Accoglienza, selfie, cori, mozzarelle: “È meglio di Matteo”. Anche la colonna sonora: A mano a mano di Rino Gaetano. Il villaggio della Coldiretti al Castello Sforzesco di Milano, per una mattina, si trasforma in Atreju, la tradizionale festa di Fratelli d’Italia. Cambiano solo le bandiere […]

(DI GIA.SAL. – ilfattoquotidiano.it) – Il villaggio della Coldiretti al Castello Sforzesco di Milano, per una mattina, si trasforma in Atreju, la tradizionale festa di Fratelli d’Italia. Cambiano solo le bandiere: gialle con la vanga e la spiga quelle degli agricoltori, tricolori quelle di Azione Giovani. Per il resto l’accoglienza riservata a Giorgia Meloni in occasione della prima uscita pubblica dopo la vittoria elettorale è la stessa. Gli applausi, le grida di giubilo (il coro “Giorgia, Giorgia!”, “Giorgia ti amo”) e anche la colonna sonora: A mano a mano di Rino Gaetano, la stessa della campagna elettorale di Meloni. Qui il giorno prima era arrivato Matteo Salvini, un tempo osannato. Adesso è caduto un po’ in disgrazia: “Matteo ci piace ma Giorgia è più forte”, la frase più ricorrente tra gli agricoltori, filo-governativi da sempre. Per non tornare ai fasti della Prima Repubblica (nacque come costola contadina della Dc), negli ultimi anni la Coldiretti ha sostenuto tutti gli uomini forti del momento. Prima Matteo Renzi, assicurando il sì dei suoi quasi due milioni di iscritti al referendum costituzionale, poi Salvini durante il governo gialloverde (tramite il ministro Gian Marco Centinaio) e infine Giuseppe Conte, con la stima nei confronti di Stefano Patuanelli. Tutti sostenuti e poi mollati al momento giusto. Oggi il carro del vincitore è un altro e bisogna salirci subito.

Così, anche se la prossima presidente del Consiglio arriva con un’ora in ritardo – aveva appena incontrato Silvio Berlusconi ad Arcore – facendo sballare tutto il programma, nessuno si lamenta. Meloni è una star. Quando arriva al Castello Sforzesco è accompagnata dal suo staff e dai fedelissimi, Francesco Lollobrigida e il senatore milanese Ignazio La Russa. La scena è ai limiti del situazionismo: il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani, non certo un volto ostile tra gli agricoltori, è appena salito sul palco. A quel punto, però, arriva Meloni. Accolta dalla platea con una standing ovation, richieste di selfie e baci e abbracci con gli organizzatori. Tajani resta lì, impassibile, nessuno è interessato alla sua presenza. Anche le telecamere dell’evento – perfide – inquadrano più volte Meloni seduta in prima fila mentre parla il coordinatore di Forza Italia.

La leader di Fratelli d’Italia viene introdotta dall’intervento di Vincenzo Gesmundo, segretario generale della Coldiretti, che le fa un endorsement nemmeno troppo implicito: “Il risultato elettorale è chiaro e ha dato una larga maggioranza al centrodestra, tutti ci auguriamo che la legislatura vada avanti per cinque anni. La Costituzione parla chiaro: la sovranità appartiene al popolo”. A quel punto, con tanto di pedana per farla arrivare ai microfoni – “è un’umiliazione”, scherza lei – parla Meloni. Ogni suo intervento è scandito da un applauso. Lei batte sui tasti che interessano alla platea: le imprese che investono da “non disturbare”, la battaglia contro il nutriscore e la petizione contro il cibo sintetico. Poi torna sovranista: “Nel suo discorso a Coldiretti però Meloni entra in polemica anche con l’Ue: “Bisogna tornare a partire dalla difesa del nostro interesse nazionale per trovare soluzioni comuni”.

I saluti finali spettano a Ettore Prandini, presidente della Coldiretti e di cui si parla come possibile ministro dell’Agricoltura. Ed è tutto un elogio del lavoro di Meloni e di Fratelli d’Italia. In platea ci sono, oltre a Lollobrigida e La Russa, anche Centinaio, Tajani e Gianni Alemanno. Ma Prandini si rivolge solo ai meloniani: “Non era scontato che Giorgia venisse qui per la sua prima uscita pubblica dopo il voto”. Applausi. “Abbiamo uno stretto rapporto con Lollobrigida e con esponenti di FdI: condividiamo lo stesso modello di agricoltura”. E ancora: “Lollobrigida ci ha aiutato molto in questi anni”. Poi le accuse ai burocrati europei (Frans Timmermans è un “nemico”), la richiesta di abbattere i cinghiali che danneggiano i campi, la proposta di cambiare nome al ministero (“della sovranità alimentare”) e la chiosa finale: “Saremo vicini al prossimo esecutivo”. Sventolano le bandiere, sotto le note di Rino Gaetano. Prandini e Meloni girano per gli stand: lei firma la petizione contro il cibo sintetico e assaggia mozzarella e parmigiano. Selfie e cori: “Giorgia, siamo con te!”. Sperando che duri.