare presa da Salò o le 120 giornate di Sodoma, o da quel film di Buñuel in cui degli insulsi borghesi pronunciano fatuità a tavola seduti sui water.
La scena prendeva le mosse dalle recenti dichiarazioni di Valditara sulle punizioni scolastiche, su cui a suo dire è stato frainteso.
L’asserito misunderstanding è noto: “Evviva l’umiliazione”, aveva detto a un convegno, “un fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della personalità, di fronte ai propri compagni. Da lì nasce il riscatto”, dal che tutta la popolazione alfabetizzata italiana aveva capito che per Valditara i docenti devono umiliare gli studenti indisciplinati davanti ai compagni. In serata il ministro ha ritrattato: lui voleva dire che gli studenti discoli devono “umiliarsi”, cioè “essere umili,” stabilendo con ciò la totale interscambiabilità di “umiltà” e “umiliazione”. Non contento, ha scritto a Repubblica per lamentarsi che “qualche commentatore forse non pienamente in buona fede” ha “voluto generalizzare”, e Dio sa cosa c’entri la generalizzazione con la transitività dei verbi. Nella lettera finge di darsi torto per darsi ragione (vecchio trucco degli oratori principianti): “Riconosco che il passaggio stesso può risultare non univoco nella sua interpretabilità”, hai detto niente, in fondo è solo il ministro dell’Istruzione, mica è tenuto a conoscere l’interpretabilità delle parole; poi ci spiega la differenza semantica tra umiliare qualcuno e umiliarsi davanti a qualcuno: “È decisivo l’uso riflessivo del verbo”, vedi tante volte.
Non padroneggiando appieno “la sola scienza al mondo suprema, la scienza delle parole”, per citare un autore che dovrebbe essergli caro (D’Annunzio), il ministro dell’altrui Istruzione ha voluto dire la sua sul Reddito di cittadinanza: “È moralmente inaccettabile darlo a chi a chi non ha terminato l’obbligo scolastico”. Riscatto, umiliazione, moralmente inaccettabile: Valditara ha questo eloquio intimidatorio, ampolloso, da verbale di questura del 1930. Ma è giusto: chi non ha la terza media, e magari lavora per pochi spicci da quando era minorenne, va punito vieppiù e affamato per giunta. Come se non fosse la povertà il primo motivo di abbandono della scuola. All’uopo, il suo governo toglie il Rdc ai genitori dei ragazzini indigenti, così imparano. E, per limitare la dispersione scolastica, con la manovra il suo ministero si appresta a chiudere centinaia di scuole.
Dopo aver redatto di suo pugno una circolare per dire alle e agli studenti che il comunismo è “un incubo” (il suo), l’instancabile Valditara ha detto che la scuola deve “avviare al lavoro fin dalle elementari”. È il metodo Valditara, dopo quello Montessori: creare forza-lavoro; premiare i fenomeni, i cresimati dal merito, i figli dei ricchi; punire i reietti, gli emarginati, gli scarsi (tipo Einstein, che andava male a scuola). Lo Stato deve bullizzare i bulli, costringendoli alle pene alternative al carcere che i tribunali comminano ai condannati. “Coi lavori socialmente utili il ragazzo accetta la sfida di ridurre le pretese del proprio ego”, ha detto il leghista (ex An), e chissà come si riducono le pretese dell’ego dei ministri, già autori di opere monumentali quali L’impero romano distrutto dagli immigrati. Sfornando studenti umiliati e impauriti, oppure spavaldi e prevaricatori – tutto fuorché cittadini liberi, pensanti – costruendo una società disciplinare fondata sulla competizione e sulla performance, neoliberista e classista con una base di destra autoritaria che nega qualunque progresso della pedagogia.
“Quando io ero bambino” ha detto Valditara con rimpianto, “il maestro era il maestro con la emme maiuscola”. Quando lui era bambino, a metà degli anni ’60, si usavano ancora le bacchettate sulle mani e le pene corporali: che voglia ripristinarle?
Ne abbiamo tutti fatto esperienza: gli insegnanti che mortificavano gli allievi erano dei palloni gonfiati repressi, falliti e frustrati; i danni che hanno fatto negli animi di generazioni di ragazzini innocenti sono incalcolabili. O forse basta guardare agli adulti che ci governano.
Daniela Ranieri numero uno
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Più apre bocca più Valditara espone la sua immensa ignoranza, poveri studenti in mano ad un idiota di tale livello!
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Anche i Re di Francia stavano a tavola in pubblico. Poi, giustamente, c’è stata la Rivoluzione.
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Ultimo paragrafo da incorniciare
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La Ranieri cita Bunuel che mi sembra perfetto per rappresentare questa finta cena di finti intellettuali, buonisti e sostanzialmente repressi.
Me li immagino bambini, la latella riempita di balle e freddezza, vespa di botte e false morali, e valditara tirato su a pane e umiliazione.
Vittime della borghesia alla Bunuel, repressa e repressiva, preoccupatissima delle forme invece che della sostanza, capace di massacrare un bambino pur di conformarlo a questo modo di vivere e di essere, storpiato e innaturale.
E il bambino, riempito di botte o di umiliazioni per storcerlo ad una vita che rientri nei canoni borghesi: ordinato, niente parolacce, buoni sentimenti, pulito, silenzioso, obbediente, conforme, studioso, competitivo, cattolico …. finisce con l’imparare che quello è il modo giusto di educare, e quando ha figli o alunni, ripete tutto.
“Mio padre\madre mi ha dato un sacco di botte (umiliazioni, paura, pressioni, violenza psicologica, maltrattamenti…), ma guarda come sono venuto bene, quindi le botte fanno bene”.
Quindi capisco il miniministro che in un ambiente che riconosce come suo, seduto sul water e ogni tanto andando nell’altra stanza a mangiare qualcosa di nascosto, nel mondo innaturale alla rovescia di questo film reale, si slacci un paio di bottoni e ci spieghi che bisogna umiliare gli alunnni.
Per lui è giusto, gli è stato spiegato per anni che era giusto e dopo anni di umiliazioni finalmente può umiliare a sua volta, vendicandosi sui deboli di quello che ha ricevuto da bimbo indifeso.
Lui prima vittima, sia chiaro, prima della sua famiglia e ora di se stesso, che per quanto possa umiliare gli altri non troverà mai la pace, anzi starà sempre peggio, cercandola nel suo contrario, cioè nel far stare male gli altri quanto male si sente lui. Un vicolo cieco, strada senza uscita.
L’unico modo sarebbe tornare indietro, ma un ministro non torna indietro, e nemmeno uno stimato giornalista.
Paradossalmente gli arrivati, quelli che sono poi diventati ricchi e potenti, segni borghesi inequivocaboli di buona riuscita, sono quelli con meno possibilità di riprendersi dal loro dolore, che magari in tv non si vede bene, ma li mangia da dentro e ne fa dei poveri inconsapevoli mendicanti dell’anima.
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