“Siamo oltre 100mila”: il serpentone arcobaleno riempie San Giovanni. Un successo il corteo per il cessate il fuoco lanciato da cattolici, sindacati e società civile. Landini: “Avanti insieme”

(DI TOMMASO RODANO – Il Fatto Quotidiano) – Quando la testa del serpentone si affaccia di fronte alla basilica di San Giovanni in Laterano, il punto d’arrivo del corteo, sono quasi le 15. La coda è ancora in piazza della Repubblica, quello di partenza. Gli organizzatori esultano: “Siamo più di 100mila”. Forse un eccesso di entusiasmo, ma quello dei numeri ufficiali è un esercizio per nulla appassionante. Il senso è comunque chiaro: la manifestazione per la pace di Roma è un grande successo, con diverse decine di migliaia di manifestanti. Piazza San Giovanni è piena, il pacifismo è vivo, il messaggio è arrivato forte: basta con le armi, è l’ora dello sforzo diplomatico.

Il colpo d’occhio è subito coloratissimo: un grande drappo arcobaleno portato da Assisi, il rosso della Cgil, il bianco delle Acli, il blu della Comunità di Sant’Egidio, il tricolore dell’Anpi. E ancora: Arci, Emergency, Casa delle donne, Legambiente, Libera, i boy scout di Agesci; una galassia infinita di sigle laiche e cattoliche, il risultato di un lavoro sui territori che va avanti da tanto tempo. È soprattutto una prova di forza dei sindacati e della società civile, che sono riusciti a dare forma a una piattaforma autonoma, chiaramente progressista e hanno portato a Roma una folla che oggi la politica può solo sognare.

In piazza i partiti del centrosinistra ci sono venuti, ma senza bandiere e senza salire sul palco, con un ruolo ancillare; nella migliore delle ipotesi sono qui ad ascoltare. C’è senza tanti imbarazzi Giuseppe Conte, con diversi esponenti del Movimento Cinque Stelle: l’ex premier ha avuto l’intuizione di promuovere subito la causa di una grande manifestazione nazionale per la pace. C’è anche Enrico Letta con una delegazione del Pd, il segretario marcia dimesso, ma mostra il coraggio, se non altro, di venirsi a prendere i fischi e una contestazione inevitabile. Ci sono i rossoverdi Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, ci sono Pier Luigi Bersani e molti altri, parlamentari ed ex. Ma c’è soprattutto tanta gente. E l’unico leader il cui nome torna spesso, nei discorsi sopra e sotto al palco, è papa Francesco.

“Può essere una svolta – dice il presidente di Anpi, Gianfranco Pagliarulo – e spero sarà un esempio per le altre capitali: Londra, Parigi, Madrid, Berlino. Sicuramente è un ottimo inizio”.

A cancellare simbolicamente le accuse di equidistanza tra Mosca e Kiev, il corteo è aperto da un gruppo di donne ucraine, che sfilano con la bandiera gialloblu e cantano l’inno nazionale. Si vedono anche vessilli iraniani, palestinesi, curdi. Ed è di una donna ucraina anche il primo messaggio, che viene trasmesso dai maxischermi ai lati del palco: si chiama Katrin Cheshire, è un’attivista del movimento pacifista di Kiev: “Chiediamo il vostro sostegno affinché il nostro governo ascolti ogni opportunità per porre fine al conflitto. La guerra è un crimine contro l’umanità e la vita umana è il valore più grande: la vita di ogni ucraino, di ogni russo e di ogni altro popolo sulla terra”.

Don Tonio Dell’Olio legge un messaggio del cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei: “La pace manca come l’aria. Chi lotta per la pace è un realista, anzi un vero realista, perché sa che non c’è futuro se non insieme. Papa Francesco con grande insistenza ha chiesto di fermare la guerra, noi chiediamo al presidente della federazione russa di fermare, anche per amore del suo popolo, questa spirale di violenza. E chiediamo al presidente dell’Ucraina che sia aperto a serie proposte di pace”.

Gli ultimi a salire sul palco sono Don Luigi Ciotti, Andrea Riccardi e Maurizio Landini. Conclude proprio il segretario della Cgil: “A occhio siamo più di 50 e non siamo pericolosi”, ironizza sul decreto anti-rave. Poi tiene insieme il messaggio pacifista – la richiesta di cessate il fuoco e del rilancio della diplomazia – con la questione sociale: “Questa piazza chiede un cambiamento. Non so come chiamarvi – amici, compagni, fratelli – ma dobbiamo continuare insieme. Non solo perché abbiamo ragione, ma perché abbiamo la forza per poterlo fare”. Suona come un appello per la rinascita, dal basso, di una piattaforma sociale di sinistra. Lo dirà il tempo. Intanto il serpentone arcobaleno si scioglie sulle note di Bella Ciao.