Nella politica ammobiliata dei retroscena (un po’ scema), dopo che la indegna “poltronite” (nel senso dei culi che non mollano il potere) sembrava finita in soffitta (a parte il revival ‘Giggino ‘a poltrona, nel senso del ministro scissionista Luigi Di Maio), c’è un’assoluta new entry […]

(di Antonio Padellaro – Il Fatto Quotidiano) – “Piange il telefono. Perché non hai pietà. Però nessuno mi risponderà. Ricordati però. Piango al telefono. L’ultima volta ormai. Ed il perché domani lo saprai”. Domenico Modugno, “Piange… il telefono”

Nella politica ammobiliata dei retroscena (un po’ scema), dopo che la indegna “poltronite” (nel senso dei culi che non mollano il potere) sembrava finita in soffitta (a parte il revival ‘Giggino ‘a poltrona, nel senso del ministro scissionista Luigi Di Maio), c’è un’assoluta new entry: il tavolino basso, in mogano scuro, del Prado. Sul quale Mario Draghi pose le preziose terga, in disparte rispetto ai Grandi dell’Occidente, immobile, assorto in una telefonata che fu immaginata sofferta, e forse anche struggente (anche se poi lui disse, alla Forrest Gump, che era un po’ stanchino e che con chi stava parlando erano fatti suoi). “Seduto le spalle al mondo. Il braccio sinistro che si irrigidisce, il pugno un po’ serrato, lo sguardo enigmatico. E noi qui a domandarci: chi merita tutto questo?” (“La Repubblica”). Interrogativo con sottinteso incorporato poiché li conosciamo uno per uno gli italianuzzi che ci fanno sempre vergognare all’estero. I Conti, i Grillo, le comari starnazzanti che irrigidiscono il bracco sinistro (con pugno serrato) dell’uomo che tutta la Nato ci invidia. Se dunque il telefono piangeva, si dirà: stiamo parlando dello stesso Draghi? Che in giorni non lontani veniva accolto come un Prodigio? Tanto che si scriveva che al suo passaggio nei corridoi di Montecitorio “i busti di De Nicola e De Gasperi sembravano sorridere”? Colui che avrebbe ispirato a Massimo Recalcati, sommo studioso della psicopolitica, la rilettura di un passo evangelico dal titolo “Il Draghismo è la legge del padre”, degno dell’Assoluto? Ma ecco che ora il Migliore di tutti – retrocesso (dalla stampa amica, poi) al rango di un premier qualunque fiocinato in trasferta mentre (roba da Prima Repubblica) difendeva il buon nome della Patria – genera inevitabilmente un sospetto. Che, cioè, davanti alle sei o sette piaghe d’Egitto che gravano sul nostro presente e futuro – guerra, inflazione, pandemia, razionamento del gas, siccità, ondate migratorie e cavallette comprese (in Sardegna) – gli si voglia (a sua insaputa) precostituire un alibi. Riversando ogni colpa sulla nota irresponsabilità della politica romana che invece di farsi carico di piaghe e piaghette continua a piantare le solite bandierine da campagna elettorale. A quando l’immagine di un Draghi trafitto dalle grane leghiste o Cinquestelle, come il San Sebastiano del Mantegna (che tuttavia si può ammirare al Louvre e non al Prado)?