Bernard-Henri Lévy, ospite della trasmissione di Marco Damilano su Rai3, lunedì ha soavemente spiegato al popolo che non conta un accidente. Dice il filosofo di provata fede battista (nel senso di Cesare, e non il patriota risorgimentale proprio il […]

(di Silvia Truzzi – ilfattoquotidiano.it) – Bernard-Henri Lévy, ospite della trasmissione di Marco Damilano su Rai3, lunedì ha soavemente spiegato al popolo che non conta un accidente. Dice il filosofo di provata fede battista (nel senso di Cesare, e non il patriota risorgimentale proprio il terrorista) che “Oggi c’è una tentazione fascista in Europa, in particolare in Italia”. Dunque “bisogna prenderla di petto, non andare a cercare responsabilità occulte e nascoste. Non andiamo a cercare capri espiatori”. Damilano a quel punto fa presente al suo interlocutore che “Proprio perché non ci sono poteri occulti l’elettorato fa altre scelte”. Aggiungendo che bisogna tener presente la regola fondamentale della democrazia: “L’elettorato va sempre rispettato”. A quel punto BHL s’infiamma: “Non bisogna sempre rispettare l’elettorato. Quando gli elettori portano al potere Mussolini, Hitler o Putin, fanno una scelta non rispettabile. Un fascista che arriva al potere non diventa automaticamente democratico. Ci vogliono due condizioni: i principi della civiltà democratica e l’imprimatur del popolo. Ma quando Pétain è diventato capo del governo non è diventato democratico. Questo è il cuore del ragionamento populista che sta facendo del male all’Europa”. Per fortuna il conduttore ha subito precisato: “Dissento sul suffragio universale. La democrazia si fonda sul voto popolare. La campagna elettorale non è in mano a un partito che vuole cancellare la democrazia”.

Ne è nato un putiferio sulla mancanza di pluralismo in par condicio. Dibattito di scarsissimo interesse, dato che le regole della par condicio vengono sistematicamente aggirate (e dato che il capo di un partito politico tutt’ora attivo, per quanto poco efficace se non si considerano le mosche, possiede tre reti televisive da svariati lustri). Più interessante è la teoria che quando il popolo non vota, come piace dalle parti di Saint Germain des Prés, si può mandarlo a quel paese. Un po’ come quando il Commissario europeo al Bilancio, Günther Oettinger, nel 2018 (allora il pericolo era grillino) disse che i mercati avrebbero insegnato agli italiani a “votare nel modo giusto”. Il disprezzo per i cittadini è il leitmotiv di questa stagione politica e non è solo un problema di sguardo da fuori, è una malattia interna: basta pensare a quanti commentatori invocano la continuazione della stagione dei tecnici, la primazia di un sistema oligarchico, l’esame per accedere al voto. Test che come primo quesito avrebbe “il candidato spieghi come funziona la legge elettorale”. E forse passerebbe l’esame lo 0,1 per cento degli aventi diritto. Del resto anche le nostre leggi elettorali sono costruite contro i cittadini perché sono pensate al rovescio: al servizio della governabilità e non della rappresentanza. Il popolo è considerato poco più che un infante, esiste solo nell’ -ismo insolente; quando può essere protagonista – nel momento del voto, lo deve fare a condizione di obbedire, di comportarsi bene e non dare fastidio. È il capovolgimento dell’idea democratica e dell’intero impianto costituzionale che su di essa si basa. Mentre auguriamo al centrodestra tutto il male elettorale possibile, ci sembra lampante la natura autoritaria (e diciamolo: fascista) di chi vorrebbe che un’eventuale vittoria di quella coalizione fosse sterilizzata, magari dall’ennesimo governo tecnico che affronti la slavina da cui Mario Draghi si è abilmente sfilato. Se, come sembra, bisognerà fare i conti con riforme che vogliono stravolgere l’assetto istituzionale (presidenzialismo in primis) ognuno farà la sua parte per combatterle. Bisogna fare attenzione a precedenti che forzino il meccanismo democratico perché non si sa mai cosa può succedere dopo: le regole servono soprattutto nei tempi bui. Le leggi elettorali costruite dal centrosinistra per stra-vincere insegnano: ora gli si ritorcono contro.