Disagio sociale e sofferenza. Due italie un fronte comune contro il governo. Senza contare l’exploit campanilistico di Volturara Appula, provincia di Foggia, dove Giuseppe Conte è nato e in questa tornata elettorale ha ottenuto addirittura l’85% dei voti, il successo del M5S […]

(DI GIOVANNI VALENTINI – ilfattoquotidiano.it) – Senza contare l’exploit campanilistico di Volturara Appula, provincia di Foggia, dove Giuseppe Conte è nato e in questa tornata elettorale ha ottenuto addirittura l’85% dei voti, il successo del M5S nelle regioni meridionali è tanto netto quanto rilevante. Dalla Campania alla Puglia, dal Molise alla Basilicata e alla Calabria, dalla Sardegna alla Sicilia, i Cinquestelle sono il primo partito nel Sud.
Questo significa che Conte ha saputo intercettare il disagio sociale, la sofferenza e il malcontento, che covano sotto le ceneri in tutto il Mezzogiorno come segnala il fenomeno dell’astensionismo. E nello stesso tempo, l’“avvocato del popolo” ha risolto l’originaria ambiguità del Movimento, “né di destra né di sinistra”, recuperando una peculiare identità e tagliando l’ala più affine al sovranismo di Giorgia Meloni.
Disoccupazione, soprattutto giovanile e femminile; depressione economica e anche psicologica; emarginazione; arretratezza delle infrastrutture e dei servizi: i mali antichi del nostro Sud sono riemersi in questa congiuntura internazionale che oggi, tra guerra in Ucraina e crisi energetica, aggrava le disuguaglianze e il gap fra le due Italie nella prospettiva incombente della recessione. La svolta di Conte è riuscita a invertire il trend del M5S, smarcandosi dall’impronta neoliberista del governo Draghi per offrire almeno una speranza di ripresa e di riscatto al Mezzogiorno. Agli occhi di una buona parte dei meridionali, la strenua difesa del reddito di cittadinanza e la rivendicazione del salario minimo devono essere apparse come un patto d’onore da sottoscrivere con il sigillo del voto. Il fatto che il Movimento 5 Stelle si sia ripreso fino al punto di occupare la terza posizione nella graduatoria testimonia, però, che il suo profilo travalica una dimensione territoriale, pur detenendo il primato in sette regioni meridionali. Sarebbe un errore se diventasse o fosse percepito come “il partito del Sud”. E lo sarebbe non solo per la sua immagine politica ed elettorale, ma per lo stesso Sud e per tutto il Paese.
Contro la cosiddetta “autonomia differenziata” propugnata dalla Lega, è necessario piuttosto aggregare le forze progressiste in modo da favorire la ricomposizione e la crescita nazionale. Ecco una battaglia comune che, nel nuovo Parlamento delineato dal voto, le “tre opposizioni” – centrosinistra, M5S e Azione – possono combattere insieme senza confondere i rispettivi orientamenti. “Non c’è Nord senza Sud”, predica un efficace slogan meridionalista. Per dire che le “due Italie” sono indissolubilmente legate da un destino comune e né l’una né l’altra può sopravvivere da sola. Non a caso, fin dai tempi di Gaetano Salvemini, la “questione meridionale” appartiene culturalmente più alla sinistra che alla destra, in una logica di unità nazionale e di integrazione europea. È proprio questa istanza che esprime ora il responso elettorale, assegnando in particolare ai 5stelle il compito e la responsabilità di non tradire i bisogni e le aspettative del Mezzogiorno.
Questi del fatto quotidiano se la cantano e se la suonano,ma l’hanno capito che ha vinto la Meloni e persino Schifani in Sicilia? e ancora cianciano di vittorie altrui,di rimonte,di campo largo progressista,sono fuori dal mondo
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E allora tu?
Ancora qui a trollare, stai?
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È Giggino lui? Ahahha
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Non si rassegna🤣😆
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Tu, invece, non hai capito che il mondo non e’ finito ieri?
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Meloni è un bluff.
Rivedremo berlusconiani incartapecoriti nel suo governo.
Gli stessi che hanno involgarito l’Italia per trent’anni piegando alla loro volgarità anche gli “oppositori” che dovevano arginarla.
I voti, anzi le percentuali del suo partito potrebbero comunque essere transitori come lo sono state quelle dei Renzi e dei Salvini.
