
(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Una sommessa preghiera a quelli che consigliano al Pd come uscire dalla crisi in cui è precipitato per aver seguito i loro consigli: abbiate pietà, abbiamo già tanti guai, munitevi almeno di un traduttore simultaneo che decritti i vostri messaggi cifrati, non ce la possiamo fare. Ieri, per dire, ha dato il suo contributo sulla […]
Gli alfa privativi
(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Una sommessa preghiera a quelli che consigliano al Pd come uscire dalla crisi in cui è precipitato per aver seguito i loro consigli: abbiate pietà, abbiamo già tanti guai, munitevi almeno di un traduttore simultaneo che decritti i vostri messaggi cifrati, non ce la possiamo fare. Ieri, per dire, ha dato il suo contributo sulla Stampa il padre del partito mai nato, Walter Veltroni che, con “sguardo appassionato ma doverosamente distante”, punta nientemeno che alla “riprogettazione dell’identità della sinistra” perché “è tempo di immaginare un’altra società”. Perbacco. Insomma, “incarnare il senso di smarrimento dei cittadini”, a cui Uòlter contribuisce da par suo. Perché “è proprio questa la ‘terra’ di un partito”. Quale? “Una comunanza di sentimenti”. Come no. Purtroppo ha perso le elezioni. Anzi no: “Il Pd, più che una sconfitta elettorale, ha subìto una sconfitta politica”. Ah ecco. Però “rischia molto se non coltiva la sua identità e se non cambia profondamente”. Un ingenuo potrebbe pensare che, se deve cambiare profondamente, una identità non ce l’ha. Ma sbaglierebbe: “Torniamo alle radici: nel 2007 cercammo di dire che il Pd non era l’alfa privativo”. Alle catene di montaggio e nei mercati rionali non si parlava che dell’alfa privativo e purtroppo la gente lo scambiò per il Pd e corse a votare B., poi Lega, poi 5Stelle, poi Meloni. Non capiva, la plebaglia, che il Pd era “una bellissima identità propria, il soggetto che coniugava, senza la costrizione delle ideologie, la radicalità del riformismo con la pienezza delle libertà”. E lo confondeva con “un indistinto affetto da moderatismo”, anche perché nel frattempo Uòlter aveva imbarcato Calearo e la Binetti, di lì a poco arrivarono pure Renzi, Verdini, Alfano e Casini, e ci furono risparmiati Amedeo Nazzari e Leonardo Di Caprio solo perché il primo era morto e il secondo, dopo Titanic, non voleva fossilizzarsi nella parte di quello che affonda (copyright Corrado Guzzanti). Però dài, ora con la radicalità del riformismo e la pienezza della libertà tutto torna a posto.
Ancor più decisivo l’apporto di Luciano Violante che, su Rep, ha una folgorazione: “Ora il Pd riparta dall’opposizione”. Bontà sua. Da dove altro potesse ripartire, avendo perso le elezioni, non è dato sapere. Ma Violante la mette giù come una gentile concessione alla destra, un atto di generosità: “Per stavolta v’è andata bene, ripartiamo dall’opposizione, ma solo perché abbiamo deciso di rinunciare al governo. Invece di montarvi la testa, dovreste ringraziarci per il beau geste”. Come una vedova che, ai funerali del marito, annuncia: “Ora riparto da single”. O uno che precipita dal terzo piano e, mentre arriva l’ambulanza, strilla: “Poche balle, ora riparto dal pianterreno!”.
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Ma Violante davvero ha detto così??
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@Maristella è lo stesso Violante che nel 2003 fece, alla Camera, quell’ intervento “scioccante” su Mediaset…l’è semper lu’ direbbero dalle parti di Arcore…!!!!
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E se gli capitasse,anche se oggi sembra impossibile, che un Mattarella ,dopo un capriccio di Salvini,decidesse di far governare “per senso di responsabilità” un ennesimo governo tecnico, cosa farebbe il pd secondo voi ? Andrebbe a governare on i fasciomeloniani ? Certamente che si, ma anche…Il lupo perde il pelo ma non il vizio.
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Grazie Raf2
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Veltroni, un altro sfigato porta jella.
Può fare il paio con Letta, il tris con Fassino e il poker con Renzi…
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E quante cazzate ha detto dalla Gruber, Dio mio 🤦♂️
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Lo immaginavo, ma quando ho sentito che c’era lui !e la sciaquetta Palmerini) ho evitato accuratamente
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Fuggita…
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il miglot Uòlter
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Ah ah ah!
