(Stefano Rossi) – L’attacco senza pietà della giornalista Rula Jebreal alla Meloni è gravissimo.

Una donna, oramai adulta e matura, accusata per colpe di un padre che non ha mai visto e per giunta ripudiato. A tutti gli effetti un estraneo.

Eppure, avendo vinto, anzi, avendo stravinto le elezioni, prossima ad essere chiamata a formare il futuro governo, la giornalista chiaramente di sinistra, non trovando altri argomenti, ha pensato di gettare in pasto al pubblico le miserie e le colpe di un uomo in faccia alla Meloni che, ripeto, non ha nulla a che fare con quei fatti.

Mi ricorda i metodi della Stasi la più segreta dei servizi segreti della DDR. In un Paese di 16 milioni di persone, la Stasi, raccolse 39 milioni di schede, 111 chilometri di documenti, un milione e mezzo di foto, 16.000 sacchi contenenti frammenti di documenti e ritagli di articoli. Tutta questa montagna era quello che RIMANEVA dalla distruzione prima della caduta del Muro di Berlino e la fine del comunismo teutonico.

La pervicace, folle, inumana, spasmodica, irrazionale ricerca di una notizia che poteva valere a incastrare, rovinare, mettere nei guai una persona il quale, fino al giorno prima, era un amico o un collaboratore.

La dice lunga su una certa cultura di sinistra.

E il “caso  Rula Jebreal” fa il paio con quello della canzone rifiutata dalla Pausini.

Tipico ricatto (coazione morale): se non canti la canzone sei un fascista.

E la richiesta di cantare è avvenuta sotto elezione.

Qualunque fosse stata la risposta della Pausini sarebbe stata usata come propaganda. Era tutto organizzato.

Uno dei metodi più perfidi delle spie della Stasi era quello di avvicinare la persona sospetta, farla diventare amica, carpire ogni informazione che, un domani, poteva essere l’arma di ricatto per ogni richiesta utile.

Si è calcolato che la metà dei cittadini spiava l’altra metà.

Era tutto organizzato.