L’elettorato non è più fideistico come un tempo e il successo di cui ha beneficiato la Meloni in questo giro di giostra potrebbe essere più vacuo di quel che sembra.
Una serie di concomitanze le hanno giovato:
1) la crisi della Lega che ha deluso molte aspettative del nord più profondo e che ora si illude di trovare nella Meloni quel che non ha trovato in un rintronato Salvini (ma presto si accorgerà che sono entrambi della stessa fuffa chiaccherona).
2) la assenza di una Sinistra degna di questo nome. Fatto che ha allontanato dal voto tanti cittadini che, astenendosi, hanno elevato la percentuale della vincitrice.
3) una campagna denigratoria nei confronti del M5S. Infatti attraverso un’abile campagna tanto disinformativa quanto capillare di tv, giornali e social, hanno fatto credere a tutte le latitudini che Conte (obbligato a difendere il reddito di cittadinanza presentato vigliaccamente come il male peggiore dell’Italia) fosse il garante dell’assistenzialismo al Sud.
Un’autentica barzelletta che ha permesso di presentare la destra (responsabile storica dell’assistenzialismo al sud, infatti vince sempre anche al sud) come paladina del lavoro contro i fannulloni dell’rdc.
Ma le bugie hanno le gambe corte e quelle della Meloni idem.
Vedremo quanto dura.
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MELONI E REDDITO MINIMO- Viviana Vivarelli
Con la Meloni riprenderà la lotta contro il reddito minimo di cittadinanza. È probabile, però, che il nuovo Governo di dx non lo tolga per non andare contro le direttive europee e non mettersi contro gran parte della popolazione ma gli cambi solo nome, fingendo di fare controlli più severi (per quanto i percettori indebiti siano solo una piccola minoranza, l’1 % del totale, per una perdita che è un terzo di quanto lo Stato ha condonato a Gucci per la sua evasione fiscale miliardaria, e cioè 748 milioni e siano una miseria di fronte ai 200 miliardi l’annno di evasione fiscale), ma il reddito minimo è servito alla destra per motivi elettorali, così da decentrare l’attenzione da problemi ben più grossi come la collusione dei tre partiti della destra con le tre mafie, l’enorme quantità di inquisiti ed arrestati, o la mancanza di programmi seri, e molti ci sono cascati.
Sono apparsi così articoli o servizi tv di totale falsità.
In particolare è stato ripetuto più volte che il M5S è stato primo in Campania grazie al reddito minimo.
È vero che, nella classifica delle regioni con più beneficiari del reddito di cittadinanza, a maggio 2021 c’era la Campania, con 255.245 famiglie beneficiate e 692.368 persone coinvolte (su quasi 6 milioni di abitanti) per un importo medio del reddito di cittadinanza di 650 euro.
Ma subito dopo troviamo la Sicilia, (quasi 5 milioni di abitanti), dove però ha vinto il centrodestra e dove addiritura è stato fatto Governatore un soggetto collegato alla mafia (che il reddito minimo non lo vuole come non lo vuole Confindustria), sconfessando l’assunto che il M5S vince a causa di esso.
Terzo risulta il Lazio (5 milioni e mezzo di abitanti).
Il quinto posto sulle 20 regioni italiane va invece alla Lombardia, considerata la regione più ricca d’Italia (quasi 10 milioni di abitanti) dove le famiglie che prendono il reddito minimo sono 144.534 e le persone beneficiate 307.026.
In totale le famiglie beneficiarie del reddito di cittadinanza sono state 1,18 milioni con importo medio di 583 euro e un costo totale di 8,8 miliardi. La platea raggiunta dal reddito minimo è di 2,9 milioni di persone contro una povertà che ha toccato purtroppo 12 milioni di soggetti e che ora aumenterà col fallimento di troppe aziende a causa della nostra sciagurata partecipazione alla guerra ucraina, delle masochistiche sanzioni e degli extraprofitti delle società energetiche a cui nessuno ha messo un tetto o una tassazione e a causa dei tagli allo stato sociale che con la destra non faranno che aumentare, specie se si farà una flat tax che arricchirà i più ricchi svuotando le casse dello Stato.
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Una volta la politica scaldava i cuori.
Oggi la politiqa, per lo più, può solo scaldare i quli dei più fortunati… eletti.
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