È la domanda che da giorni si fanno tutti al bar: “Ma chi è ‘sto Bonelli?”. Non parlano né di Gian Luigi e neanche di Sergio, geni ineguagliati del fumetto italiano, ma del più anonimo Angelo. Gli ultimi giorni sono stati caratterizzati dall’onnipresenza […]

(di Andrea Scanzi – Il Fatto Quotidiano) – È la domanda che da giorni si fanno tutti al bar: “Ma chi è ‘sto Bonelli?”. Non parlano né di Gian Luigi e neanche di Sergio, geni ineguagliati del fumetto italiano, ma del più anonimo Angelo. Gli ultimi giorni sono stati caratterizzati dall’onnipresenza dei rossoverdi, ovvero Nicola Fratoianni e appunto Bonelli. Il primo è noto più o meno a tutti. Il secondo, no. Non è detto che sia un male e non è detto che sia colpa di Bonelli. Magari essere poco famosi è segno di serietà, e certo è così se pensate che uno come Calenda lo conoscono tutti. E magari siamo noi a essere distratti, e per questo non abbiamo mai prestato attenzione a questo fresco fresco sessantenne romano.

In effetti qualcosa non funziona, se è vero che nell’era (anche mediatica) di Greta Thunberg e dei Verdi che in Germania e nel Nord Europa hanno percentuali molto importanti, da noi gli ecologisti se la giocano sempre per l’ultimo posto coi partiti degli Adinolfi e Di Maio. Forse siamo noi a essere inquinatori nell’animo e forse sono i politici verdi nostrani ad avere una capacità tutta loro nel coltivare il carisma dei battipanni. E qui torniamo al nostro Bonelli. Chi è e perché ce l’ha tanto con se stesso al punto da sembrare affezionato a questa vita da leaderino di nicchia?

Le rare volte in cui va in tivù, di solito al mattino e quasi di nascosto, buca lo schermo meno di Tabacci in pigiama. Ogni volta che parla, e dice pure cose giuste, i presenti lo guardano come si guarda una mascotte marginale. Sembra proprio che sia obbligatorio non prenderlo sul serio. E non aiuta quel suo eterno cipiglio funereo, che lo rende prossimo al grigissimo e incazzosissimo fantasma della metropolitana di Ghost, interpretato dal compianto Vincent Schiavelli.

Voi direte: perché ce l’hai con Bonelli? Non ce l’ho per niente con lui. Anzi. Lui e (più che altro) Fratoianni potrebbero pure avere il mio voto. Se la giocano con Articolo 1 e 5 Stelle: il mio triello è quello lì. Non ho nulla contro Bonelli. Ma qualcosa in lui politicamente non funziona, perché queste percentuali stitiche non possono essere figlie solo dell’ignoranza elettorale altrui. Bonelli fa politica da più di trent’anni e lo conoscono quasi solo i parenti: perché? Ha frequentato la Federazione dei Verdi sin dal 1990. Si è candidato alle Europee sin dal 2004 (senza mai venire eletto). È stato deputato dal 2006 al 2008, all’interno della coalizione prodiana dell’Unione. Quando il Prodi II cadde seguì Bertinotti e gli altri duropuristi oltranzisti nell’armata Brancaleone della Sinistra Arcobaleno. Fu un bagno di sangue, uno dei tanti per Bonelli. Una delle sue imprese (autentiche) fu quella di arrivare terzo nella corsa a sindaco per Taranto nel 2012. Più volte minacciato dalla cloaca fascista, Bonelli ha sempre difeso l’indipendenza dei Verdi, anche quando in molti volevano che questi confluissero nel 2009 in Sinistra e Libertà di Vendola. Bonelli è da un anno co-portavoce di Europa Verde con Eleonora Evi. Odia i 5 Stelle di un odio pressoché assoluto, e quando Fratoianni ha ipotizzato un’alleanza con Conte ci mancava solo che invadesse la Polonia dalla rabbia. Anche nel 2018, pur di fermare i grillini, si ridusse al ruolo di vassallo inutile di Renzi in un’alleanza sgangherata chiamata “Insieme”, dentro la quale c’era ogni cosa (socialisti, ulivisti, nenciniani, orfani di Pisapia) tranne che gli elettori.

Ora che per qualche giorno Bonelli è diventato famoso, benché a rimorchio di Fratoianni (e di Calenda), c’è da chiedersi se i Verdi usciranno dalla nicchia. Glielo auguriamo, ma qualche dubbio permane.