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Grazie, Raf!
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L’ho intravisto ieri sera, ospite della celeberrima rubrica delle otto e mezzo: uno strazio indicibile. Le risposte alle domande tutte con caratteristiche da titolo di un qualche capitolo che ti aspetti venga poi sviluppato. No, niente. Ci teneva a chiarire che ora, lui, c’entra nulla col pd, ma “il partito deve darsi una identità e ripartire dal lavoro”. Incoraggiamenti che verranno sicuramente presi in considerazione dalla futura dirigenza, col rammarico per non averci pensato prima; anche perché un partito a “vocazione maggioritaria” deve badare a una marea di cose, qualcosina può scappare.
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Due sono gli spunti che mi suggerisce Veltroni con i suoi… suggerimenti: “rischia molto se non coltiva la sua identità e se non cambia profondamente”…. “Torniamo alle radici: nel 2007 cercammo di dire che il Pd non era l’alfa privativo”. etc…
Eggia’.. io me li immagino i prossimi candidati del PD che si interrogano sulla strada da far prendere al PD e pongano la questione al Walter…
A dire il vero poi il Walter fa il filosofo con quella sua “bellissima identità propria, il soggetto che coniugava, senza la costrizione delle ideologie, la radicalità del riformismo con la pienezza delle libertà”…. ed allora non puo’ che venirmi in mente un altro famoso colloquio con l’autorita’ (che appunto vien ben rappresentata dal Walter…):
p.s.: si lo so… son scenette che vengon tirate in ballo ogni due per tre.. pero’ stavolta mi pare calzino a pennello…
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Sono sincero, non sono riuscito a reggere sino alla fine ma non ho dubbi che stamatina, al bar della stazione di Bettole, non si parla d’altro. Ora la gruber puo’ completare il ciclo invitando Bertinotti e il PD può ripartire: l’alfa primitivo c’è!
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Grazie delle risate!!avercene di comici di tal fattura!!
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MALAKA! Alfa privativo ? Riferito a Veltroni!
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Sono stato fortunato.
Ieri sera sono rientrato a casa dopo le 21.30 e ho saputo di Veltroni dalla gruber solo adesso dai vostri commenti.
GRAZIE a tutti per avermi avvisato, molto meglio gustarsi le scenette pubblicate da Franz ( tranquillo Franz,quelle non invecchiano e non stancano mai) e saltare a piè pari il capitolo veltroni.
Riguardo al pd mi sa che alla fine si limiterà a cambiare nome, come se chiamare “lavanda” un pezzo di 💩 potesse in qualche modo attenuarne l’odore.
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*
veltroni al posto di Veltroni.
Errore di distrazione ma comunque molto grave e preferisco scusarmene pubblicamente.
Non vorrei mai che qualcuno fraintendesse…..
🤔
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Il PD non ha più senso di esistere(se ma lo ha avuto), perché le politiche progressiste e chiamiamole di sx appartengono ai 5S.
A forza di difendere poltrone e privilegi di classe,mantenendo poi quell’atteggiamento borioso e saccente sui reali bisogni e conseguenze di chi dovrebbero difendere,sono stati sostituiti da chi invece perlomeno qualcosa di veramente progressista ha Fatto.
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Ma questo signor Veltroni non doveva recarsi in Africa a deliziare i popoli con la sua magica parola?? Bè mantenga fede alle sue parole e ci liberi dalle continue stupidaggini che propina sui giornali e in televisione, vada in Africa e ci rimanga.
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Ricordo che a quella minaccia di Uòlter di recarsi in Africa, gli africani più avvertiti, già colpiti da fame e miseria, non se la sono sentita di passare anche per scemi. E sono preventivamente partiti in massa verso il nord Europa, facendo impennare la curva dell’emigrazione.
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L’apice dalla Gruber l’improbabile Uòlter l’ha raggiunto quando la conduttrice gli ha chiesto se parteciperebbe o meno ad una manifestazione per la pace” senza bandiere” proposta da Conte, ecco lì è emersa tutta l’insulsaggine di tale personaggio.
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E cosa ha risposto?
Io ho iniziato una birra a stomaco vuoto quando ha cominciato a parlare e dopo la prima risposta l’avevo già finita, per cui il dibattito seguente non ce l’ho fatta a seguirlo.
