Partire? Tornare? Che fare? Trattasi di un complesso problema di circolazione (e di sensi unici alternati) che da sempre ha impegnato le menti più brillanti: “Non è l’uscire dal porto, ma il tornarci, che determina il successo di un viaggio” (Henry Ward Beecher, politico americano). Ma anche: “Per andare dove […]

(di Antonio Padellaro – Il Fatto Quotidiano) – “E se la manifestazione pacifista, quando sarà, si concludesse davanti alla sede dell’ambasciata russa a Roma?” (Luigi Manconi, Repubblica). “Facciamo sì che ‘quelle grandi manifestazioni per la pace senza bandiere di partito’ partano ogni volta dai cancelli dell’ambasciata russa” (Paolo Mieli, Corriere della Sera).

Partire? Tornare? Che fare? Trattasi di un complesso problema di circolazione (e di sensi unici alternati) che da sempre ha impegnato le menti più brillanti: “Non è l’uscire dal porto, ma il tornarci, che determina il successo di un viaggio” (Henry Ward Beecher, politico americano). Ma anche: “Per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare?” (Totò, Peppino e la Malafemmina). Dilemma che nell’aderire al sit-in per l’Ucraina (domani, davanti all’ambasciata russa), Enrico Letta ha risolto con la soluzione più coerente con la linea del Pd: rimanere immobili. Questa originale commistione tra guerra, pace e codice della strada sembra avere come reale obiettivo non tanto l’aggressore Putin bensì prendere in castagna Giuseppe Conte (ed elevargli regolare contravvenzione).

Non staremo qui a ricordare come, stando al ritratto che ne fanno i cosiddetti grandi giornali, la figura dell’ex premier abbia poco da invidiare, quanto ad ambiguità internazionale, a quella del dittatore nordcoreano Kim Jong-un. Stessa corrività nei confronti del macellaio di Mosca, stessa attenzione ai loschi interessi di Pechino, stesse strizzatine d’occhio a quel mascalzone di Donald Trump. Naturale che la proposta di una “grande manifestazione per la pace senza bandiere di partito” avanzata dal capo dei 5Stelle, a parte il profluvio di virgolette con cui viene denunciata, ponga un serio problema, già tristemente noto all’epoca del “taci il nemico ti ascolta”. Ovvero, l’esistenza in Italia di una Quinta Colonna che agisce per disarticolare il fronte occidentale: utili idioti manovrati da Mosca (magari a suon di rubli), esattamente come i movimenti per la Pace ai tempi dell’Unione Sovietica. Per “salvare l’onore e la faccia” (Mieli) all’ex “avvocato del popolo” (che, con rara impudenza, si ostina a non scomparire elettoralmente) viene generosamente concessa una via d’uscita. Anzi, una direzione di Marcia, e l’indirizzo di Villa Abamelek dove andare a protestare, se ne avrà il coraggio. Davanti alla quale, tuttavia, il tapino troverà seduto “Superman” Letta che “brucia Conte e unisce il Pd” (Repubblica). Così, mentre Kiev brucia da noi divampa la guerra dello stradario.