Il Rosatellum non smette di deliziarci: a dieci giorni dal voto non si sa ancora con precisione chi sono i nuovi parlamentari. Cinque giorni fa, il Viminale è stato costretto a correggersi, modificando la mappa degli eletti in più di metà delle regioni: un capolavoro. Il caso più clamoroso è […]

(Silvia Truzzi – Il Fatto Quotidiano) – Il Rosatellum non smette di deliziarci: a dieci giorni dal voto non si sa ancora con precisione chi sono i nuovi parlamentari. Cinque giorni fa, il Viminale è stato costretto a correggersi, modificando la mappa degli eletti in più di metà delle regioni: un capolavoro. Il caso più clamoroso è quello di Umberto Bossi, che in un primo momento risultava non eletto e poi è rientrato dalla finestra. Come è stato possibile lo ha spiegato Roberto Calderoli, espertissimo di leggi elettorali e padre dell’indimenticabile quanto incostituzionale Porcellum: “Tutto è corretto fino all’attribuzione dei seggi delle coalizioni a livello nazionale, ovvero sulla base della cifra elettorale nazionale di coalizione dei partiti che abbiano superato l’1%. L’errore nasce dal passaggio successivo, dove la cifra elettorale di coalizione nella circoscrizione deve comprendere anche i partiti che hanno superato l’1%, anche quando questi non hanno raggiunto il 3%, cosa che non è stata fatta perché già a livello circoscrizionale è stata sottratta la lista di +Europa, creando una serie di seggi deficitari che coinvolgono 13 circoscrizioni su 28”. Dal Viminale (dove la ministra Lamorgese pare sia stata sulla soglia delle lacrime per diversi giorni) fanno sapere che, in attesa di comprare nuovi pallottolieri, la pubblicazione da parte del ministero degli eletti riveste “carattere ufficioso”, perché la ripartizione definitiva e la proclamazione è compito dell’Ufficio elettorale centrale della Cassazione e delle Corti di Appello. Cosa che dovrebbe accadere oggi: sarà comunque tardi, alla faccia dei proclami sui sistemi elettorali che la notte delle elezioni dicano con chiarezza al Paese chi ha vinto, quanto, come e perché.

Intanto c’è già un pessimo risultato: per la prima volta dopo vent’anni s’invertirà il trend di crescita della presenza femminile in Parlamento. Su 600 seggi disponibili solo 186 dovrebbero essere occupati da deputate e senatrici: appena il 31% del totale. È la prima volta dal 2001 che questa percentuale diminuisce tra un’elezione e l’altra, dopo che nella passata legislatura si era raggiunta la cifra più alta mai registrata, pari al 35,3% con 334 donne su 945 seggi. Diranno che è colpa del taglio dei parlamentari, ma naturalmente non è così. È colpa di una regola che è solo uno specchietto per le allodole, cioè quella dell’alternanza di genere nei listini (nei collegi plurinominali a liste bloccate candidati e candidate devono alternarsi). Prima delle elezioni Openpolis aveva spiegato il meccanismo utilizzando l’esempio della futura premier Giorgia Meloni, candidata per la Camera in un collegio uninominale in Abruzzo e contemporaneamente capolista al proporzionale in cinque collegi dove, come richiede la legge, alla seconda posizione c’era un uomo: “Se dovesse risultare vincitrice nel collegio uninominale, le liste dei plurinominali dovrebbero scorrere alle seconde posizioni, ricoperte in tutti e cinque i casi da uomini”. Così è stato.

Questa legge è tutta una truffa: promuove un maggior equilibrio tra uomini e donne e ottiene l’effetto opposto, si spaccia per essere un sistema proporzionale quando invece è un maggioritario (e dei peggiori). Senza contare l’effetto flipper, impazzito come una maionese. Una legge elettorale può funzionare come un biliardino? No: non è cosa da “democrazia avanzata”, come ci piace definirci. A detta di molti osservatori pare che il prossimo esecutivo durerà come un gatto in tangenziale: sarà bene che il Parlamento si metta subito al lavoro per dare agli italiani una nuova legge, a dio piacendo veramente proporzionale.