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Gruber “lei andrà alla manifestazione invocata da GiuseppeConte senza bandiere e simboli per la pace?
Veltroni “Non lo so, non ho letto la piattaforma di questa manifestazione”
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” la piattaforma”?
Vabbè!
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E in più tutta una serie di pretestuosi distinguo che solo un poveretto può addurre, penoso!
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queste vecchie cariatidi, vedove inconsolabili di un Pd caravanserraglio morto ancor prima di nascere che galleggia aggirando la costituzione ed il senso comune del pudore che non potendo più dare il cattivo esempio manda in sempre in onda buoni ” consigliori” ed ora aspettiamo Giorgio Napolitano e Nicola Mancino…
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Ho avuto un incubo. Ho sognato di aver acceso la TV e aver rivisto parlare le salme di Bertinotti, Veltroni e D’Alema. Poi mi sono svegliato, e mi sono accorto che il pluridelinquente Silvio B. è stato resuscitato e rieletto a 86 anni, prendendo pure ancora 8% di voti. Insomma, i suoi complici hanno distrutto la sinistra e si sono autoestinti, la mummia resuscita sempre dal suo sarcofago grazie a loro e loro eredi. Novello Lazzaro.
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Partito ademocratico. In effetti l’ “alfa privativo” sta bene proprio nel nome, che vogliono cambiare, del fu pd. Ora può diventare il “p.a.”.
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“Alle catene di montaggio e nei mercati rionali non si parlava che dell’alfa privativo e purtroppo la gente lo scambiò per il Pd e corse a votare B”
Che ridere!
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Sta volta Marco non ha davvero trovato nulla su cui scrivere?
Cioè Weltroni lo puoi accusare di aver detto una ovvietà,ma sostenere che non si deve azzardare a dire una ovvietà perchè 15 anni fa è stato il primo segretario del PD è solo una sciocchezza.
E se poi era tutta una lunga premessa fumosa, solo per arrivare alle cavolate di Violante, ripeto, forse aveva davvero poco di cui scrivere.
Insomma un conto è fare il giornalista pungente, un conto è fare il Guzzanti e ripetere un tormentone
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Guarda caso, ieri sera ospite “d’onore” della Sig.ra Educazione Asburgica, nientemeno che il Verme, affondatore originariamente de P D, benevolo con il Pariolino (Comencini). A sua insaputa ha usato la parola Sinistra, dispiace che Scanzi non ha avuto la possibilità di replicare causa tempi ristretti ma ci ha pensato il Direttore M.T.
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[www.corriere.it] PD; Veltroni: «La democrazia italiana è malata. Ecco le dieci riforme per cambiare»
martedì 24 luglio 2007
[www.corriere.it] –
Veltroni: sistema in crisi, il Partito democratico nasce per fermare la deriva
«La democrazia italiana è malata
Ecco le dieci riforme per cambiare»
Tra i punti riduzione dei parlamentari, una nuova legge elettorale, il federalismo e una corsia preferenziale per i testi del governo
Walter Veltroni (Ansa)
Walter Veltroni (Ansa)
ROMA – Se abbiamo voluto chiamare «democratico» il partito nuovo che stiamo costruendo, è anche e soprattutto perché è la democrazia la questione cruciale del nostro tempo. Siamo entrati nel ventunesimo secolo sull’onda delle speranze suscitate dalla vittoria della democrazia sui totalitarismi che avevano insanguinato il Novecento. Ma oggi quella corrente calda ha perso buona parte della sua forza, frenata dall’attrito con questioni dure, come il divario tra il carattere globale dei nuovi problemi (e dei nuovi poteri) e la dimensione ancora prevalentemente nazionale delle istituzioni politiche, la persistente debolezza delle istituzioni internazionali, la fatica con la quale avanzano i processi di integrazione sopranazionale e post-statuale, a cominciare dall’Unione Europea.
