Il ministero della Difesa ucraino mostra una fotografia e la stampa ci si butta. Ma “Bild” rivela: i russi han rubato i molari da un dentista. Martedì scorso Serhiy Bolvinov, capo del dipartimento investigativo del Servizio di sicurezza nella regione di Kharkiv, ha fotografato una maschera antigas […]

(DI COSIMO CARIDI – Il Fatto Quotidiano) – Martedì scorso Serhiy Bolvinov, capo del dipartimento investigativo del Servizio di sicurezza nella regione di Kharkiv, ha fotografato una maschera antigas e una vaschetta piena di denti. Il ministero della Difesa ucraino ha ripreso gli scatti su twitter: “Una mini Auschwitz, quante ne verranno ancora scoperte nell’Ucraina occupata?”. Il giorno dopo i giornali di tutto il mondo si sono lanciati nei parallelismi tra l’operato delle SS e quello dell’esercito russo. “Kharkiv: denti d’oro strappati ai morti” titolava Il Giornale. Mattia Feltri, nel suo “Buongiorno” de La Stampa, raccontava la storia del dentista di Auschwitz: Benjamin Jacobs. Studente, al primo anno di odontoiatria in Polonia, deportato nel campo di concentramento che riuscì a sopravvivere occupandosi di cavare i denti dei cadaveri nelle camere a gas. Feltri concludeva l’editoriale spiegando che la “cassetta (di denti d’oro) di Putin, per ora, è soltanto la cassetta di un piccolo Hitler”. Ecco, quei denti d’oro della stanza delle torture a Pisky-Radkivski, in una delle aree recentemente liberate dall’occupazione russa, non sono d’oro e la vaschetta piena di protesi non nasconde la storia del giovane studente di odontoiatria ebreo, ma quella un altro dentista. Ma per raccontarla bisognava andare a chiedere a Sergey che ha tirato quei denti uno a uno.

Ieri tre giornalisti della Bild, il quotidiano tedesco più diffuso del paese, sono andati a incontrarlo. Sergey ha sessant’anni ed è l’unico dentista della zona di Pisky-Radkivski. I reporter gli hanno mostrato la fotografia diffusa su twitter dal ministero. “Questi denti – ha detto il dottore – sembrano quelli della mia collezione, i russi sono entrati a casa mia e l’hanno saccheggiata”. I giornalisti hanno insistito. Hanno chiesto al dentista se quelli della foto possono essere denti stati presi ai morti, come faceva il giovane Jacobs nelle camere a gas di Auschwitz: “Oh mio dio, no! Provengono da persone che ho curato negli anni. Ho tolto quei denti perché non erano in buone condizioni. Ho rimosso decine di migliaia di denti, questa è solo una piccola parte. A volte ne tiro da cinque a otto al giorno e questo lo faccio da 33 anni”. Secondo il medico, i soldati russi gli avevano preso i denti pensando che fossero d’oro, che avessero un valore. “Sono d’acciaio inossidabile” ha risposto il dentista, valgono come il bossolo di un proiettile. Nonostante questo l’uomo non nega le violenze commesse dall’esercito di Mosca, anzi: “I vicini mi hanno riferito che i russi apparentemente usavano i denti per spaventare le persone, i prigionieri”. Negli scorsi mesi i militari russi hanno lasciato segni indelebili di torture e massacri. I 440 corpi nelle fosse comuni ad Izyum, con mani legate e i cappi al collo. Poi ancora le stragi di Bucha e Mariupol: i casi sono già molti, troppi. Gli ucraini hanno trovato 22 camere di tortura nelle zone liberate dall’occupazione russa. E anche nella piccola cittadina Pisky- Radkivski ci sono varie testimonianze di ucraini condotti nello scantinato, la camera degli orrori, e mai usciti.

I residenti dell’area hanno raccontato di urla e condizioni disumane in cui i russi tenevano i prigionieri. Secondo la ricostruzione fatta da Bolvinov, l’ufficiale della polizia ucraina, la maschera antigas della foto si trovava sulla testa di una vittima, coperta con uno straccio che bruciava e sepolta viva. “La polizia conosce i nomi delle vittime – spiegava l’investigatore – le indagini sono in corso”. Ma le accuse, e la deumanizzazione del nemico, sembrano venir prima delle prove. La realtà fatta da decine, forse centinaia, di migliaia di morti è già abbastanza tragica senza che si debbano imputare tecniche naziste, a una o all’altra parte, solo in base a un tweet del ministero. Una volta le avremmo chiamate veline.