La norma vendicativa è arrivata ieri, contenuta in un emendamento al decreto Aiuti presentato dai partiti di centrodestra e votato da tutti tranne dal M5S. Anche dal Pd, con il placet del governo. Da ora in poi, il sussidio sarà revocato in caso di rifiuto di offerta di lavoro anche se questa è presentata direttamente dalle imprese […]

(DI ROBERTO ROTUNNO – Il Fatto Quotidiano) – L’ennesima norma vendicativa contro chi prende il Reddito di cittadinanza è arrivata ieri, contenuta in un emendamento al decreto Aiuti presentato dai partiti di centrodestra e votato da tutti – anche dal Pd con il placet del governo – tranne che dal Movimento 5 Stelle. Da ora in poi, il sussidio sarà revocato in caso di rifiuto di offerta di lavoro anche se questa è presentata direttamente dalle imprese, non necessariamente passando attraverso i centri per l’impiego.

A questi ultimi le aziende potranno segnalare i beneficiari che dicono “no” a una proposta di contratto inviata privatamente, causando la perdita dell’assegno. Il chiaro intento è strizzare l’occhio a quei datori, specialmente nel turismo, che denunciano una presunta carenza di manodopera, incolpando il Reddito di cittadinanza. I dati smentiscono questa narrazione, nel 2021 le assunzioni stagionali hanno raggiunto il record storico: 920 mila rapporti avviati tra gennaio e dicembre. La difficoltà – da non confondere con impossibilità – nel trovare personale deriva semmai dalla debolezza delle offerte, di solito legate a brevi periodi dell’anno, con basse retribuzioni orarie, alti tassi di irregolarità e condizioni a volte al limite dello sfruttamento.

C’è poi un fenomeno che vede il turismo crescere esponenzialmente in un Paese – l’Italia – che continua a perdere giovani e nel quale aumenta l’età media della popolazione lavorativa. Ciononostante, la tesi per cui il Reddito starebbe provocando una propensione a restare sul divano è stata accettata per fede da buona parte del governo tanto da farne uno dei presupposti ideologici della produzione legislativa.

Lo si è visto a dicembre, quando nella legge di bilancio è stata introdotta la decurtazione per chi rifiuta il lavoro, scelta criticata dal comitato di valutazione della misura che è stato nominato dallo stesso governo. E lo si è visto ieri con questa norma che potrebbe anche indebolire ancora il ruolo dei centri per l’impiego, malgrado già oggi il 56% dei rapporti di lavoro – dice l’Inapp – nasca dai canali informali. Più che un migliore funzionamento del mercato del lavoro, questa novità sembra puntare a mettere pressione ai beneficiari del Reddito di cittadinanza, spingendoli ad accettare anche le offerte meno “decenti” per paura di essere segnalati ai centri per l’impiego (per essere “congrua”, è sufficiente che la proposta preveda circa 860 euro al mese di stipendio). A favore della nuova stretta anche l’ex M5S Marialuisa Faro, oggi vicepresidente del gruppo Insieme per il Futuro.