E se perfino le grandi democrazie appaiono troppo piccole, è inevitabile che sia messo in dubbio il fondamento più profondo della democrazia stessa: quella visione umanistica della storia che ritiene possibile, per la coscienza e l’intelligenza delle donne e degli uomini, orientare il corso degli eventi. Perché ritiene che la storia non sia determinata meccanicisticamente dalla sola legge della necessità, ma possa essere influenzata dal responsabile esercizio della libertà. Dirsi «democratici», oggi significa dunque anzitutto lavorare per aprire alla democrazia orizzonti più ampi: a cominciare dal multilateralismo efficace nelle relazioni internazionali e da una visione politica e non solo mercantilistica dell’integrazione europea. E tuttavia, anche per contribuire ad aprire un nuovo ciclo, un ciclo sopranazionale, nella storia della democrazia, dopo quelli delle città antiche e degli stati moderni, è necessario disporre di istituzioni nazionali forti, perché efficaci e legittimate, di un sistema politico capace di pensare in grande e di agire con rapidità e di un efficace e trasparente governo di prossimità. Il nostro Paese non dispone oggi di istituzioni nazionali e di un sistema politico adeguati a questi fini. La democrazia italiana è malata, per così dire, su entrambi i lati del suo nome composto: quello della «crazia», ovvero dell’autorevolezza e della forza delle istituzioni; e quello del «demos», ovvero della legittimazione popolare della politica.
Non è necessario dilungarsi nella descrizione: è sotto gli occhi di tutti la crisi di autorità di un sistema istituzionale e politico, qualunque sia il colore del governo del momento, allo stesso tempo costoso e improduttivo, tanto invadente nell’occupazione del potere e nell’ostentazione dei suoi segni esteriori, quanto impotente nell’esercitare il potere vero, quello che serve ad affrontare i problemi del paese; tanto capace di frammentarsi inseguendo e cavalcando la degenerazione corporativa della società, quanto inadeguato al bisogno, che pure il paese esprime, di unità, solidarietà, coesione attorno a obiettivi di bene comune. La democrazia italiana sta andando in crisi per assenza di capacità di decisione, per la prevalenza della logica dei veti delle minoranze sulle decisioni delle maggioranze. La democrazia non può essere un’assemblea permanente che si conclude con la convocazione di un’altra assemblea. La democrazia è ascolto, partecipazione, condivisione. Ma, alla fine, è decisione. Lo disse Calamandrei durante i lavori della Costituente: «La democrazia per funzionare deve avere un governo stabile: questo è il problema fondamentale della democrazia. Se un regime democratico non riesce a darsi un governo che governi, esso è condannato… Le dittature sorgono non dai governi che governano e che durano, ma dalla impossibilità di governare dei governi democratici».
Il Partito democratico nasce per porre un argine a questa deriva, nella quale la politica stessa finisce per alimentare l’antipolitica, e per avviare, con la sua stessa costituzione, un’inversione di tendenza: dalla divisione all’unità, dall’invadenza alla sobrietà, dall’arroganza inconcludente alla forza dell’efficienza e della produttività. Per dare concretezza a questa linea di lavoro, il Partito democratico al quale penso si impegnerà seriamente a fare dieci cose concrete.
Primo: superare l’attuale bicameralismo perfetto, assegnando alla Camera la titolarità dell’indirizzo politico, della fiducia al governo e della funzione legislativa e facendo del Senato la sede della collaborazione tra lo Stato e le autonomie regionali e locali. Senato e Camera manterrebbero potestà legislativa paritaria nei procedimenti di revisione costituzionale.
Secondo: operare una drastica riduzione del numero dei parlamentari, coerente con la specializzazione delle due camere: 470 deputati e 100 senatori porterebbero l’Italia al livello delle altre grandi democrazie europee come quella francese alla quale sempre di più dobbiamo saper guardare.
Terzo: riformare la legge elettorale, in modo da ridurre la assurda frammentazione e favorire un bipolarismo basato su competitori coesi programmaticamente e politicamente. Il governo sarebbe così capace di assicurare l’attuazione del programma per il quale è stato scelto dagli elettori, come in tutte le grandi democrazie europee. E, infine, la ricostruzione di un rapporto fiduciario tra elettori ed eletti, mediante la previsione per legge di elezioni primarie per la selezione dei candidati. Tutto questo è ora reso ancora più necessario dalla positiva sfida del referendum.
Quarto: rafforzare decisamente la figura del Presidente del Consiglio, sul modello tipicamente europeo del governo del primo mini-stro, in modo da garantire unitarietà e coerenza all’azione di governo e coesione alla maggioranza parlamentare, attribuendogli, ad esempio, il potere di proporre nomina e revoca dei ministri al Presidente della Repubblica.
Quinto: rafforzare il sistema di garanzie nel sistema maggioritario e bipolare, in modo da scongiurare qualunque rischio di dittatura della maggioranza o di deriva plebiscitaria, prevedendo quorum rafforzati per la modifica della prima parte della Costituzione e per l’elezione delle cariche indipendenti, uno Statuto dell’opposizione, l’attribuzione alla Corte costituzionale delle controversie in materia elettorale, norme rigorose contro il conflitto d’interessi.
Sesto: previsione di una corsia preferenziale, con tempi certi, per l’approvazione dei disegni di legge governativi e voto unico della Camera sulla legge finanziaria nel testo predisposto dalla Commissione Bilancio, sulla falsariga dell’esperienza inglese.
Settimo: escludere nei regolamenti parlamentari la costituzione di gruppi che non corrispondano alle liste presentate alle elezioni e rivedere le norme finanziarie che oggi premiano la frammentazione, comprese quelle sul finanziamento pubblico dei partiti e della stampa di partito.
Ottavo: completare la riforma federale dello Stato, attuandone gli aspetti più innovativi, a cominciare dal federalismo fiscale e dalle forme particolari di autonomia che possono avvicinare le regioni a statuto ordinario alle autonomie speciali, con uno sguardo particolare alle grandi aree metropolitane.
Nono: attuare l’articolo 51 della Costituzione, prevedendo almeno il 40 per cento di candidati donne e di capilista donne a pena di inammissibilità delle liste. Il Partito democratico applicherà alle proprie liste la quota del 50 per cento.
Decimo: riconoscere il voto ai sedicenni per le elezioni amministrative, valorizzandone l’apporto di freschezza e di entusiasmo essenziale per la rivitalizzazione della democrazia e al tempo stesso la funzione di responsabilizzazione, di socializzazione e di apertura, essenziale nel delicato percorso dall’adolescenza alla maturità. Si tratta, come è ovvio, di proposte aperte, che implicano un iter non semplice di revisione costituzionale e legislativa, che a sua volta presuppone la convergenza di un ampio schieramento di forze. Molte legislature sono trascorse invano, da quando il tema della riforma della politica, delle sue regole, delle sue istituzioni, è entrata nell’agenda del paese. Ora la crisi di autorità della politica sta diventando un’emergenza democratica. Il Partito democratico al quale penso nasce per riportare l’Italia tra le grandi democrazie d’Europa. È una urgenza assoluta. Se non vogliamo che si avveri la lucida profezia di Calamandrei.
Walter Veltroni
24 luglio 2007
Insomma era già tutto scritto nel 2007, bipolarismo, abolizione del Senato ( Renzi deve aver preso appunti), federalismo/autonomia ( ai leghisti fischiano le orecchie), rafforzamento dei poteri del pdc ( sognando Draghi! ), escludere la costituzione di gruppi che non corrispondano alle liste elettorali (fino a quando una parte del PD non decida diversamente, fondando IV), le famigerate quote rosa, la stabilità di governo con due poli opposti ( e pazienza se poi sono uguali ed indistinguibili! ), in grado di governare fino a quando non arrivano i due Mattei, di cui segretario del PD ,che si vanta di far cadere i governi ogni 2 anni. ….contrastare l’ antipolitica, cioè quella parte di cittadini che già dal 2007 avevano la fastidiosa sensazione di essere presi per il cubo. ….purtroppo la piattaforma, di cemento, non ha colpito il bersaglio nel 2007, e nel 2022 la democrazia è agonizzante, abbiamo come prossimo presidente del Senato un condannato in via definitiva, una postfascista pdc, un futuro presidenzialismo, il multilateralismo è il fungo atomico sotto l’ albero di Natale….dell’ Europa manco il puzzo, mentre le puzzette di Uolter sono gocce di Chanel n 5 sul collo della signorina Rottermaier in onda sulla 7!
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“Veltroni, un altro sfigato porta jella.”
Insomma.
Ha casa dalle parti di piazza Fiume pagata due lire.
Almeno a se stesso porta bene.
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Sei unico Marco, questi quando parlano…ma si rendono conto che dicono delle barzellette micidiali
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Vedendolo, non vi viene voglia di prenderlo a ceffoni, sul tipo: ‘ma anche questo (POW) e quest’altro (POW) e anche quest’altro (POW)
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